Mondo
L’Europa, in materia di immigrazione, non smette di balbettare
È molto probabile che, come ogni estate, gli arrivi via mare aumentino. Si continuerà quindi a parlare di “emergenza” senza saper dire o proporre altro di credibile, attuabile e ragionevole. Ma dopo anni di tragedie, di “mai più” e successive amnesie, di discussioni politiche, conferenze internazionali e incontri bilaterali, l’Europa intera, non solo l’Italia, continua a balbettare in materia di immigrazione. E a naufragare essa stessa, nella negazione dei valori che l’hanno costituita e che continuano ad essere affermati e presentati al mondo come esempio
di Nino Sergi
Collegare le ripetute tragedie dei naufragi in mare e le dichiarazioni tra Meloni e Macron a Parigi fa venire i brividi. “Non c’è buona politica migratoria senza difesa delle frontiere comuni”, occorre “organizzare più efficacemente l’asilo e l’immigrazione in Europa restando fedeli ai nostri valori” e lavorando con i paesi di origine e transito in “un equilibrio tra responsabilità, efficacia, solidarietà”. Dopo anni di tragedie, di “mai più” e successive amnesie, di discussioni politiche, conferenze internazionali e incontri bilaterali, l’Europa intera – non solo l’Italia – continua a balbettare in materia di immigrazione. E a naufragare essa stessa, nella negazione dei valori che l’hanno costituita e che continuano ad essere affermati e presentati al mondo come esempio. La schizofrenia (dal greco, "scissione della mente") sembra aver colpito le istituzioni politiche del nostro continente e i media che le vigilano. Il nuovo Patto sull’immigrazione e l’asilo messo a punto dal Consiglio europeo è stato definito senza tener conto di proposte già espresse dal Parlamento europeo che avrebbero potuto arricchirlo. Dovrà ora essere approvato da quello stesso Parlamento. I gruppi parlamentari si troveranno quindi a pronunciarsi subendo condizionamenti in chiave nazionale piuttosto che europea, pur sapendo che solo la dimensione europea può essere quella efficace. E anche questo è un arretramento.
Sempre "emergenza"
È molto probabile che, come ogni estate, gli arrivi via mare aumentino. Si continuerà quindi a parlare di “emergenza” senza saper dire o proporre altro di credibile, attuabile e ragionevole. Alle persone che fuggono da situazioni di conflitto armato o di altro rischio per la propria sopravvivenza e che hanno diritto alla protezione internazionale, si aggiungeranno, come è sempre avvenuto, quelle che cercano di migliorare la propria esistenza, spesso raggiungendo parenti o connazionali che lavorano regolarmente nei paesi europei. Fino a quando non ci saranno altre vie di ingresso regolare che corrispondano realmente alle necessità e possibilità di nuovi inserimenti lavorativi (già ora molto più ampie dei permessi consentiti) questi rischiosi arrivi via mare o via terra rappresentano l’unica via possibile. La realtà della migrazione e dell’asilo è complessa, indubbiamente. Ma sono decenni che se ne parla, con pagine e pagine di proposte e linee guida, frutto di studi, approfondimenti, dibattiti e confronti politici e tra stati, ai quali hanno partecipato anche l’Italia e gli altri paesi Ue: ma è come se ogni volta si volesse ricominciare da capo, forse senza accorgersi che in questo modo l’analisi e le proposte si impoveriscono, allontanando ciò che si afferma di voler perseguire: il governo delle migrazioni “ordinate, sicure, regolari e responsabili” (Agenda 2030 dell’Onu, obiettivo 10) e la protezione internazionale. Perché? Per ignoranza, arroganza, paura, superficialità, visione legata alla prossima elezione?
Riprendere il dialogo tra istituzioni e organizzazioni della società civile
In Italia, tra istituzioni governative e organizzazioni della società civile c’è da troppo tempo, in particolare negli ultimi sei anni, uno scontro che, anche se motivato e giustificato, impedisce l’indispensabile confronto nella comprensione e nel rispetto reciproci, come è sempre stato nei decenni precedenti. Ritengo che il punto di vista delle istituzioni governative e quello delle organizzazioni umanitarie debbano trovare punti di incontro, partendo dalle comuni preoccupazioni e dai punti di convergenza (che ci sono), per potere fare passi avanti in materia di immigrazione e asilo. A mio avviso è giunto il momento di un serio confronto, un attento ascolto delle differenti posizioni, esigenze, motivazioni e proposte, che coinvolga non solo le Ong impegnate nei salvataggi in mare ma anche le associazioni e organizzazioni qualificate in materia di asilo, diritti umani, interventi umanitari e cooperazione con i paesi di provenienza. Da tempo le organizzazioni della società civile impegnate nella cooperazione internazionale allo sviluppo, stanno approfondendo il nesso tra migrazioni e sviluppo, anche nel solco di analisi e proposte avviate dalle Nazioni Unite. L’ipotesi della presidente Meloni di organizzare una conferenza a Roma su migrazioni e cooperazione allo sviluppo va nella giusta direzione e spero che possa essere ben preparata e realizzata. L’annunciato Piano Mattei per l’Africa potrebbe contribuire, in questa prospettiva, ad una nuova strategia di partenariati di sviluppo sostenibile, con strumenti bilaterali e multilaterali, ad interesse reciproco e pari dignità oltre che solidarietà. È ancora una scatola vuota che dovrebbe riempirsi – frettolosamente, purtroppo – in questi mesi estivi. Purché non si ceda alla tentazione di voler cominciare sempre da capo, ignorando – come sembra avvenire – decenni di rapporti, conoscenze, partenariati, successi e insuccessi che hanno unito l’Italia e le nazioni africane, dai livelli governativi a quelli di comunità, dal business al sociale, alla solidarietà, all’accademia, agli scambi scientifici e culturali.
*Nino Sergi, presidente emerito di INTERSOS e policy advisor di LINK 2007
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