Formazione

Lettera a Monti dalla Comunità Papa Giovanni XXIII

Giovanni Ramonda scrive al presidente del Consiglio tutta la sua preoccupazione per il futuro del Scn

di Redazione

Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, preoccupato per il futuro del servizio civile nazionale, ha deciso di scrivere la Presidente del Consiglio Mario Monti. Una lettera che si apre con una sottolineatura, Ramonda, infatti, afferma di inviare la missiva non solo come presidente dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da Don Oreste Benzi; ma soprattutto in qualità di cittadino che ha dedicato e dedica a questo Paese  le «migliori energie dal tempo della mia obiezione di coscienza al servizio militare». La seconda ragione è il fatto di essere « padre di una famiglia allargata: da oltre trent’anni infatti io  e mia moglie tiziana abbiamo aperto la nostra famiglia all’accoglienza di persone in stato di bisogno ed in cerca di un’opportunità»

L’associazione fondata da don Benzi è oggi presente in 36 Paesi del mondo e in quasi tutte le regioni italiane e alla sua tavola siedono circa 40mila persone.

Ramonda ricorda che: «Dal 1973, la Comunità Papa Giovanni XXIII è ente di servizio civile. Non siamo un ente grosso ma abbiamo incontrato fino ad oggi attraverso il servizio civile, prima obbligatorio e oggi volontario almeno 5000 giovani, di cui 500 hanno prestato servizio civile all’estero» ma anche come «Fummo, negli anni 90, precursori e fra i promotori della possibilità di prestare servizio civile all’ estero dando vita all’ esperienza dei Caschi Bianchi, giovani in servizio civile all’ estero che scelgono di intervenire in situazioni di conflitto o di violenza strutturale senz’armi, in modo nonviolento. Essi, come noi,  quotidianamente scelgono di farsi prossimi a chi vive pesantissime violazioni dei propri diritti umani condividendone la vita, cercando di rimuovere le cause che hanno prodotto le ingiustizie di cui questi sono vittima e facendosi voce di chi non ha voce».

Prosegue il presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII: «Oggi siamo promotori del progetto di servizio civile sperimentale sui temi della Difesa Civile Non armata e nonviolenta, insieme a Caritas Italiana e Focsiv denominato Caschi Bianchi Oltre le vendette. Un progetto finanziato dall’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile – Presidenza del Consiglio dei Ministri che si occupa di costruire percorsi volti alla riconciliazione di famiglie sotto vendetta, in Albania».

La lettera inviata a Monti è per Ramonda un modo per condividere con il Presidente del Consiglio la propria «preoccupazione sull’attualità del servizio civile».

Precisa quindi «posso testimoniare come e quanto questa esperienza per i giovani che abbiamo incontrato sia un’autentica palestra di vita, accresca in essi il senso ed il dovere di essere cittadini attivi e di partecipare giorno per giorno alla costruzione di un Paese sempre equo,  sostenibile e solidale. Anche dal punto di vista economico, questa è un’esperienza assolutamente positiva. Studi dimostrano come per ogni euro investito vi sia un beneficio quadruplo in termini di servizi erogati in favore della popolazione, in particolare la più debole ed indifesa».

«Pur apprendendo che l’Unsc abbia deciso di attivare un bando per la presentazione di progetti di servizio civile avviabili presumibilmente da settembre 2013 e riconoscendo uno sforzo importante per non chiudere questa importante esperienza devo constatare che non vi siano ancora stati da parte del Governo decisioni in merito al ri-finanziamento» sottolinea Ramonda «Questo significa di fatto aver contribuito a cancellare un anno di servizio civile e prorogare di un anno lo spegnimento del sistema».

La lettera si conclude ricordando: «Il servizio civile ha un costo residuo rispetto all’intero bilancio dello Stato. Ai tempi del massimo fulgore costava meno di 300 milioni».

Insomma, scrive Ramonda «mi chiedo e Le chiedo quale possa essere il problema nell’assumere una decisione così poco onerosa e di così alto rendimento in termini di possibilità per i giovani, di servizi offerti alla collettività e di beneficio per il Paese».

Il saluto è un invito: «Mi onorerebbe confrontarmi con Lei su questo tema, per poter offrire un contributo o quantomeno trovare ragioni per rispondere a quanti, ogni giorno, incontriamo fiduciosi in un futuro più equo».


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