Sostenibilità
L’Europa decide la linea
Comincia il vertice dei capi di Stato e di governo dell'Ue con il clima al centro. Fa discutere il "rilancio" cinese
di Redazione
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L’EUROPA
Sara’ anzitutto il clima il piatto forte dell’ultimo vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue sotto presidenza svedese. Il Consiglio Europeo che si apre domani pomeriggio intorno alle 17 per chiudersi a ora di pranzo di venerdi’, in effetti, ha luogo mentre e’ gia’ iniziata da 4 giorni la conferenza internazionale sul clima a Copenaghen. Gli altri temi principali in agenda sono la crisi economica e le riforme a lungo termine. E’ il primo summit Ue in ‘formato Lisbona’, e cioe’ senza ministri degli Esteri: il nuovo trattato, in vigore dal primo dicembre, non li ‘prevede’, anche se molti, a cominciare dall’Italia, non sono molto contenti. I capi di stato siederanno da soli, con al massimo uno o due assistenti, in un formato dunque analogo a quello dei consigli dei ministri Ue e molto piu’ ristretto dei vertici precedenti, quando in una sala, tra leader, ministri, ambasciatori e quant’altro sedevano oltre 100 persone. Sul clima, l’Ue e’ compatta nel chiedere un impegno vincolante, come si legge anche nella bozza di conclusioni. “L’accordo – e’ scritto – deve condurre alla messa a punto di uno strumento legalmente vincolante, preferibilmente entro sei mesi dopo la Conferenza di Copenaghen, per il periodo che inizia il primo gennaio 2013”, e cioe’ allo scadere del Trattato di Kyoto. I leader dovranno pero’ prendere anzitutto una decisione sulla questione del contributo europeo al ‘fast start’, e cioe’ alla ‘partenza veloce’, quelle misure cioe’ che dovranno iniziare gia’ nel 2010 e proseguire fino al 2012 per consentire soprattutto ai paesi in via di sviluppo di combattere il cambiamento climatico e rispondere ai cambiamenti gia’ in atto. La questione sara’, e’ proprio il caso di dirlo, il ‘piatto forte’ della cena dei leader. L’Onu stima il fabbisogno complessivo annuo a circa 10 miliardi di euro. Varie fonti diplomatiche di alcuni grandi paesi Ue a Bruxelles riferiscono che il contributo potrebbe arrivare a 6-7 miliardi di euro su tre anni. In effetti al summit non sara’ indicato un obiettivo annuo, ma uno complessivo per l’intero triennio 2010-2012, mentre la Commissione aveva indicato una forchetta compresa tra 0,5 e 1,5 miliardi di euro l’anno per tre anni (dunque un totale tra 1,5 e 4,5 miliardi).
La cifra, spiegano a Bruxelles, “risultera’ dalla somma dei contributi, che sono volontari, offerti dai singoli paesi. Bastera’ prendere una calcolatrice”. Di sicuro Stoccolma sta ora contattando paese per paese per conoscerne gli orientamenti. La bozza di conclusioni del vertice di Bruxelles e’ gia’ pronta salvo ovviamente la cifra: “Gli stati membri (dell’Ue) – si legge – sono pronti a contribuire al finanziamento fast-start per almeno X miliardi di euro per gli anni 2010-2012”. Su una cosa in effetti la presidenza e’ determinata: una cifra ci deve essere. Al momento, comunque, soltanto i britannici e gli svedesi hanno indicato il loro contributo. Londra ha stanziato 800 milioni di sterline (884 milioni di euro) suddivisi su tre anni, Stoccolma, sempre per il triennio, 765 milioni di euro. Per ora gli altri paesi non hanno indicato cifre, ma, a quanto riferiscono fonti diplomatiche, “l’ordine di grandezza per i grandi dovrebbe essere piu’ o meno questa”, mentre altri naturalmente potranno stanziare cifre minori, . Comunque 6-7 miliardi di euro per il 2010-2012 dovrebbero fattibili, considerando che solo da due paesi arrivano gia’ circa 1,6 miliardi di euro. Tanto piu’ che le reticenze, pur permanendo, si fanno sempre piu’ tenui. La Francia assicura che “sara’ generosa”, la Germania, pur non volendo dare “un assegno in bianco”, e’ sulla stessa linea, e per l’Italia il ministro degli Esteri Franco Frattini fa sapere che “si adeguera’ a quello che decidera’ l’Ue”. Gli scandinavi sono in prima linea, e non dovrebbero rivelarsi troppo ‘taccagni’. Da ultimo persino la Polonia, che al summit ottobre era stata tra quanti aveva impedito che si indicassero cifre precise per la Conferenza di Copenaghen, ha fatto sapere di voler contribuire utilizzando i proventi delle aste dei permessi di emissioni, lo stesso ha fatto l’Estonia. La cifra totale dovrebbe esser pronta entro domani pomeriggio, o al piu’ tardi comunque per la cena dei leader dedicata in massima parte al finanziamento del ‘fast start’.
Rimane poi, sempre in ambito clima, la questione dell’impegno dell’Ue a passare a un taglio di emissioni di gas serra, entro il 2020, dal 20% al 30% “purche’ altri paesi sviluppati si impegnino a equivalente riduzioni di emissioni e che paesi in via di sviluppo contribuiscano adeguatamente secondo le proprie responsabilita’ e capacita’”. Il punto che divide i Ventisette e’ proprio come attuare il passaggio, sempre che a Copenaghen ci sia un accordo: “automaticamente”, come chiedono molti paesi Ue (Gran Bretagna, Germania, Francia, Svezia, Danimarca e altri), o invece, come vorrebbe la Polonia, e in buona sostanza anche l’Italia, solo dopo che la Commissione Europea avra’ presentato, a marzo, una valutazione d’impatto? Inoltre resta poco chiaro se e quando ‘scatterebbe’ lo sforzo ‘equivalente’ degli altri paesi industrializzati, lo decideranno probabilmente i leader Ue la prossima settimana a Copenaghen.
LA CINA
Ieri intanto è stata la giornata del “rilancio” cinese, con il capo negoziatore che ha chiesto al presidente americano Barack Obama di offrire tagli alle emissioni più consistenti rispetto a quelli proposti finora, e ha detto che il Paese asiatico discuterà di obiettivi da raggiungere entro il 2050 solo se le nazioni ricche metteranno a disposizione più risorse e si impegneranno ad effettuare tagli di maggior entità. Xie Zhenhua ha detto che i Paesi sviluppati devono impegnarsi a tagliare entro il 2020 “almeno il 40%” delle emissioni rispetto ai livelli del 1990, e che Pechino vuole che dai negoziati esca un trattato legalmente vincolante, anche se la Danimarca lo ha già escluso. “Spero davvero che il presidente Obama possa portare un contributo concreto a Copenaghen”, ha detto Xie nel corso di una delle rare interviste concesse. Alla domanda se si riferisse ad un impegno maggiore rispetto a quello che Obama ha proposto — una riduzione delle emissioni del 3% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020 — Xie ha risposto di sì. Xie inizialmente ha detto a Reuters che i Paesi ricchi dovrebbero effettuare tagli alle emissioni del 25-40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020, ma più tardi ha puntualizzato che la Cina rimane dell’idea che servano tagli “almeno del 40%”. Vedremo oggi cosa risponderà l’America.
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