Volontariato

L’Europa consegna l’Africa a Pechino

I perché di un flop/ Il fallimento del vertice di Lisbona

di Redazione

A Lisbona il 7 e l?8 dicembre Unione Europea e ?Africa? (non l??Unione Africana?, poiché presenziava anche il Marocco, unico Stato nel continente che di quest?ultima non fa parte) hanno tenuto una rara riunione a livello di capi di Stato e di governo. L?incontro nella capitale portoghese faceva seguito ad un unico precedente, tenutosi al Cairo nel 2000. Spesso, seppur non sempre, vertici di questo tipo scivolano via lisci verso l?adozione di documenti che sono stati definiti in precedenza. Oltre ad una Dichiarazione di rito, ad esempio, Lisbona aveva in programma l?adozione di un partenariato strategico (la Strategia comune Eu-Africa) e un relativo Piano d?azione. Il tutto, naturalmente, bollito in una salsa di ?partnership tra pari?, indispensabile foglia di fico su rapporti che, nella realtà, certo tra pari non sono.

La strategia comune ha l?obiettivo di inquadrare i rapporti economici, politici e sociali tra le due parti in tutta la loro ampiezza, attraverso un approccio continentale (Africa-Europa, appunto). Al di là della scontata adozione di Strategia comune e Piano d?azione, tuttavia, il summit ha anche proposto elementi di un confronto ben più vivace. A Lisbona, in effetti, gli europei si sono scottati le mani su due questioni che non erano neppure in agenda: la controversa presenza di Robert Mugabe e l?attuazione degli Accordi di partenariato economico.

Sulla questione politica relativa al presidente dello Zimbabwe, i leader africani hanno ribadito la centralità di una logica che gli occidentali faticano a comprendere. Quella solidarietà panafricana da noi vissuta come omertà tra leader talvolta tutt?altro che senza macchia, sopravvive nel nuovo millennio: anche in virtù del ruolo storico ricoperto quasi trent?anni fa con la liberazione del suo Paese dalla dominazione bianca, Mugabe ha ottenuto che i leader continentali chiudessero un occhio sulla situazione disastrosa in cui ha poi condotto lo Zimbabwe.

Sul piano economico, al summit sono riemerse con forza le critiche di cui sono stati oggetto gli Accordi di partenariato economico (gli Epa) fin da quando, sette anni fa, la Ue e i Paesi africani cominciarono a discuterne i contenuti in risposta alle pressioni del Wto. (Per il Wto le preferenze commerciali storicamente accordate dall?Ue ai Paesi africani erano inaccettabili, poiché discriminavano tutti gli altri Paesi, incluse peraltro nazioni povere di altre aree). L?argomento principale, utilizzato anche dal presidente del Senegal, Abdoulaye Wade nella sua dura requisitoria a Lisbona, è che l?apertura dei confini africani alle produzioni europee sarà disastrosa per le economie del continente. Di fatto, solo 14 su 78 Paesi Acp (di cui 53 sono africani) hanno sottoscritto gli accordi. Benché sia plausibile che un buon numero di altri Paesi finirà per aderirvi – l?Europa spinge, poiché si aspetta un aumento delle proprie esportazioni – il successo dei nuovi accordi è stato quanto meno messo in questione prima ancora che entrino in vigore.

Diversamente dalla Cina, dunque, che poté celebrare il summit sino-africano dello scorso anno come un grande successo, l?Europa esce da questo vertice tutt?altro che più ?vicina? ai Paesi africani. Sia la questione Mugabe che il problema degli Epa testimoniano di una certa determinazione da parte degli Stati africani. Quanto le pressioni politiche ed economiche europee riusciranno ad averla vinta sulle resistenze africane, lo sapremo al prossimo appuntamento. Nel 2010 si terrà infatti un terzo summit che, rispettando la regola dell?alternanza, avrà luogo in un Paese africano, apparentemente in Libia. A Tripoli, tutti ospiti del colonnello Gheddafi. Lì si che Mugabe si sentirà a casa.

Per saperne di più sul vertice di Lisbona: www.epa2007.org


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