Politica

Lettera a mio cugino berlusconiano

Lo chiameremo Paolo, ha 40 anni, tre figli e un’impresa immobiliare. È molto educato, rispettoso delle regole. Disilluso dalla politica. Detesta la burocrazia statale e odia i magistrati.

di Fabrizio Tonello

Esiste una ?questione settentrionale?? Il centrosinistra ha necessità di ?parlare all?altra metà dell?Italia?? L?11 aprile, il paese si è rivelato pieno di persone normali che votano per il centrodestra e una di queste si dà il caso sia mio cugino: proverò quindi a spiegare perché l?ha fatto e cosa avrebbe potuto convincerlo a non farlo.

Mio cugino, che chiamerò Paolo per rispettare la sua privacy, è un quarantenne sposato, tre figli, che vive in un capoluogo del Veneto (non Venezia, che ha lasciato alcuni anni fa) e lavora nell?edilizia. Ha ereditato dal padre, morto prematuramente, un patrimonio immobiliare abbastanza consistente, che ha incrementato con abilità, comprando, vendendo e affittando immobili commerciali e industriali. «Penso che per l?edilizia non avremo mai più anni come questi ultimi», mi ha detto quando ci siamo visti, pochi giorni prima delle elezioni.

Paolo ha molti soldi ma ogni volta che deve comprare qualcosa controlla ostinatamente il prezzo per vedere se può risparmiare. Vive in una bella casa ma non ostenta Rolex, né Porsche, nemmeno un fuoristrada: ha una grossa station wagon ma solo perché devono starci i figli, gli sci e i molti bagagli di quando partono per la montagna. è un grande sportivo, come sua moglie, che insegna, hanno tre bei bambini e le due auto sono modificate per andare a gpl «perché inquinare è stupido».

Ma quale Ici
Parlavamo di tasse, quando ci siamo visti 20 giorni fa, e mi chiedevo se la proposta di eliminare l?Ici avesse fatto presa su di lui. «Stupidaggini», mi ha risposto, «se tolgono quella metteranno un?altra tassa». Certo, uno che opera nell?edilizia non credo ami versare l?Ici, né altre imposte, ma tutto sommato mi è sembrato un contribuente mediamente onesto, quanto meno rispetto ai furbastri del Veneto profondo a cui erano diretti i condoni di Tremonti.

Paolo è cattolico, in contatto con gruppi del volontariato, non mi sembra bigotto e nemmeno troppo attento agli anatemi di Papa Ratzinger. Passare qualche ora con lui è piacevole e, se fosse cresciuto in Emilia Romagna, penso voterebbe per Prodi. Invece, vive nel Veneto e ha votato, senza nessuna esitazione, per Berlusconi. Perché?

Siamo andati insieme da Mestre a Treviso, lentamente, e mi aspettavo le solite tiritere su traffico, infrastrutture, strade che non ci sono e simili. Invece, era un guidatore molto paziente, di quelli che si fermano quando il semaforo diventa giallo, senza accelerare per guadagnare una manciata di secondi. In compenso, ha avuto il tempo di dirmi che odia i magistrati. Ha detto proprio così: «Li odio».

Paolo non è certo un tipo come Previti o Dell?Utri, e se fosse stato coinvolto in qualche inchiesta arbitraria l?avrei saputo, quindi non capivo. è venuto fuori che la ditta che aveva ereditato dal padre faceva lavori per le compagnie telefoniche e, nel 2000, aveva ricevuto una ingiunzione da parte dell?Inps a pagare un miliardo e mezzo di euro per contributi non versati. Si trattava di una questione risalente ad almeno dieci anni prima. «Un milione e mezzo di euro, ti rendi conto?», mi ha detto. «E per contributi non versati, poi! Mio padre era attentissimo a queste cose. Non ho dormito la notte per mesi: quelli dell?Inps prima ti mandano la multa e poi devi dimostrare che sei innocente, capito? Sei tu che devi dimostrare di aver fatto le cose in regola, loro non devono dimostrare niente».

Poco a poco, è venuta fuori una rabbia contro l?apparato statale – vessatorio e chiuso alle legittime richieste o spiegazioni dei cittadini – che non immaginavo potesse essere così profonda. Avrei potuto spiegargli che i casi di enti pubblici privatizzati, come le Poste o Telecom, non provano affatto che lo Stato funzioni peggio per definizione, ma ho preferito ascoltare il seguito.
«Alla fine sono andato in un garage che mio padre aveva a Mestre, dove c?era di tutto: carte, vecchi mobili, che non sapevo neppure perché fossero rimasti lì.

Mi sono preso una giornata e ho guardato tutto. Dietro un armadio, in un mucchio di faldoni, c?erano le ricevute dei versamenti che mio padre aveva fatto come doveva. Foglietti rosa, non me lo dimenticherò mai. Tu credi che qualcuno mi abbia chiesto scusa per avermi mandato una multa da un milione e mezzo di euro in cui io avevo ragione e loro torto marcio? E l?avvocato che mi è costato 50mila euro chi me lo ripaga?»

Era arrivato il momento di scendere, quindi ho salutato Paolo e ho rimuginato per un paio d?ore su cosa avrei potuto dirgli. Per esempio, che in tutta la vicenda i ?magistrati? non c?entrano per nulla: il contenzioso con l?Inps non era mai arrivato nelle aule giudiziarie. Poi avrei potuto dirgli che, almeno una ventina d?anni fa, era stato proprio un giurista come Sabino Cassese il primo a denunciare il carattere inefficiente e arbitrario della macchina statale in Italia. Avrei anche potuto aggiungere che è stato un ministro del centrosinistra, Franco Bassanini, a eliminare alcuni dei caratteri peggiori delle procedure e a inventare l?autocertificazione per numerosi atti che in precedenza richiedevano di andare agli sportelli. Non so, però, se lo avrei convinto.

La maledizione della sinistra, nel rapporto con persone come Paolo (che in Lombardia e nel Veneto sono alcuni milioni) sta nel fatto di essere costretta a difendere un apparato statale che è stato costruito dai governi democristiani ed è rimasto oggettivamente vessatorio, legato a procedure in cui il risultato non conta, mentre solo ha importanza la regolarità formale degli atti. Poiché la politica è dominata dai sentimenti di appartenenza, dalle percezioni di aver subito torti che magari non esistono, per Paolo i magistrati contro cui inveisce Berlusconi e gli anonimi funzionari dell?Inps che non sono in grado di ricostruire il pagamento dei contributi appartengono alla stessa categoria: sono l?odiatissimo ?Stato?.

Capire i sentimenti di mio cugino non significa che un nuovo governo Prodi debba rincorrere le menzognere promesse del centrodestra sulle tasse o, peggio, rinunciare a dare la caccia agli evasori fiscali. Ci sono molti modi di farlo, però. Procedure in cui ai contribuenti è data la possibilità di esprimersi svelenano l?atmosfera. Accesso più facile all?apparato statale (dai Comuni fino ai ministeri) significa rispetto per i cittadini, che in fondo non chiedono molto di più.

«Femo noialtri»
A Paolo, e a tutti quelli come lui, occorre però anche spiegare che l?illusione di poter fare da soli deve finire. Centinaia d?anni di estraneità verso Roma, o Vienna, hanno sedimentato una richiesta che si esprime meglio in dialetto: «Femo noialtri». Il peronismo berlusconiano è stato tollerato perché il Lombardo-Veneto lo ha percepito come coerente con il suo sistema di valori: ?fare? e fare da soli perché lo Stato è solo un impaccio.

Oggi, chi vive nel Veneto ha trovato in Forza Italia (molto più che nella Lega) uno strumento di rappresentazione diretta dei propri interessi, in cambio non di un?adesione ideale all?Occidente ma della tolleranza verso l?arricchimento personale di Berlusconi e dei suoi complici.

Per ora il patto tiene e con esso il consenso al centrodestra dei professionisti, dei lavoratori autonomi, dei proprietari di aziende familiari che per individualismo non vogliono neppure iscriversi all?associazione di categoria. Oggi anche i microimprenditori hanno bisogno di capire che il problema non è che lo Stato li lasci in pace, che elimini la tassa sulla spazzatura o sulla prima casa. Oggi la sopravvivenza dell?Italia è legata alla capacità di fare insieme, di avere regole condivise per ritrovare un ruolo nel mondo. Se occorre pagare le tasse per avere servizi degni di un paese civile, se occorre aumentare l?Ici per finanziare ricerca, innovazione, cultura, questo è un discorso che anche Paolo può capire, non fosse che per i suoi figli.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.