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L’errore di scambiare l’autonomia per scaricabarile: a farne le spese sarà l’innovazione

Marco Campione: «Lo scaricabarile non è sulle scuole ma sul CTS, c’è una deresponsabilizzazione della politica che è inaccettabile. Il Ministero non può far finta di non sapere che le scuole con le linee guida del CTS non riaprono. Bene dire autonomia, ma occorre dare gli strumenti per esercitarla. Il rischio altrimenti è che l’autonomia ne faccia le spese. Ma l'autonomia è lo strumento attraverso cui passa l’innovazione didattica»

di Sara De Carli

Un documento che arriva tardi. Che passa inevitabilmente la palla alle singole scuole, ma senza dare ai dirigenti gli strumenti necessari per esercitare l’autonomia. Un documento che nulla ha del “Piano” per la riapertura, pur dopo aver creato e alimentato l’aspettativa per – esattamente – un “Piano” per la riapertura. Che rinvia al Comitato Tecnico Scientifico ogni nodo problematico, scaricando il mancato coraggio di una decisione politica. Un documento che, in questa forma, poteva essere presentato anche un mese fa, poco dopo quel 23 maggio in cui uscì il documento del CTS: le scuole avrebbero guadagnato un mese di tempo per organizzarsi, tanto di novità sostanziali non ce ne sono (a proposito, che fine ha fatto il lavoro della task force guidata da Bianchi?). C’è invece uno 06 «totalmente dimenticato» e i patti educativi di comunità «di fatto relegati ad un modo per reperire mano d’opera e spazi aggiuntivi a basso costo (se non gratis), ennesima occasione persa». E a valle di tutto ciò, c’è un moltiplicarsi di commenti «sulle linee guida mandate dal Ministero Istruzione presentate come "il ministero se ne lava le mani", oppure "il ministero scarica tutto il peso sui presidi". Ma non è così. O meglio, non è esattamente così. Il problema di quel documento non è il rispetto dell'autonomia delle scuole, né la valorizzazione dei territori e del principio di sussidiarietà orizzontale e verticale. Il problema di quel documento è che è tardivo e pavido. Tradivo perché queste cose potevano essere scritte anche mesi fa e peraltro non c'è nulla o quasi delle riflessioni anticipate da Bianchi alla Camera dieci giorni fa (con il paradosso che aspettare i risultati della Commissione Bianchi è la ragione per la quale abbiamo atteso tanto). Pavido perché non è difeso politicamente dai suoi estensori, prevale l'approccio burocratico, si parla per atti e non si accompagna politicamente la scelta che si decide di intraprendere».

Marco Campione, che al Miur lavorava ai tempi della legge sulla Buona Scuola, sull’autonomia scolastica ha da poco scritto un libro, mandato in tipografia nel bel mezzo del lockdown: “Liberare la scuola.Vent’anni di scuole autonome” (Il Mulino).

Ci aiuti a chiarire il confine tra autonomia e scaricabarile.
Nelle conclusioni del libro, che sono state scritte durante la pandemia, con Emanuele Contu scriviamo che il Ministero dell’Istruzione si è messo in posizione servente rispetto alle scuole. Non sappiamo se perché crede davvero nell’autonomia o se per fare di necessità virtù. La scelta per l’autonomia è una scelta dovuta e il compito del Ministero è accompagnare le scuole. Almeno a parole, sta dicendo che lo farà. Lo scaricabarile non è sulle scuole ma sul CTS, c’è una deresponsabilizzazione della politica che è inaccettabile. Si rimanda alle linee guida del CTS, ma non il Ministero non può far finta di non sapere che le scuole con quelle linee guida non riaprono. Su un punto hanno ragione i presidi: il Ministero fa bene a dire autonomia, ma deve dare gli strumenti per esercitarla. Invece c’è un grande senso di improvvisazione. Da fautore dell’autonomia, sono preoccupato che l’autonomia rischi di fare le spese di questa situazione, come un capro espiatorio. L’ente locale deve darsi da fare per trovare spazi… dimmelo a marzo! Perché queste stesse cose il Ministero non le ha dette tre mesi fa? Serviva aspettare il 23 giugno per dire che c’è l’autonomia scolastica? La sensazione è che la diffusa reazione contraria a questo documento usi gli stessi argomenti di chi è contrario non solo all’autonomia ma all’autonomia per fare innovazione didattica.

Perché l’autonomia scolastica va difesa? Perché non era meglio che decidesse il Ministero? Una risposta semplice, per i genitori che nelle chat di classe scrivono terrorizzati dal fatto che il loro dirigente non sembra essere all’altezza della sfida che ci attende…
Va difesa proprio per questo, perché è lo strumento attraverso cui passa l’innovazione didattica. Non si può fingere che le scuole siano uguali in tutta Italia. Il documento elenca tutte le cose che si possono fare: si può rompere il gruppo classe, aggregare le discipline… ricordare o spiegare alle scuole che possono già fare tutte quelle cose è molto importante, l’errore è stato aver messo quella spiega nel documento in cui tutti si aspettavano di capire come fare a rispettare il metro di distanza. Peraltro senza raccogliere nulla delle elaborazioni che sono arrivate dalla scuola, che invece ci sono state. Manca una scelta politica: o si dice agli italiani che non c’è modo di rispettare il metro di distanza e che dobbiamo convivere con il rischio oppure, se siamo convinti che il metro va rispettato, mi dici come fare. Non puoi omettere l’argomento. L’autonomia c’è ed è giusto preservarla, ma non può diventare un alibi per non decidere. E se decidi di puntarci, devi dare strumenti reali ai Dirigenti per esercitare le loro funzioni. Invece c’è una sorta di autonomia monca.

Foto di icon0.com da Pexels

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