Sostenibilità

L’era della consu-politica

l'altra economia Il consumo critico si fa strada: parla Michele Micheletti

di Redazione

Guru del consumo critico in Europa, con al suo attivo decine di saggi e pubblicazione, Michele Micheletti è docente di Scienze politiche alla Karlstad university, in Svezia. Il cognome tradisce le sue origini italiane, lucchesi in particolare. Etica&Finanza l’ha incontrata a margine di una giornata di studio organizzata dall’università di Bergamo dal titolo Shopping for human rights.
Etica&Finanza:Il consumo critico ha varie facce, in Europa: campagne di boicottaggio nel mondo anglosassone, Bovet e le azioni contro i McDonald’s in Francia, Gas (Gruppi di acquisto solidale) e commercio equosolidale in Italia. Cosa pensa di questa variegata realtà?
Michele Micheletti: Vi sono due aspetti da considerare per comprendere i diversi fenomeni. Il primo concerne le sovrastrutture, le regole di mercato: le norme d’etichettamento dei prodotti (biologico, fair trade) sono molto presenti nel Nord Europa ma non nel Sud. Il secondo riguarda la produzione agricola organizzata al Nord in grandi fattorie mentre al Sud è molto frammentata. Questo si riflette nello sviluppo di grandi azioni dimostrative al Nord mentre al Sud prevale il recupero dell’agricoltura tradizionale come fa Slow food.
E&F: Il consumo critico è una specie di sindacalismo dei consumatori. Si può presumere a questo punto che esso possa diventare un nuovo soggetto del sistema politico liberale?
Micheletti: Sì, senz’altro. C’è un’influenza evidente sul versante politico che si esprime in un corporativismo di mercato in quanto i consumatori vengono coinvolti nelle decisioni politiche generali. Ma bisogna anche tener conto di un’altra forma di penetrazione istituzionale che proviene dal basso: i cittadini cercano di vivere di più e con una migliore qualità, ed ecco lo sviluppo di quartieri e di aree, costruite ed attrezzate secondo principi ecologici, case in equilibrio con l’ambiente; ciò porta con sé poi l’uso della bicicletta invece dell’auto, insomma uno stile di vita ecologico.
E&F:Ci può essere un’osmosi tra i movimenti e i partiti? E quale può essere il ruolo delle donne?
Micheletti: Molti esponenti dei gruppi attivi nell’ambito del consumo critico partecipano anche direttamente alla vita politica in vari partiti. C’è sicuramente una sinergia. Per quanto concerne le donne, esse hanno già una responsabilità attiva nella vita familiare poiché s’interessano degli acquisti, facendo la spesa, dunque il passaggio al consumo critico è un fatto abbastanza naturale. Inoltre mentre la struttura dei partiti è dominata dagli uomini, nei gruppi c’è uno spazio nuovo di protagonismo femminile.
E&F: In Italia è arrivata finalmente la class action. Che cosa ne pensa?
Micheletti: La class action è stata molto importante per i movimenti ambientalisti o che si occupano di temi internazionali. Tuttavia bisogna fare una distinzione tra class action e consumerismo politico. Quest’ultimo agisce direttamente sul mercato; il mercato è l’arena della politica, attraverso il mercato si raggiungono dei mutamenti. La class action si realizza invece attraverso le Corti di giustizia. Anche se possono indubbiamente esservi delle azioni sinergiche.
E&F: In che misura sono importanti le attività del consumerismo politico in rapporto con le modifiche produttive (ad esempio l’incremento dei piccoli produttori, la filiera corta, le joint venture con Paesi del terzo mondo etc.)?
Micheletti: C’è una differenza fondamentale. Nei Paesi occidentali sviluppati ci sono una società civile e dei sindacati che rendono possibile il cambiamento della struttura produttiva per così dire dall’interno, indipendentemente dall’intervento dei consumatori. Nei Paesi in via di sviluppo – dove a volte il sindacalismo è proibito o non è ancora influente – la pressione dei consumatori occidentali può diventare molto importante per far cambiare la cultura e le pratiche produttive che, a loro volta, possono rendere possibile una società migliore.
E&F: Che tipo di scenario si può prevedere per i movimenti di consumo critico nel mondo occidentale? Si andrà verso forme più stabili di riconoscimento istituzionale o ad una radicalizzazione dello scontro?
Micheletti: Da un lato vediamo un aumento della presenza istituzionale (il capitalismo etico, il fair trade, le iniziative verdi), testimonianza dell’influenza del consumerismo politico. Tuttavia quest’ultimo ancora sembra avere difficoltà ad affrontare questioni come il cambiamento climatico globale. Si parla poco di energia oppure di automobili verdi, e su questi argomenti forse c’è spazio per la protesta.


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