Cultura

L’estremo saluto a un principiante

E' morto Mario Luzi. Oltre che fra i maggiori poeti italiani del novecento, era senatore a vita. Vi proponiamo un'intervista concessa a VITA magazine il 29 ottobre scorso

di Giulio Leben

“Dottrina dell’estremo principiante” questo il titolo dell’ultima opera poetica di Luzi. Un vecchio della letteratura italiana, ma per l’appunto sempre giovane, battagliero e disposto a mettersi in discussione. Con la scomparsa di Luzi, muore l’ultimo fra coloro che conobbero l’Italia fra le due guerre, le sue esperienze letterarie, e che insieme a Giorgio Caproni, Vittorio Sereni e Attilio Bertolucci si può bene dire abbia garantito un’alternativa alla cosiddetta stagione neorealista e poi a quella del Gruppo ’63. Con lui si spegne, in altri termini, l’ultimo rappresentante della stagione chiave della poesia del novecento.

In disparte rispetto al dibattito politico civile e intellettuale, ha però sempre preso posizioni chiare sia nei confronti della cultura marxiana, ma anche quella cattolica, da cui proveniva e a cui è sempre stato fedele.

Un lutto che rischia di diventare un simbolo. Di una generazione intera che se ne va. Di quella – se non fosse sin troppo familiare la parola – si può dire dei nonni, e non dei padri. Di chi ha conosciuto veramente la fame, la guerra, la ricostruzione di un Paese. L’Italia.

Il Comune di Firenze ha reso noto che la salma di Mario Luzi arrivera’ in Palazzo Vecchio questa sera e sara’ esposta domani nel Salone dei Cinquecento, dove sara’ allestita la camera ardente, dalle 9 alle 21. I funerali si terranno mercoledi’ mattina in Duomo e saranno celebrati dal cardinale Ennio Antonelli con prababile inizio alle ore 11.

L’ottimismo della poesia
Intervista a Mario Luzi di Roberto Copello

Vita: Per chi scrive il poeta? Per gli altri o per se stesso?
Mario Luzi: È difficile distinguere fra io e gli altri. Io sono anche gli altri e gli altri sono me. Non credo che la parola debba stare chiusa in sé. Deve essere detta, deve essere ascoltata. Nel parlare, nel dire, nello scrivere, è implicito il desiderio, ma anche la necessità, di un rapporto tra l?io e l?altro. Che posso essere anche io stesso quando mi rileggo. O quando mi ricordo di me, insomma.
Vita: La parola dunque non è fatta per stare chiusa tra quattro stanze…
Luzi: È come un fuoco che si comunica: la parola ha acceso una fiamma e deve accenderne altre. Nulla è chiuso in sé. Tutto è offerto, votato a questa trasformazione, a questa modificazione del mondo, che è in atto da sempre perché la creazione per me è cominciata ma non è finita, è sempre un processo in corso. La storia umana prima la vedevo un po? come una zeppa. Ora la sento come una necessità. È una parte del mondo, un ingrediente di questa perfezione che la creazione sta cercando. La storia umana non è un negativo. Tutto è in questa grande necessità del cambiamento, della mutazione, verso un omega, verso una perfezione. C?è una perfettibilità in quanto accade.
Vita: Nell?attacco di una poesia è già implicita la meta finale?
Luzi: Mi chiede se una poesia quando inizia già sa dove andrà a finire? Una previsione ci può essere, però la poesia poi evolve, trasforma chi la scrive. Infatti un libro di poesia non può mai essere progettato. Perché un libro vero, un libro forte, trasforma anche l?autore. Quando il libro finisce non è più lui, non è più quello che l?ha cominciato.
Vita: La poesia stessa allora è un viaggio?
Luzi: Penso di sì. Certo, in una poesia di tipo narrativo, o in un romanzo, è più evidente. Ma anche la poesia più lirica, più sintetica, brucia una materia e la trasforma in qualcos?altro. Materia verbale, ma anche fantastica, viscerativa, confessione. La poesia è un?azione che trasforma, insomma. E il viaggio è il principio stesso del poetico. Che può essere simbolico o anche reale. Oppure simbolico e reale insieme.
Vita: Come nel suo Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini. appena portato in scena da Federico Tiezzi e Sandro Lombardi, dove il pittore, suo alter ego, tornando da Avignone ritrova una Siena diversa da quella che aveva lasciata…
Luzi: Perché il suo non è solo il ritorno a casa, il nostos. È anche la riconquista che si fa attraverso l?esperienza di ciò che si è già fatto: rivissuto dopo l?esperienza, diventa un accrescimento. Simone è mutato, ma anche Siena è mutata. Ecco il principio costante nella mia poesia: la metamorfosi, la trasformazione. Le cose divengono se stesse via via che si accresce nel tempo l?esperienza.
Vita: Lei ha viaggiato non poco…
Luzi: Mi ha affascinato l?Asia, soprattutto. Di là viene la luce. L?India, per esempio: si sente che le radici dell?umano sono state ?cotte? là, macerate in quell?umanità, in quella terra. Nella spiritualità indiana c?è una grande maturità, una grande civiltà, una grande storia implicita. Mai divenuta senso storico, però. E qui c?è stata la scissione, sicché la storia dell?Occidente è diventata un?altra. Che rimpiange un po? quelle cose ma non le può riassumere, riassorbire. Quando gli occidentali vanno negli ashram, sono esperienze un po? velleitarie. Noi abbiamo un retaggio così indistruttibile…
Vita: Cambiamo argomento. Dall?alto dei suoi 90 anni lei ha sempre mostrato una grande simpatia verso il movimento per la pace. Che cosa vi ha trovato?
Luzi: Secondo me il desiderio di pace non è solo un sentimento, ma un livello più avanzato di coscienza. La progressiva civilizzazione ha portato le persone ha ritenere la guerra come strumento arcaico, legato a una condizione passata. Si sta facendo strada una grammatica mentale che esclude a priori la guerra e che ha tutto il mio consenso. è un fatto positivo su cui si potrà contare. A questo si aggiunge che anch?io non sopporto il mondo alla Bush, il mondo dove i prepotenti spadroneggiano. Quindi trovo che un certo antagonismo sia salutare e provvidenziale.
Vita: Anche se la storia sembra lasciar sempre più spazio alla logica della guerra…
Luzi: A causa di passioni non dominate o di calcoli tenebrosi e sbagliati lo stato di pace è troppo spesso violato e lacerato. Ma nel fondo la pace è l?aspirazione naturale di tutte le creature coscienti. La pace nella concordia: che splendore di miraggio nella prospettiva sempre mutevole delle vicende umane!
Vita: Lei non teme le nuove frontiere della scienza, in particolare della genetica?
Luzi: Quello che io temo è che ci sia questa sottrazione di umanità. Di quello che è stato umano per noi. Forse poi non sembrerà più così essenziale. Visto oggi, da me, lo vivo così, come una minaccia. la clonazione e la genetica portano rischi enormi. Spesso possono trasformarsi in accrescimenti possibili, ma io sinceramente temo delle vere sconfitte. Mi piacerebbe che ci fosse qualcuno che rispolverasse il coraggio di Archimede che bruciò le sue invenzioni perché capiva che potevano essere nocive.
Vita: Ma oggi non c?è uno scienziato disposto a fare altrettanto?
Luzi: Non lo escluderei. Non so se sia vera o inventata la notizia secondo cui scienziati tedeschi avevano trovato la formula della bomba atomica ma distrussero tutto il loro lavoro di ricerca per non metterla a disposizione di Hitler. Anche qui c?è sempre un?incognita… Sarebbe bellissimo, conforterebbe un pochettino.
Vita: È vero che da giovane ha praticato l?atletica leggera?
Luzi: Sì, a Siena, dove studiavo, fino ai 16-17 anni. Correvo i 400 metri, una gara oggi di velocità pura, faticosissima, ma che allora era più di ritmo, non dico di mezzofondo… Ammiravo molto un ragazzo tedesco, figlio di un ingegnere minerario che lavorava nelle miniere di mercurio dell?Amiata. Si chiamava Walcher e aveva una gran resistenza. Faceva 54 secondi, allora sembravano buoni tempi. Oggi corrono in 44 secondi…
Vita: Nella sua poesia è mai entrato lo sport?
Luzi: Stranamente, solo la boxe, che poi è uno sport che mi fa anche orrore. Però questo senso di agonismo, di colluttazione, mi ha suggerito due poesie.
Vita: Oggi si legge meno poesia rispetto a un tempo?
Luzi: Non so. Se ne scrive molta, il che magari è una ragione per leggere meno. Ma quando si è letta mai la poesia? Sì, forse nel primo ?900 una buona educazione borghese implicava la conoscenza di Pascoli, D?Annunzio, Gozzano, questi miti un po? fasulli. Ma non credo che si leggesse di più. Forse ci saranno stati lettori più attenti, più rari ma più convinti. Oggi il modo di proporre il prodotto, diremmo così, non invita a tesaurizzare la lettura, ma a praticarla un po? come si fa leggendo il giornale. Forse il numero dei lettori è cresciuto, grazie anche alle edizioni economiche. Ma si legge peggio, con meno concentrazione. Oggi non è un tempo propizio all?attenzione. E l?attenzione è il fondamento non solo della scrittura ma anche della lettura.
Vita: Nel 97 lei si sdegnò per il Nobel a Dario Fo. Si sente un eterno candidato al premio?
Luzi: Non ne so nulla. Per anni è stata l?Accademia dei Lincei a candidarmi, senza avvertirmi prima. Non ho di queste ambizioni. Nel 97 Montanelli scrisse che io ci morivo dietro, al Nobel… Lo diceva per scherzo, con simpatia. Ma non era vero, per me il Nobel non ha grande importanza. Questo mitizzarlo è frutto del provincialismo italiano. È solo un premio, non è chissà che. E se si pensa a chi non l?ha avuto, viene voglia di stare con lui. Valery, per esempio, non lo ha mai vinto…
Vita: Teme gli sviluppi prepotenti della tecnologia?
Luzi: Spero sia solo una sbornia. Che lascerà una traccia, come altre innovazioni, senza però essere motivo di modificazione del cervello umano e della sensibilità. Perché c?è quel rischio, che sia l?inizio di una perdita, di un mutamento antropologico. Temo una sottrazione di umanità. Di quel che noi ritenevamo umanità, perlomeno. La clonazione, la genetica… I rischi sono enormi. Purtroppo, quello che uno scienziato può fare, lo fa.
Vita: La sua poesia nasce più dall?esperienza della bellezza e della felicità o da quella del dolore, di una frattura?
Luzi: In genere, ciò che si fa sentire è più quello che manca, che è difettivo. Però dopo tanti anni anche la gratitudine per l?esistenza si fa richiesta. Come se ci fosse qualcosa di già attuato in me, nella forma. C?è un po? un riconoscimento di questo, negli ultimi libri. Ma come rivelazione temporanea di una rivelazione ultima, che è sempre in cima a tutte le operazioni poetiche.
Vita: Pensa di avere mai avvicinato la perfezione poetica?
Luzi: L?ho temuta semmai, la perfezione, come presunto punto d?arrivo. Io penso più alla perfettibilità che alla perfezione. La lingua di uno scrittore è un?officina. Pensi allo strumento della metrica. Fa partte di quelle cose che sembrano ferrivecchi, ma viene il momento in cui riacquistano valore, utilità e senso. Perciò poco valgono gli astratti proponimenti delle avanguardie, che durano solo un momento e poi diventano macchietta, come chi li perpetua.
Vita: Ha qualche rimpianto?
Luzi: Sono troppe le ragioni di resipiscenza, infinite, «potevo aver fatto questo e non l?ho fatto, potevo aver fatto meglio». Rimpianti e anche rimorsi. La cosa che non hai fatto, la parola che non hai detto. D?altra parte non sono mai tranquillo. Se uno avesse certezze assolute probabilmente ci sarebbe una quietudine, non so quanto propizia alla scrittura. Ma della scrittura si può fare a meno, signori, se c?è una fede certa.
Vita: Lei è credente. Ha qualcosa da rimproverare alla Chiesa di oggi?
Luzi: Forse qualche cedimento all?ideologia che circoscrive e formalizza: cosa che non è nello spirito cristiano. L?ideologia è una caratteristica del potere. La Chiesa e il Vangelo devono ancora esplodere, il loro discorso è ancora nuovo, in via di facimento e di significazione. Quindi l?ideologia può essere un congelamento, un rischio di anchilosi dello spirito che c?è nel Vangelo. L?utopia è dovunque, l?utopia è trasversale, è frutto dell?esperienza umana, è un fiore. Non è un?escrescenza nociva, è un fiore, può essere e qualche volta è stata nefasta: ma insomma non circoscrive. E poi il consumismo è un accidente del tempo, che di certo non rientra nella filosofia. Io stimo questo Papa, anche se teologicamente non voglio pronunciarmi, però apostolicamente sì. Egli ha voluto entrare nel territorio ancora chiuso o inesplorato della secolarizzazione: il paganesimo ha sempre continuato a lavorare e ad esserci, a proliferare fra noi.

Le opere di Mario Luzi
Mario Luzi esordi’ come poeta nel 1935, con la raccolta di versi ”La barca”, pubblicata da Guanda. E’ un editore allora ancora piccolo ma significativo e del resto la carriera di Luzi e’ accompagnata da editori sempre importanti come Vallecchi, negli anni ’40, poi Garzanti, Einaudi e Rizzoli che si intrecciano continuamente negli anni successivi. Di tutte le sue poesie, salvo le ultime raccolte, esistono varie edizioni complete, a partire dal Meridiano Mondadori uscito nel ’98 e ‘Tutte le poesie’ in edizione economica Garzanti l’anno dopo. Nel 1940 esce ”Avvento notturno”, nel 1946 ”Un brindisi”, nel 1947 ”Quaderno gotico”, nel 1952 ”Primizie del deserto”, nel 1957 ”Onore del vero”, premio Marzotto con Saba. Tre anni dopo, nel 1960, Luzi raccoglie tutta l’opera pubblicata fino ad allora in un unico volume ”Il giusto della vita” che inaugura la collaborazione con Garzanti. Nel 1963 esce ”Nel magma”, premio Etna-Taormina; nel 1965 ”Dal fondo delle campagne”, suo primo titolo con Einaudi. Nel 1966 viene tradotta per la prima volta una sua antologia di versi: esce in Francia col titolo di ”Poemes”. Nel 1968 gli viene assegnato il premio dell’Accademia dei Lincei. Nel 1971 esce ”Su fondamenti invisibili”. E’ del 1974 la sua prima antologia in edizione economica, uscita da Garzanti col titolo ”Poesie”. Del 1978 e’ ”Al fuoco della controversia” con cui vinse il Premio Viareggio. Nel 1983 Garzanti raccoglie tutte le poesie fino ad allora pubblicate in due volumi intitolati ”Il giusto della vita” e ”Nell’opera del mondo”. Lo stesso anno vince il Premio ”Fiuggi. Una vita per la cultura”. Nel 1985 esce ”Per il battesimo dei nostri frammenti” , libro a cui viene assegnato il Premio Mondello. Nel 1988 esce ”Tutte le poesie”, che contiene tutta la produzione di Luzi e alcune poesie inedite. Del 1990 sono ”L’alta, la cupa fiamma. Poesie 1935-1985” e la nuova raccolta ”Frasi e incisi di un canto salutare”. Del 1994 e’ ”Viaggio terrestre di Simone Martini”, di cinque anni dopo la raccolta ”Sotto specie umana”, mentre nel 2003 pubblica vesri giovanili riscoperti in un cassetto, col titolo ”Poesie ritrovate” e e’ della primavera scorsa ”Dottrina dell’estremo principiante”. Di narrativa ha pubblicato ”Biografia a Ebe”(1942) e ”Trame” (1963), poi in edizione accresciuta nel 1982. Come drammaturgo esordi’ con un dramma radiofonico ”La pietra oscura” (1947). Sono seguiti il poemetto drammatico ”Ipazia” (1971) poi ristampato nel ”Libro di Ipazia” (1978) dove compare anche ”Il Messaggero”, i drammi in versi ”Rosales” (1984), ”Hystrio” (1987), ”Corale della citta’ di Palermo per S. Rosalia”(1989). Ha riscritto per la scena il Purgatorio di Dante in ”Il purgatorio. La notte lava la mente”(1990). Del 1999 sono i versi teatrali della ‘Passione’ per la Via Crucis al Colosseo del Papa. A Paola Borbone ha dedicato ”Io, Paola” (1992). I suoi saggi sono: ”L’Opium chretien”(1938), ”Un’illusione platonica e altri saggi”(1941), ”Vita e letteratura”(1943), ”L’inferno e il limbo”(1949), ”Studio su Mallarme”'(1952), ”Aspetti della generazione napoleonica e altri saggi di letteratura francese”(1956), ”Lo stile di Costant”(1962), ”Tutto in questione”(1965), ”Poesia e romanzo”(1974), ”Vicissitudini e forma”(1974), ”Discorso naturale”(1984), ”Spazio stelle voce”(1992), ‘Scintiolle nel ‘Tempo’, dieci anni di critica luziana’ (2003) e ‘Le nuove paure’ (2003), ‘La ferita nell’essere’ (2004) . Come traduttore Mario Luzi ha realizzato ”Poesie di Coleridge”(1949), ”Andromaca”(1960) di Racine in ”Teatro francese del grande secolo”, ”Riccardo III” di Shakespeare (1966), ”Francamente”(1980), ”La cordigliera delle Ande e altri versi tradotti”(1983).

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