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Letizia Moratti: “La lotta contro la povertà in Africa passa per il business inclusivo”

La co-fondatrice della Fondazione San Patrignano ad Addis Abeba (Etiopia) per partecipare alla Conferenza internazionale sul finanziamento per lo sviluppo. Un'occasione per promuovere l’impresa sociale, le fondazioni e le cooperative nell’ambito della lotta contro la povertà e presentare la sua Fondazione a favore dell’impreditoria africana che verrà lanciata nei prossimi mesi.

di Joshua Massarenti

Da Addis Abeba (Etiopia)

Per quali motivi ha deciso di partecipare alla Conferenza internazionale sul finanziamento allo sviluppo?

C’è un rinnovato interesse verso la partecipazione della società civile al raggiungimento dei nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile. Gli eventi che si susseguono ad Addis Abeba enfatizzano la necessità di un partenariato globale che comprenda la società civile, le imprese e le fondazioni. L’Italia in questo senso può mostrare modelli interessanti. Nello specifico, ho co-organizzato assieme alle Nazioni Unite un evento sul modello italiano fondato su 5 pilastri: l’aiuto pubblico sia centrale che locale, l’aiuto delle fondazioni bancarie – seconde al mondo dopo gli USA a livello di asset e investimenti-, le fondazioni familiari, le ong e le università. Questo modello integra diverse componenti della società e civile e c’è chi ormai lo osserva con grande interesse. Su invito del governo turco e del G20, ho anche partecipato ad un evento sul business inclusivo, ovvero su come creare una dimensione inclusiva a livello sociale e ambientale all’interno della dimensione economica, come stabilito nei nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile.

Con quali obiettivi?

Si tratta di includere nel contesto economico le persone che ne sono escluse, in questo senso ho presentato il modello italiano dell’impresa sociale, nella sua accezione più ampia, così come quella delle cooperative. Queste ultime hanno una storia decennale nel nostro paese e sono un modello di inclusione sociale. Le proposte che farò al prossimo G20 punteranno alla creazione di un quadro regolatorio favorevole all’impresa sociale e alle cooperative, affinché i progetti di business inclusivo possano avere accesso ai finanziamenti per poter crescere e svilupparsi, ma anche trasferire tecnologie e buone pratiche valorizzando il capitale umano e sociale nei paesi in via di sviluppo. Il ministro turco ha sottolineato l’importanza delle piccole e medie imprese, mentre il ministro della gioventù etiope ha ricordato la necessità di sostenere i giovani e le donne nel mondo imprenditoriale. Nei prossimi mesi una nuova fondazione per sviluppare l’imprenditoria africana, il cui progetto pilota è già operativo. Per il momento si tratta di imprenditori italiani che operano in collaborazione con l’università Cattolica di Milano, in partnership con atenei di cinque paesi africani. Lo scopo è creare competenze e permettere alle università africane di formare a loro volta nuovi imprenditori. E’ un obiettivo in linea con la global partnership e la partecipazione della società civile. Altrettando centrale è la necessità di rafforzare le piccole e media imprese In Africa, dove le Pmi contribuiscono solo per il 17% alla formazione del Pil e per il 30% all'occupazione (contro, rispettivamente, il 50% e il 60% nei Paesi Ocse).

Che opportunità intravede per le imprese sociali nella nuova cooperazione allo sviluppo promossa dalla legge 125?

La riforma, che è ancora in fase di implementazione, amplia la possibilità per le imprese sociali di accedere a finanziamenti dando loro la possibilità di operare in maggiori ambiti rispetto a quelli attuali. In ogni caso, il nostro modello di cooperazione è già un modello a cui fare riferimento.

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