Politica

Lettera a Babbo Natale

di Franco Bomprezzi

Caro Babbo Natale,

non fare il furbo. Troppo facile farsi vedere rubizzo, con la barba candida, la gerla piena di doni, la palandrana rossa, quando l’economia tira e il Paese sembra Bengodi. Fino a qualche anno fa eri addirittura appeso come un alpinista alle finestre. Facevi un po’ impressione, per la verità. A me davi la sensazione di una certa precarietà, e temevo che con quella corda finissi con l’impiccarti da solo. Sarò stato troppo pessimista, ma oggi temo solo di essere stato preveggente.

Perciò torna rapidamente a sorridere, cerca di inventarti qualcosa, ma abbiamo assolutamente bisogno di te, e di un piccolo sogno di festa da coltivare. La tristezza, infatti, ci sta togliendo energia e cuore. Lo so che non è colpa tua. Almeno credo. Anche se nei Paesi nordici, secondo me, state comunque meglio che da noi. Forse il clima aiuta a non esaltarsi troppo, a coprirsi bene, ad accontentarsi di cose semplici.

Noi abbiamo vissuto anni spensierati. Non eravamo ricchi, ma ci piaceva pensare di esserlo. Oggi siamo quasi tutti in grande difficoltà e ci rifiutiamo persino di fare la lista dei regali “obbligatori” di Natale. Una “app” dello smartphone ci salverà, con effetti speciali gratis. Sui social network ci scambieremo valanghe di “mi piace” sotto alle foto di alberelli addobbati, o di vignette ironiche e animate. Cercheremo di ingannare l’ansia, la paura del freddo, della solitudine, della mediocre povertà incombente. Spenderemo poco,ma sarà comunque troppo.

Caro Babbo Natale, mi ricordo quando ero bambino che ti aspettavo davvero, la notte della vigilia, fino a quando non mi si chiudevano gli occhi per il sonno. Poi la mattina mi svegliavo con la sorpresa della tua venuta, e c’erano tanti pacchetti colorati, con i nastri e i fiocchi, in bell’ordine, per me e per mio fratello. Non c’era la playstation, ma qualche balocco, un libro, un disco, una scatola di Lego, le automobiline, il trenino (un po’ alla volta).

Adesso non saprei cosa chiederti, ma ho nostalgia, non dell’infanzia, ma di quella atmosfera magica della festa. Giorni di semplicità, che si riempivano di voci familiari, di scampanellate alla porta, di piccole sorprese degli amichetti, dei compagni di giochi. Sono sicuro che anche adesso è così per i bambini. Ma non per i genitori. Mentre, se ricordo bene, allora erano, per un momento, felici anche loro. Carichi di futuro.

Ecco caro Babbo Natale, prova a fare un pieno di Speranza, di Allegria, di Sorrisi, di Umanità. Distribuisci questi doni equamente, non ti dimenticare di nessuno. E’ in questi giorni che la solitudine brucia dentro al petto, e riempie gli occhi di lacrime. Usciremo da queste difficoltà, ne sono sicuro. E forse dobbiamo ricominciare da qui, da queste giornate dense di odori, di suoni, di bancarelle, di musiche un po’ datate ma sempre vere, di gesti che abbiamo dimenticato, concentrati su noi stessi, un po’ cinici, un po’ spaventati.

Aiutaci a tornare semplici, autentici, gentili, cordiali, generosi, educati, disponibili, capaci di ascoltare, di perdere tempo a sentire il racconto sempre uguale di un anziano che magari vuole insegnarci qualcosa di importante.

Caro Babbo Natale, aiutaci a ricominciare da capo. Sarebbe il più bel regalo. Lo aspetto. Ci conto. Copriti bene, mi raccomando.

 

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.