Politica

…lettera aperta al commissario che verr

Sì all’idea di un commissario, ma a patto che non sia solo per i rom. Che abbia poteri reali di intervento, per far capire che l’insicurezza si può anche governare

di Virginio Colmegna

La richiesta di legalità da parte dei cittadini è legittima e per questo condivido la proposta di nominare un commissario per l?emergenza-sicurezza (e non solo per i rom!). Il rispetto delle leggi entra nell?intimo della vita e degli affetti. Alla domanda di sicurezza non si può rispondere con gli slogan, spesso segnati dalla paura o dalla rabbia, ma solo con la costruzione esigente di una società coesa. Ed è questa la linea su cui, a mio avviso, i commissari che verranno dovranno lavorare.

Non c?è sicurezza se scompare la cultura della responsabilità verso l?altro, se cresce un clima individualistico che fa barricare all?interno del proprio isolamento, se si diffonde una mentalità di difesa dagli altri. La sicurezza va avvertita come una grande domanda di socialità, desiderio di poter tenere le porte di casa aperte, di vivere con fiducia le relazioni con gli altri, di ristabilire rapporti sereni nei luoghi dove si abita, di ricreare una cultura del rispetto nel confronto. La domanda di sicurezza ci chiede di non lasciarci trascinare in un consumo privato di desideri di possesso, ma di riconoscere i bisogni dell?altro e di essere intransigenti verso ogni forma di corruzione.

L?emergenza come opportunità
Il fatto che la domanda di sicurezza sia esplosa specialmente tra coloro che hanno problemi di sopravvivenza segna un?opportunità straordinaria, da avvertire come priorità culturale, formativa ed educativa. Un?opportunità da affrontare stando sul territorio e investendo nella qualità della politica, da non interpretare solo come una richiesta da affidare ad altri, ma come occasione per rendere urgenti scelte di condivisione e cura, combinate con la lotta alla povertà.

Siamo preoccupati della legittima paura che sta aggredendo la serenità del vivere, soprattutto tra i più deboli, nelle periferie. C?è stata negli ultimi anni un?entrata massiccia di persone di culture e Paesi diversi; sono entrati nel quotidiano tanti fenomeni di degrado, anche urbanistico, stili di vita aggressivi, il dilagare del consumo di stupefacenti, una forte mercificazione del sesso e una cultura violenta, brutale e barbara.

Nasce così un paradosso: percepiamo queste violenze come se venissero da agenti esterni, da un nemico esterno, e andiamo a cercare una sicurezza liberatrice senza renderci conto che la violenza si alimenta invece anche in tanti vicoli del nostro vivere sociale. La paura è fatta di riferimenti concreti, di crimini che avvengono appena fuori dalle porte delle nostre case e a volte ci raggiungono perfino dentro le nostre abitazioni. Per questo ci ribelliamo e diventiamo pieni di rabbia, vorremmo uscire da noi stessi gridando che non ne possiamo più, che vogliamo vivere in un modo diverso, oggi, subito.

Ma l?emergenza sicurezza non può essere superata considerandola semplicemente un problema di ordine pubblico.

Una figura credibile

Questa paura legittima che si diffonde a tutti i livelli ha bisogno di risposte forti e visibili per poter riprendere il cammino (lento e impegnativo) del radicare la domanda di sicurezza in una cultura della legalità, in un?educazione ai valori forti. Ecco perché la proposta di un commissario per la sicurezza diventa importante se riesce a creare le condizioni per far capire che si può governare questa insicurezza.

Il commissario deve poter fare scelte concrete, legali, possibili e soprattutto animate da un desiderio di coesione per permettere in fretta alla domanda di sicurezza di ridiventare sfida culturale, etica e politica in una società complessa come la nostra. La proposta del commissario deve raffreddare e porre fine alla crescente emotività, alla voglia di farsi giustizia da sé, al rispondere alla violenza con la violenza.
Questa figura dovrà avere la fiducia di tutti, dovrà poter disporre delle parti sociali che riterrà utili e dovrà coniugare solidarietà e forti interventi repressivi, avere risorse economiche e urbanistiche per intervenire e superare quest?emergenza vera, ma anche sovraccarica di rappresentazione mediatica che riguarda spesso le aree dismesse, le favelas, le zone abbandonate.

Gestire socialmente la domanda di sicurezza vuol dire non abbandonare queste realtà, ma starci nel mezzo, aiutando coloro che dimostrano di voler vivere nel rispetto della legalità. Intervenire senza far mancare il valore della legalità, che è ben più ampio della mera solidarietà, significa mantenere sempre come irrinunciabile la dignità di ogni persona, che non può mai venire meno e che ci spinge a non accettare i reati e, soprattutto, a solidarizzare con le vittime. Ma mai e poi mai si potrà considerare una generazione o un?intera etnia come violenta o addirittura disumana per origine. Questo imbarbarimento culturale non è possibile e, proprio perché esiste questo rischio, è urgente operare per neutralizzare questa potenzialità di pensiero, la cui memoria storica fa rabbrividire.

Non solo commissari

Insieme ai commissari, per favore, si torni a pensare ed esercitare una politica che si educhi a comprendere che i poveri e i deboli sono da ascoltare partendo dalla loro domanda di sicurezza e serenità. Non farebbe male, ai tanti politici che si dicono sostenitori della sicurezza, non abbandonare la strada dell?educarsi tutti insieme a riflessioni competenti che sfocino in proposte e obiettivi possibili. Non facciamo diventare ideologia la sicurezza, ma cerchiamo di interpretarla, tutti insieme.

Per noi la solidarietà è l?unica via possibile, ma la politica torni a discutere di questi temi per confrontarsi anche su proposte diverse. Il commissario per la sicurezza rende evidente l?inutilità della politica se questa è fatta solo di proclami che non hanno risvolti realmente concreti.

Ma anche i rischi che corre la democrazia se la politica si riduce a chiedere sicurezza senza aver prima fatto la sua parte.

Tocca allora a noi! A tutti noi con l?entusiasmo e la consapevolezza che la domanda di sicurezza può essere il punto di partenza per riprendere a dare vere priorità alle scelte di un sistema sociale e di una politica che vuole tornare a pensare alla gente e ad esserle amica.

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