Sostenibilità
L’Europa è indietro nello sviluppo dell’energia rinnovabile
Pochi i Paesi vicini agli obiettivi fissati dalla Ue, dice il Commissario all'Ambiente Loyola de Palacio
Solo quattro paesi dell’Unione Europea hanno predisposto politiche adeguate a conseguire gli obiettivi fissati dalla legge comunitaria per la promozione delle fonti di energia rinnovabile. Altri paesi stanno adottando nuove misure legislative che dovrebbero metterli in condizione di recuperare il tempo perso. Il bilancio è del commissario europeo ai Trasporti e all’Ambiente, Loyola de Palacio, che ha presentato a Bruxelles un rapporto sui progressi realizzati nell’Ue verso i tre obiettivi fissati dalle direttive comunitarie per il 2010: raddoppiare dall’attuale 6% per cento al 12% per cento la quota delle fonti rinnovabili nella produzione totale di energia, portare dal 14% al 22% per cento la parte del consumo complessivo di elettricità prodotta con le stesse fonti rinnovabili, e raggiungere il 5,75% per l’uso dei biocarburanti nel consumo totale di carburanti per i trasporti. Ogni Paese si è dato degli obiettivi nazionali. I paesi più “verdi” nel settore energetico sono Danimarca, Germania, Spagna e Finlandia.
Grazie al rapido sviluppo dell’energia eolica, la Danimarca dovrebbe riuscire a conseguire il suo obiettivo nazionale del 29 per cento del consumo di energia elettrica prodotto da fonti rinnovabili, mentre la Germania ha superato l’8 per cento nel 2002, avvicinandosi a grandi passi al proprio “target” nazionale del 12,5 per cento, e la Spagna continua ad avanzare a ritmo sostenuto verso il traguardo previsto del 29,4 per cento. La Finlandia, da parte sua, sta utilizzando bene le biomasse, sfruttando l’enorme risorsa delle sue piantagioni forestali. In ritardo, ma con buone possibilità di recupero, c’è il gruppo formato da Austria, Belgio, Francia, Irlanda, Olanda, Svezia e Gran Bretagna. Negativo il giudizio su Grecia e Portogallo, mentre per Italia e Lussemburgo non vi sono ancora sufficienti informazioni (hanno adottate nuove leggi nel marzo scorso, di cui Bruxelles non ha ancora potuto valutare i probabili effetti).
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