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L’esempio di Gianni Rufini: “Ong non abituatevi mai alla routine”

“L’umanitarismo è stato usato a pretesto per sganciare bombe quando gli obiettivi erano squisitamente politici.", ammoniva, "In questa confusione di ruoli e di obiettivi, per un’organizzazione umanitaria la sfida è preservare l’integrità del suo intervento, quando la sua neutralità è messa in discussione dall’ingerenza degli Stati". Il ricordo del direttore generale di Amnesty Italia scomparso oggi firmato dal presidente emerito di Intersos

di Nino Sergi

Con l’avanzare dell’età mi capita di domandarmi perché sorella morte prenda chi è più giovane di me, ha ancora davanti a sé uno sguardo temporale più lungo del mio, può ancora dare e dire molto per la freschezza delle sue idee e dei suoi messaggi… Sono domande che rimangono senza risposta. Come quelle che tutti, non solo gli operatori umanitari, ci facciamo quotidianamente di fronte alla morte di bambini, di persone inermi nei conflitti o vittime di catastrofi. La morte di Gianni Rufini mi ha colpito e addolorato. Insieme, molto più giovane di me, abbiamo percorso un cammino tra gli anni ‘90 e 2000 prima a Bruxelles dove era stato nominato direttore di VOICE, il coordinamento delle Ong europee di aiuto umanitario, di cui Intersos è stato e continua ad essere membro attivo, e poi in Intersos a Roma.

A Bruxelles ci vedevamo mediamente tre volte al mese. Gli anni ’90 sono stati infatti fondamentali per la definizione e lo sviluppo dell’aiuto umanitario e di emergenza dell’Unione europea. ECHO, l’ufficio umanitario – ora direzione generale – della Commissione era nato da pochi anni e le Ong attive in questo ambito della cooperazione solidale internazionale avevano sentito l’esigenza di coordinarsi per confrontarsi, approfondire, collaborare, dialogare con ECHO e altre istituzioni europee, presentare proposte. Un periodo impegnativo ma interessante e entusiasmante perché si stava costruendo qualcosa di nuovo e di estremamente necessario.

Gianni ha diretto VOICE per un buon quadriennio, periodo durante il quale si è rafforzata sia nel coordinamento delle Ong umanitarie sia nella rappresentanza verso le istituzioni europee. Il suo è stato anche il periodo del rafforzamento della specificità di VOICE che ha adottato nel 2001 un diverso statuto rispetto a quello del CLONG (il coordinamento di un migliaio di Ong di sviluppo europee, divenuto poi CONCORD, confederazione di reti nazionali e network internazionali).

Principi umanitari, diritto internazionale umanitario, diritti umani, prontezza e qualità dell’aiuto, dialogo e confronto, anche duro, con le istituzioni, rapporto civile-militare nelle aree di conflitto, nesso tra emergenza e sviluppo nella concezione della prima come rottura di un segmento del processo di sviluppo che occorre poi ricucire, disegnandolo possibilmente già nella stessa fase di emergenza … Valori, principi, azione. Queste a mio avviso le colonne portanti che hanno sostenuto l’azione di Gianni nel periodo della direzione di VOICE.

Quando poi ha lasciato Bruxelles, ci siamo ritrovati per un po’ di tempo a Roma in Intersos, dove ha apportato quel capitale di valori, saperi, relazioni edificato negli anni in VOICE. “L’umanitarismo è stato usato a pretesto per sganciare bombe quando gli obiettivi erano squisitamente politici – diceva. In questa confusione di ruoli e di obiettivi, per un’organizzazione umanitaria la sfida è preservare l’integrità del suo intervento, quando la sua neutralità è stata messa in discussione dall’ingerenza degli Stati.” E sugli operatori e operatrici umanitarie mi sono rimaste impresse queste parole: “Efficienza, saggezza, diplomazia e capacità di analisi, sia pure condite di coraggio e creatività, sono doti indispensabili. Soprattutto, non bisogna mai smettere di pensare, ragionare su quello che si fa, affrontare i dubbi, porsi i problemi, riflettere: un operatore deve sempre essere consapevole delle conseguenze delle proprie azioni, non può farsi travolgere dagli eventi o trascinare dalla routine”. Capacità di analisi. Integrità. Determinazione. Per essere a fianco delle vittime nella consapevolezza di non poter cambiare il mondo e di non poter salvare tutti, di dovere spesso scegliere tra due mali, ma di essere sempre al servizio della battaglia per i diritti umani, di quegli esseri umani cui questi diritti sono sistematicamente e deliberatamente negati.

Agire, intervenire ove sono negati i diritti fondamentali e la dignità dell’essere umano, donna, uomo, bambino. Questa aspirazione e missione ha accompagnato Gianni anche in tutti i successivi impegni, fino alla direzione della sezione italiana di Amnesty International, dove ha potuto dare il meglio di sé, con la conoscenza e l’esperienza accumulata negli anni e la passione e capacità comunicativa che non gli è mai mancata. Mi unisco al dolore della famiglia, degli amici di Amnesty e dei tanti che l’hanno conosciuto e apprezzato.

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