Sostenibilità

L’eterna guerra dell’acqua lungo il bacino del Nilo

di Redazione

Cinque paesi del bacino del Nilo – con l’esclusione di Sudan ed Egitto – hanno firmato un nuovo trattato di condivisione delle acque, riaccendendo così la disputa che vede coinvolti Egitto, Sudan, Etiopia, Ruanda, Uganda, Tanzania e Kenya. E anche se «l’Egitto si è basato sulle acque del Nilo per migliaia di anni e nessuno può mettere limiti a questo privilegio», spiega Hani Raslan, capo del dipartimento per il Sudan e i Paesi del bacino del Nilo dell Al-Ahram Centre for Political and Strategic Studies del Cairo, la “coalizione di ribelli” la pensa diversamente. «Abbiamo aspettato per più di dieci anni margini per negoziare. Oggi diciamo basta», afferma Stanislas Kamanzi, il ministro per l’Ambiente del Ruanda. Secondo gli accordi firmati nel 1929 e nel 1959, l’Egitto ha diritto ha 55,5 miliardi di metri cubi d’acqua annui, mentre il Sudan si ferma a 18,5 miliardi. L’unica concessione agli altri Paesi attraversati dal Nilo riguarda lavori per l’irrigazione o la creazione di dighe, che possono essere fatti anche senza il consenso di Egitto e Sudan. Ma secondo gli attuali governi dei Paesi ribelli, questi accordi firmati in epoca di colonizzazione violano il diritto d’accesso alle risorse idriche. Dal canto loro, Egitto e Sudan rifiutano qualunque proposta di ridimensionamento. Dal 1990 i governi di tutti i Paesi attraversati dal corso del fiume hanno tentato di risolvere la disputa. La coalizione di Stati africani accusa Egitto e Sudan di voler mantenere un monopolio colonialista, mentre l’ambasciatore Ridda Baibars, portavoce della delegazione egiziana, ha dichiarato che l’Egitto userà qualunque mezzo per dare una risposta forte a qualunque decisione che possa minacciare i diritti del Paese sulle acque del Nilo.www.afronline.org

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.