Politica
Letta premier? Servizio civile obbligatorio più vicino
Per il vicesegretario del partito democratico che ha appena accettato con riserva l'incarico da Giorgio Napolitano il servizio civile obbligatorio è un obiettivo politico: «Ma occorre che sia percepito come conveniente da tutti»
Ha appena ricevuto e accettato con riserva dal presidente Napolitano l'incarico di formare il nuovo governo. Letta, come ricorda questa intervista rilasciata circa un anno fa al nostro magazine in occasione della campagna lanciata per il servizio civile universale (che trova un'ampia eco anche sul numero del mensile in edicola), è da tempo uno dei più convinti sostenitori del servizio civile obbligatorio.
Vicesegretario del Partito Democratico, ex ministro (a 32 anni sotto D'Alema, il più giovane della storia repubblicana), protagonista dell'Intergruppo per la sussidiarietà, a Enrico Letta l'idea di un servizio civile aperto a tutti, piace. E non poco. «Anche se», avverte fin da subito, «occorre alzare il tiro e fare le cose per bene: in passato qualche errore di troppo è stato commesso».
Quindi avanti tutta con la proposta che Prodi ha lanciato da queste colonne?
Certamente io condivido l'idea di un servizio civile obbligatorio. Credo che sia una proposta utile al Paese e ai giovani, soprattutto in un momento in cui le funzioni dello Stato stanno cambiando. È ovvio che poi c'è un problema di costo.
Come si affronta?
L'unica maniera per affrontarlo è fare in modo che il servizio civile non sia, e non sia percepito, come inutile.
Nel concreto, cosa intende dire?
Se il servizio civile diventa un mezzo imboscamento è ovvio che non c'è un interesse, da parte della pubblica amministrazione, a spendere soldi. Se viceversa il servizio civile viene costruito con regole molto efficienti e si crea un meccanismo che effettivamente funziona, allora l'idea di spendere una percentuale dello zero virgola qualcosa del bilancio delle pubbliche amministrazioni finisce per avere una convenienza tangibile. Ovviamente inserire per sei mesi dentro una struttura delle persone che poi se ne andranno, comporta dei tempi e dei costi di formazione non irrilevanti. Per questo occorre che il sistema sia standardizzato, che abbia numeri importanti, perché se in un certo ufficio arriva un volontario ogni due o tre anni è chiaro che diventa un problema e non una risorsa, e che si possa contare su figure ad hoc che dentro le organizzazioni accompagnino i volontari. Il servizio civile obbligatorio non è una passeggiata.
Accennando alla PA e ai finanziamenti ha parlato al plurale. Fino ad oggi però proprio su questo nodo l'amministrazione centrale e gli enti locali non hanno mai trovato un accordo?
Il punto d'incontro si trova a patto che, come dicevo poc'anzi, sia evidente a tutti che il servizio civile conviene. E, ribadisco, se i numeri sono significativi. Se ogni anno nelle realtà che si occupano di servizi pubblici, e mi riferisco alle pubbliche amministrazioni ma anche agli enti del terzo settore, entrano 100mila persone, si creano le aspettative, i posti e le condizioni adeguate alle esigenze di efficienza degli enti e di crescita dei ragazzi.
Questo è un tema che può sfondare con un governo tecnico?
Non so. Quello che so è che una riflessione pubblica sul futuro del servizio civile in relazione al cambiamento del rapporto fra Stato e cittadino deve partire subito proprio da una maggiore partecipazione dei giovani.
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