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lettere dal carcere: Roma, sabato da “liberi” per i bimbi detenuti

A Roma il 5 luglio è stata presentata, presenti molti parlamentari, una proposta di legge per modificare la legislazione a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori

di Ornella Favero

Chiuse in carcere 56 madri con 60 bambini sotto i tre anni e 24 donne in attesa di un figlio: sono questi i numeri ridicoli di un piccolo problema, che non si riesce in alcun modo a risolvere. A Roma il 5 luglio è stata presentata, alla presenza di molti parlamentari, una proposta di legge per modificare la legislazione vigente a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori, una proposta sostenuta dal peso di più di 6.500 firme. Motore di una battaglia testarda e coraggiosa per togliere dalle galere quelle madri e quei bambini ancora rinchiusi è Leda Colombini, che con le volontarie della sua associazione A Roma insieme, ogni sabato preleva i bambini dal carcere di Rebibbia e li accompagna al mare, ai parchi giochi, in piscina, e poi a pranzo in una famiglia ?normale? per far assaggiare loro un po? di vita senza sbarre, senza divise, senza chiusura di porte blindate. La testimonianza che segue questa volta non arriva dal carcere, ma da una madre ?regolare? che ospita ogni tanto questi ?strani? amici di sua figlia, tutti provenienti dal carcere di Rebibbia: piccoli detenuti che non hanno commesso uno straccio di reato. Ornella Favero (ornif@iol.it) Dove comincia questa storia? Un?amica mi invita un pomeriggio a Casalpalocco. Verranno dei bambini dal carcere di Rebibbia, mi dice. Capisco solo la parola bambini e porto mia figlia. Sophia prende subito confidenza e giocano insieme. Da quella volta cerchiamo di vederli quando possiamo. Ogni sabato vanno in una casa diversa. Impariamo i nomi e li seguiamo per le case e i parchi, Sophia gioca volentieri con loro. Vengono e vanno in quel luogo che non immagino, le loro mamme sono sagome di cui per discrezione non voglio neanche sapere la storia. Mi dicono che un bambino da zero a tre anni può stare con la mamma in carcere. Li guardo e vedo che gli piacciono le bolle di sapone, il pallone, un prato per correre e la cioccolata. Poi una volta un?amica ha un contrattempo e senza pensare li invito da me. Appena espresso l?invito comincio a dubitare. In quanti verranno, come faccio a sfamare i bambini e gli altrettanti volontari, sarà sufficiente casa mia per accoglierli, se piove non possiamo andare al parco, sarò in grado di gestire la situazione? Cerco di preparare giochi e cibo. Poi aspetto. Quando suona il citofono e si riversano in casa mia otto bambini e otto volontari dell?associazione ho nettamente la sensazione di perdere ogni controllo. Eva, Senad, Armando, Christian e gli altri. Sophia, che già conosce la maggior parte di loro, ha un attacco di gelosia e non vuole condividere i suoi giochi. Gli faccio solo appoggiare la borsa e li trascino al parco. I bambini corrono per il piacere dello spazio. Mia figlia ha smesso di piangere perché ha scoperto che Armando butta i sassi nella fontana come un professionista. Il tempo vola fino all?ora di pranzo. Poi otto nani più mia figlia si siedono intorno al nostro tavolo. Mangiano con gusto. Man mano arrivano altri amici, i bambini di Rebibbia si mischiano con i nostri e diventano un?unica squadra. Julia Hillebrand www.aromainsieme.org


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