Welfare
L’estetista per curare il cancro? Uno studio ne dimostra l’efficacia
Pubblicato il primo studio scientifico sugli outcome del progetto Salute allo Specchio. «I risultati ci autorizzano a promuovere questi interventi come parte integrante del percorso di cura, insieme alle terapie convenzionali. Considerare il paziente nella sua interezza, nell’approccio terapeutico al cancro, non può essere considerato accessorio», afferma Valentina Di Mattei
di Redazione
Come truccarsi, come curare al meglio la pelle, come indossare un foulard, come scegliere la parrucca giusta. Sono questi i gesti semplici che Salute allo Specchio insegna alle donne in cura per patologie oncologiche, mettendo insieme professionisti di vari settori: oncologi, psicologi, estetiste, parrucchieri. Il progetto è nato nel 2013 all’Ospedale San Raffaele di Milano, in collaborazione con l’Università Vita-Salute San Raffaele, ideato dalla psicologa Valentina Di Mattei, ricercatrice presso la Facoltà di Psicologia e da Giorgia Mangili, responsabile dell’oncologia ginecologica dell’Ospedale. Dal 2013, Salute allo Specchio – che è anche una onlus – ha coinvolto numerose donne in cura per patologie oncologiche, offrendo loro un supporto psicosociale nella gestione degli effetti delle terapie, con l’obiettivo di migliorare la loro qualità di vita, far ritrovare loro vitalità, femminilità e desiderio di stare con gli altri. Ora per la prima volta gli outcome del progetto sono stati analizzati in uno studio scientifico e pubblicati sulla rivista Frontiers of Psychology (September 2017 | Volume 8 | Article 1633 – “Health in the Mirror”: An Unconventional Approach to Unmet Psychological Needs in Oncology).
Il progetto insegna alle pazienti alcune strategie per gestire dal punto di vista estetico gli effetti collaterali dei trattamenti chemioterapici, chirurgici, radioterapici. Si inizia con un primo colloquio psicologico individuale, seguito da tre incontri di gruppo, a cadenza settimanale, con la presenza costante di un’équipe di psicologi e medici che garantisce la gestione tempestiva di eventuali difficoltà. Il primo incontro di Salute allo Specchio è dedicato alla cura del volto, con l’insegnamento di tecniche di trucco e consigli sull’uso di parrucche e foulard. Durante il secondo incontro un dermatologo insegna alle pazienti come prendersi cura del proprio corpo e della propria pelle durante le terapie e una consulente d’immagine aiuta ciascuna donna a valorizzare il proprio aspetto, in particolare attraverso l’uso dei colori. L’ultimo incontro è dedicato a una discussione di gruppo, condotta da psicologi, sull’esperienza condivisa.
Ma quali sono gli effetti che questo modo di intendere le cure ha concretamente sulla salute delle pazienti? Ecco che nasce lo studio. Valentina Di Mattei ricorda come «fin dal principio abbiamo pensato di valorizzare Salute allo Specchio associandola ad un progetto di ricerca: si tratta di un’iniziativa poco tradizionale per un ospedale, dunque abbiamo voluto darle una sostanza e un metodo che potessero mostrarne la bontà e l’efficacia anche da un punto di vista scientifico, quindi come qualcosa di oggettivamente valido, riproducibile e condivisibile».
Non solo abbiamo rilevato una significativa riduzione della sintomatologia ansiosa e depressiva e dei problemi associati all’immagine corporea, ma anche un incremento dei livelli di autostima. Questo studio ci autorizza a promuovere l’importanza di questo tipo di interventi come parte integrante del percorso di cura, insieme alle terapie convenzionali.
Valentina Di Mattei
Lo studio su Salute allo Specchio ha riunito un team multidisciplinare di psicologi, medici e statistici e ha coinvolto 88 pazienti oncologiche, tutte reclutate presso l’Ospedale San Raffaele, in tre tempi differenti: durante il colloquio preliminare con lo psicologo, al termine del terzo incontro e a distanza di tre mesi dalla partecipazione al progetto. Ciascuna paziente ha risposto a una serie di test che hanno valutato comparativamente l’impatto di Salute allo Specchio su alcune variabili psicologiche come l’ansia, la depressione, la percezione della propria immagine corporea, l’autostima e la valutazione della propria qualità di vita. Il lavoro del team di ricerca ha verificato se e in che modo questi outcome si modificassero nel tempo e se ci fosse anche una modulazione legata a caratteristiche socio-demografiche (età, stato civile, professione, presenza di figli) e cliniche (eventuali recidive, tipo di diagnosi, altri trattamenti psicologici ricevuti) delle pazienti.
I risultati ottenuti sono estremamente incoraggianti: «Partecipare al nostro programma ha determinato un netto miglioramento delle variabili psicologiche misurate. Non solo abbiamo rilevato una significativa riduzione della sintomatologia ansiosa e depressiva e dei problemi associati all’immagine corporea, ma anche un incremento dei livelli di autostima; ciò suggerisce che la partecipazione a questo progetto potrebbe facilitare un migliore adattamento alla malattia e al trattamento oncologico. Pur nelle più rosee prospettive, non ci saremmo aspettati dei risultati così favorevoli. Questo studio ci autorizza a promuovere l’importanza di questo tipo di interventi come parte integrante del percorso di cura, insieme alle terapie convenzionali. Considerare il paziente nell’interezza della sua persona, nel caso dell’approccio terapeutico al cancro, non può essere considerato qualcosa di accessorio», conclude Valentina Di Mattei.
La dottoressa Chiara Brombin, ricercatrice del Centro Universitario di Statistica per le Scienze Biomediche di UniSR, che ha partecipato allo studio con la sua expertise statistica, sottolinea «quanto sia importante avviare studi interdisciplinari che consentano il dialogo tra psicologi ed esperti di metodi quantitativi statistici, così da rafforzare la metodologia della ricerca degli studi di psicologia e contribuire a valutare gli outcome di interesse, a misurare l’efficacia di un intervento, a comprendere il fenomeno oggetto di studio, anche in presenza di relazioni complesse tra le variabili indagate».
Foto di Marco Casiraghi. Lo scatto è tratto dal backstage della mostra fotografica “Oltre lo specchio. Camei di donne”, sull'attività di Salute allo specchio, presentata a Milano a gennaio 2017
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