Famiglia

Lettere dal fronte sociale/8. Gli adolescenti non disegnano arcobaleni

L’altro lato della vita quotidiana dei nostri adolescenti attraverso le testimonianze di ragazzi fra i 12 e i 18 anni raccolte nel progetto “La storia siamo noi” della Cooperativa Itaca di Pordenone: «L’isolamento sociale ha fatto richiudere le ali a questi ragazzini proprio nel momento in cui iniziavano le prove di volo»

di Mariagrazia Antoniazzi

Alle prese con la definizione quotidiana dei tempi e dei luoghi dello smart working, qualche giorno fa ho urlato a mia figlia, durante un’ennesima invasione di campo, di smetterla di disturbarmi, concludendo esasperata con «e tornatene pure in camera tua a disegnare arcobaleni!». Lei se ne è andata via sbattendo la porta, per chiudersi nella sua camera infilando le cuffiette dello smartphone. Io ho continuato la mia Skype call di lavoro, ma una crescente vena di insoddisfazione ha contribuito a rendermi impaziente e distratta. Ero sommersa da altri pensieri.

Oggi è un giorno così e così, ho terminato le parole accoglienti e mi abbandono ai sensi di colpa: a casa riesco a combinare ben poco con il lavoro e penso di essere una pessima madre. I miei figli preadolescenti, in questo periodo, gli arcobaleni non li hanno voluti disegnare, snobbando l’attività perché secondo loro è troppo da bambini piccoli.

Ma come? Sono una mamma-educatrice di professione e i miei ragazzi in questi giorni non si impegnano in attività che fanno emergere particolarmente la loro sensibilità e pensieri di ottimismo, rivolti ad incoraggiare l’umanità ferita. Li guardo vivere alla giornata, sono entrati per età in una fase della vita dove i ricordi e le prospettive future a loro non interessano come il presente. La loro quotidianità è una bolla sospesa, fatta di messaggi e videochiamate agli amici, il resto è un’alzata di spalle.

Per cui mi chiedo quanto possa interessare e coinvolgere gli adolescenti quel futuro in cui è stato coniugato il verbo andare. Ho provato, per un attimo, a togliere gli occhiali a nuvoletta per leggere ad occhio nudo, senza il filtro dell’ottimismo, quel che alcuni ragazzi, compresi i miei figli, stanno dicendo a me e alle mie colleghe educatrici attraverso le testimonianze raccolte nel progetto “La storia siamo noi”, che sto coordinando per la Cooperativa Itaca all’interno del Servizio Operativa di Comunità dell’Ulss 2 Marca Trevigiana e che sta coinvolgendo i ragazzi di 12 Comuni dell’Area Coneglianese.

Stiamo raccogliendo una miriade di messaggi, testimonianze e pensieri di questo isolamento dai ragazzi che, prima del Covid-19, incontravamo in classe nei laboratori educativi o con altre attività dell’operativa di comunità. Ho letto tutto il materiale che ci è arrivato finora e, tra i messaggi di fiducia e speranza, alcuni raccontano qualcosa di diverso. Traspare uno stato d’animo non sempre positivo, sfumature dai toni spenti e grigi di queste giornate che spesso sono non al top, per usare lo slang dei ragazzi, senza arcobaleni. Ecco alcune frasi prese dai messaggi dei ragazzi. Sono poesie, messaggini, testi di canzoni.

“Sai quanto mi piace stare con i miei amici al posto di sentirmi in prigione dentro casa…”

“Con questo sole magnifico non possiamo fare altro che chiudere gli occhi…”

“Mi mancano molto i miei amici, i miei compagni, i miei insegnanti e persino la scuola. A volte mi annoio e mi sento un po’ solo. Ho tanto bisogno di rivedere i miei amici. Mi accorgo di essere nervoso, le mie giornate si assomigliano tutte”

“Il lato positivo, bisogna guardare quello, giusto? Io ammiro chi ci riesce così spesso, non ho ancora trovato una cosa che mi faccia piacere in questo periodo… Ma la cosa che mi manca di più sono gli amici”

“La vita è libertà e relazione, a casa noia, monotonia e pigrizia”

“Una cosa di cui però non avete sentito parlare sono i pareri dei bambini e dei ragazzi”

“Sai come è mettere in pausa il mondo? La preoccupazione occupa la mente di molti. Girovagano più pensieri che mezzi. Dolore, ragionamenti e pentimenti, si riunisce tutto nella testa creando un traffico dove sofferenza e amore si mescolano”

Per effetto della crescita, del “diventare grandi”, nelle giornate di un preadolescente gli stati d’animo sono un’altalena, anche quando non lo danno a vedere. Ogni minuto della giornata è occupato allo sviluppo di una nuova identità, la definizione di un senso del sé che richiede la messa alla prova delle proprie capacità sociali e comunicative. Attività non priva d’ansia e turbamenti. L’isolamento sociale ha fatto richiudere le ali a questi ragazzini proprio nel momento in cui iniziavano le prove di volo, proprio quando iniziava ad avere importanza il posto che un individuo occupa in famiglia e che viene definito trascorrendo il proprio tempo sempre più con gli amici.

Oggi, il pensiero si allarga dalla mia quotidianità ai giovani conosciuti per lavoro, da me e dalle colleghe della mia equipe, in particolare a coloro che non si impegnano più di tanto in famiglia e non si rimboccano le maniche… Assolvono il loro compito: ci mettono in crisi.

“Io la mia quarantena la sto passando in modo tanto monotono da scambiare il giorno per la notte. (…) Non faccio altro che mangiare cibo spazzatura. Rompo le scatole alla mamma che ormai non ce la fa più ad avermi tra i piedi”

Mettere in risalto le difficoltà può aiutare noi adulti-educatori a ri-posizionare il nostro sguardo educativo e a ri-sintonizzarci con i bisogni, quelli veri, specie con quelli non detti o scritti con parole scomode e sgrammaticate. Prendiamoci un attimo per riflettere e trovare il modo di raggiungere chi non vuole farsi raggiungere e chi non partecipa, chi non risponde alle iniziative, perché è lì che dobbiamo arrivare.

“Questi mesi ci hanno fatto pensare, / di quanto le piccole cose ci facevano sognare”

* Le frasi virgolettate in corsivo sono estrapolate da scritti di ragazzi e ragazze, residenti nei 12 comuni dell’Area Coneglianese, di età compresa tra i 12 e i 18 anni

** Mariagrazia Antoniazzi è Coordinatrice Operativa di Comunità della Cooperativa sociale Itaca – Pordenone

Foto Unsplash

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