Politica

L’Europa sta alla finestra

Parla il sottosegretario Alfredo Mantica: «Non c’è nemmeno l’ipotesi di un appoggio logistico dell’Unione europea o della Nato per far affluire in modo più regolare gli aiuti. Ma appoggiamo incondizionatamente la missione dell'Onu»

di Emanuela Citterio

Un Paese ripiombato nella guerra dopo esserne appena uscito. Centinaia di migliaia di profughi. Tanti eserciti pronti a spartirsi di nuovo le sue immense ricchezze. Vita dedica la copertina del numero in edicola alla crisi nella Repubblica democratica del Congo. La cooperazione internazionale e la diplomazia hanno un ruolo da giocare per mettere fine a questo conflitto? Vita.it lo ha chiesto al sottosegretario  agli Affari esteri Alfredo Mantica.

Da conoscitore dell’Africa, se l’aspettava una ripresa del conflitto in Congo?
Sapevo che nessun problema è stato risolto in Congo negli ultimi dieci-dodici anni. Prima o poi era prevedibile che accedesse qualcosa del genere. Mi sono occupato del Congo in passato e per passione me ne occupo ancora. Il problema è drammaticamente semplice: c’è un Paese ricchissimo di materie prime e con indici demografici bassissimi che confina con Paesi come Ruanda, Uganda e Burundi che vivono di agricoltura e allevamento e hanno un’alta densità di popolazione. Sono anche questi fattori originari a determinare l’instabilità dell’area. Poi subentrano gli interessi di altri Paesi e delle multinazionali legati all’estrazione delle materie prime, e di recente è entrata nel gioco anche la Cina. In un contesto di reale instabilità basta poco perché scoppi il conflitto.

L’Italia prenderà qualche iniziativa sia a livello diplomatico che di aiuti alla popolazione?
Lunedì prossimo c’è una riunione dei ministri degli esteri dell’Unione europea che tra i tanti argomenti affronterà anche l’emergenza Congo, anche in seguito alla visita effettuata dai ministri francese Kouchner e inglese Milliband a Goma la settimana scorsa. Ma non mi pare di poter anticipare nulla di particolarmente singnificativo.

Quindi non ci sarà nessun invio di forze di peacekeeping europee in Congo?
Non se ne parla. Non c’è nemmeno l’ipotesi di un appoggio logistico dell’Unione europea o della Nato per far affluire in modo più regolare gli aiuti. C’è un appoggio incondizionato alle truppe delle Monuc, la missione di peacekeeping dell’Onu.

Cosa implica in concreto l’appoggio dell’Ue alla missione Onu?
In sede di consiglio di sicurezza e di assemblea generale dell’Onu significa appoggiare tutte le iniziative per rafforzare l’efficacia della Monuc. In passato la missione dei caschi blu dell’Onu in Congo ha mancato di efficacia nel proteggere la popolazione, ci sono stati persino casi in cui anche i soldati della Monuc ci hanno messo del loro ai danni della popolazione. Ora bisogna raddrizzare il tiro, anche sulle regole di ingaggio che non prevedono l’intervento preventivo, ma solo la reazione dopo gli attacchi dei ribelli. Una prima ipotesi è cambiare queste regole, una seconda è aumentare il numero dei caschi blu della missione. È vero che è una missione già numerosa, ma bisogna ricordarsi che le truppe sono dispiegate in un Paese enorme, grande sette-otto volte l’Italia.

Quindi la scelta è di convergere sul rafforzamento dell’azione dell’Onu?
Al momento sì. C’è la speranza che l’incontro promosso dal segretario generale dell’Onu fra il presidente del Congo Kabila e quello del Ruanda Kagame previsto per questo week-end sblocchi la situazione. E dal punto di vista diplomatico verranno messe in atto pressioni nei confronti dei due governi. C’è molta preoccupazione a livello internazionale perché Goma è uno snodo importante, anche dell’azione umanitaria.

In momenti di conflitto emerge l’importanza, anche preventiva, della diplomazia e della cooperazione internazionale. Come si accorda questa esigenza con i tagli alla cooperazione decisi dal governo italiano?
Mah, non credo che la cooperazione, lira più lira meno, possa risolvere problemi di dimensioni come queste, con un milione e mezzo di persone che sono scappate addirittura dai campi profughi che non sono più sicuri. Credo che una tragedia di questa portata non la risolva un milione di dollari in più o in meno. Qui è un problema di natura politica. Se dovessi ipotizzare una soluzione politica un’idea sarebbe riuscire a convincere questi quattro Paesi a gestire le risorse minerarie in maniera coordinata e corresponsabile, creando qualcosa di simile a quello che fu negli anni 50 in Europa la Comunità europea del carbone e dell’acciaio.  È chiaro che andare a presentare oggi una soluzione del genere è al di fuori della realtà ma al di fuori di un’ipotesi di compartecipazione non credo ci siano soluzioni al di fuori della guerra.

L’Italia invierà in Congo aiuti di emergenza?

So, perché ne abbiamo parlato in questi giorni, che c’è una priorità di indirizzare gli aiuti verso il Congo. Presso il ministero esiste una struttura per interventi di emergenza. Ovviamente andare a Goma con gli aerei non è fattibile in questo momento. Bisogna partire dai Paesi vicini, attraverso le agenzie dell’Onu.

In foto: Operatori di Medici senza frontieri in un sanitario per mamme e bambini. copyright: ©  Clio Van Cauter/MSF
 

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