Oltre le sbarre

L’eroica Haka degli Haka di San Gimignano

Leonardo Panci va una volta alla settimana nella Casa di reclusione in provincia di Siena, grazie al progetto “Rugby oltre le sbarre”. «Alleno una ventina di detenuti nell’Alta sicurezza. Abbiamo un obiettivo: partecipare, tra un anno, al campionato Old toscano»

di Ilaria Dioguardi

Ogni domenica mattina va ad allenare la squadra degli Haka, nella Casa di reclusione di Ranza a San Gimignano, insieme ad altri compagni. «Da quando abbiamo iniziato lo scorso marzo, non ci siamo mai fermati, neanche quest’estate. Abbiamo saltato solo un allenamento, ad agosto, quando faceva veramente troppo caldo. Il nostro obiettivo è partecipare, tra un anno, al campionato Old toscano». Leonardo Panci parla con grande entusiasmo della squadra che segue dallo scorso marzo nella Casa di reclusione di San Gimignano, grazie al progetto Rugby oltre le sbarre della Fir, Federazione Italiana Rugby, attivo in molte carceri italiane.

«La direttrice Maria Grazia Giampiccolo è stata vice direttrice del carcere di Livorno, dove la squadra di rugby Pecore nere già partecipa al campionato Old toscano», prosegue. «Aveva visto i vantaggi del progetto, ci ha contattati per chiederci se eravamo disponibili a portarlo nell’istituto in provincia di Siena, carcere di Alta sicurezza con quasi 300 detenuti, molto più grande del livornese Le Sughere».

Obiettivo: il campionato Old nel 2025

Il progetto per ora coinvolge una ventina di persone. «Hanno dai 28 ai 57 anni. Tranne due ragazzi, nessuno aveva mai giocato a rugby prima. Prossimamente vogliamo organizzare un allenamento congiunto, per far giocare i ragazzi con altri che vengono da fuori, e poi una partita amichevole», continua Panci. Che vorrebbe farmi vedere lo stemma della squadra, «ma è stato disegnato sulla parete interna del carcere e non è possibile fotografarlo». Mi racconta che gioca a rugby da quando aveva 13 anni, ora ne ha 51 e ancora gioca. Il nome Haka è stato scelto dai ragazzi: è la danza tipica del popolo Maori, che gli All Black della Nuova Zelanda fanno agli avversari prima di ogni partita. «La mia speranza è che questa squadra sia pronta per partecipare al campionato Old toscano a settembre 2025».

Nessuno può fare niente da solo

«Molti dei ragazzi che giocano a rugby con me hanno giocato a calcio: uno sport molto competitivo anche all’interno della stessa squadra, questo nel rugby non c’è. È una disciplina che tende a creare rapporti stretti tra i giocatori, a creare spirito di gruppo», continua Panci. «Nel rugby nessuno può fare niente da solo, «perché si trova davanti 15 avversari e viene subito fermato. L’unione tra i ragazzi è stato un processo. Nei primi allenamenti erano divisi a gruppetti, a seconda della provenienza geografica. Con il tempo si è formato un gruppo compatto, si abbracciano, si aiutano. Per noi è molto bello vederli così uniti. Si ritrovano anche durante le ore d’aria per allenarsi, passarsi la palla, sviluppare la manualità: hanno fatto dei salti da giganti. Dei ragazzi hanno raggiunto delle prestazioni da serie B, pur allenandosi solo da sei mesi».

Regola numero uno: il rispetto delle regole

I valori del rugby sono legati alle regole, al rispetto, a fare gioco di squadra. «Forse è il gioco con le regole più complesse, che vengono continuamente aggiornate. Ci sono moltissime eccezioni. Se si perde di vista il regolamento si finisce nel marasma: è uno sport di contatto. Grazie al rugby, per la prima volta persone che le regole non le hanno mai rispettate, se non interne al loro gruppo, adottano regole condivise che li aiutano a sviluppare un’idea di essere parte di qualcosa», prosegue. «Quando abbiamo loro consegnato i tesserini, per loro è stato importante, si sono sentiti di far parte della famiglia della Federazione italiana rugby».


Il coinvolgimento è “a tutto ovale”

Panci e i suoi compagni di avventura allenano persone che sono nell’Alta sicurezza, «la maggior parte deve scontare un ergastolo, qualcuno ne ha due. Il rugby è un’occasione per vedere altre persone che non fanno parte del carcere, per migliorare. «Per loro è molto importante avere un obiettivo, quello di poter partecipare un giorno a un campionato. Il coinvolgimento è totale: vediamo delle partite insieme, parlano tanto di rugby tra di loro». Varie squadre toscane hanno dato un appoggio alla neonata squadra degli Haka, «sia con il materiale fornito sia con i volontari, ma non servono molte figure: i ragazzi hanno bisogno di una persona a cui uniformarsi da chiamare Mister, troppe creano confusione».

Leonardo Panci

Sostegno, sacrificio, amicizia

«Sono tre le parole chiave del rugby: sacrificio, sostegno, amicizia», dice Panci. «Ci si sacrifica fisicamente per giocare, non si gioca contro l’avversario ma con l’avversario: non è un nemico ma un amico con cui si gioca. È puro agonismo. Senza sostegno non si riesce a fare nulla, ci sono tanti giocatori, tanti ruoli, se uno viene placcato l’altro deve sostenerlo, deve recuperare la palla e deve spingerla: l’ovale si porta avanti in tante persone e non la porta avanti uno».

Terza parola chiave: l’amicizia. «Dopo la partita c’è il terzo tempo, ci si trova tutti insieme a bere e mangiare qualcosa . È complicato, il carcere ha le sue regole, ma si cercano le occasioni per ritrovarci: per Pasqua si è mangiata la colomba, quest’estate abbiamo portato il gelato. Alle Sughere di Livorno le Pecore nere fanno il terzo tempo, d’inverno al chiuso, d’estate all’aperto: i ragazzi cucinano e offrono da bere e da mangiare a chi va a giocare da loro. Ci piacerebbe che gli Haka giocassero insieme alle Pecore nere, ma non è possibile farli uscire dal carcere per andare a giocare in un altro istituto penitenziario. Vediamo in futuro cosa riusciamo a fare».

La presentazione del progetto “Oltre le sbarre” nella sala del Consiglio del comune di San Gimignano

«Siamo contentissimi del fatto che il sindaco di San Gimignano Andrea Marrucci ci abbia aiutato molto per dare visibilità al progetto». “Che “Oltre le sbarre” pochi giorni fa è stato presentato nella sala del Consiglio del comune alla presenza delle istituzioni comunali e regionali, del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, della Polizia penitenziaria. Alla presentazione hanno partecipato anche esponenti della Federazione Italiana Rugby, del Comitato regionale toscano rugby, del settore Sport e salute insieme a referenti delle squadre Old toscane rugby.

«Crediamo fortemente in questo progetto che potrà far vivere ai detenuti momenti formativi all’insegna dello sport di squadra», ha detto il sindaco Marrucci. «I veri valori del rugby saranno fondamentali per il percorso di recupero sociale dei detenuti». Serena Spinelli, assessora regionale alle politiche sociali, ha affermato: «Iniziative come questa sono un esempio di come la comunità possa portare un po’ di luce tra i tanti problemi, anche i più drammatici, che affliggono il sistema penitenziario del nostro Paese».

Foto in apertura di Olga Guryanova su Unsplash

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