Lo screening dell'infezione da Hcv

L’epatite C si cura, fate il test

Il virus continua a circolare. Combattere il sommerso per prosciugare il bacino che alimenta le infezioni è possibile testando la popolazione. Non farlo sarebbe negligenza pura, vista la disponibilità di una cura efficace contro questa malattia che avanza silenziosa, spesso senza dare segni di sé. Al via oggi la campagna informativa "Epatite C. Mettiamoci un punto"

di Nicla Panciera

Il virus dell’epatite C continua a diffondersi, danneggiando il fegato e tutto l’organismo in modo silenzioso ma inesorabile. Nonostante l’esistenza di una cura che consente di eradicare il virus, ma non risolve gli eventuali danni epatici ed extra epatici che la sua presenza ha già causato, e la grande attenzione mediatica legata alla drammatica iniziale limitazione dell’accesso al trattamento a certe categorie di pazienti, ebbene solamente quattro italiani su dieci sanno che l’epatite C si può curare. La conoscenza di questa malattia è molto scarsa: 7 italiani su 10 ne abbiano sentito parlare e, tra questi, solo il 20% conosce davvero la patologia, oltre il 40% dichiara di saperne poco o niente e il 37% dice “così così”. Queste lacune emerse dall’indagine demoscopica “Italiani e epatiti” condotta da AstraRicerche su un campione di 1000 italiani per Gilead Sciences, riguardano anche l’esistenza dei test diagnostici per la rilevazione del virus e la possibilità, per i nati tra il 1969 e il 1989 e alcune categorie a rischio, vale a dire la popolazione nelle carceri e i soggetti con dipendenza da droga per via endovenosa, di fare lo screening gratuito.

«Potenzialmente tutte le persone di una certa fascia d’età sono a rischio perché la scoperta del virus è avvenuta solo nel 1988 e fino al 1992 non esisteva un test per la sua individuazione, quindi tutti coloro che allora sono andati incontro a procedure medico-chiurgiche interventi erano a rischio di trasmissione» spiega Roberta D’Ambrosio, epatologa presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano. I fattori di rischio per l’infezione sono le procedure estetiche e i tatuaggi eseguiti in ambienti non controllati e, in generale, tutte le situazioni in c’è contatto con il sangue infetto, quindi la condivisione si rasoi, spazzolini, strumenti per la manicure e pedicure, scambio di siringhe.

I pazienti diagnosticati con Hcv rappresentano solo la parte visibile dell’iceberg dei pazienti infetti. A preoccupare è la quota di sommerso, che nella sola Lombardia è stimato in 20mila persone. Per ridurre quel serbatoio di infezioni che poi alimentano la diffusione del virus, spiegano gli specialisti, «lo screening va esteso anche ai più giovani e a tutta la popolazione generale». Il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato una mozione bipartisan che mira ad allargare la platea degli aventi diritto anche ai nati tra il 1948 e il 1968. L’allargamento dello screening avrebbe dei vantaggi economici, risparmiando non solo un carico di sofferenze ma anche un notevole peso per il sistema sanitario, dato dalle malattie evitabili con il test e il trattamento come le cirrosi, e la cirrosi epatica è una delle più comuni cause di epatocarcinoma e di trapianto di fegato, e come le malattie extraepatiche come crioglobulinemie e linfomi. «Investire in uno screening di tutta la popolazione significherebbe infatti ridurre costi economici e sanitari in soli 4 anni, oltre a ridurre il carico di malattia e di morte, migliorando di conseguenza la qualità di vita delle persone» spiega Stefano Fagiuoli, dell’Unviersità di Milano- Bicocca e Direttore Unità Complessa di Gastroenterologia, Epatologia e Trapiantologia ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo. «Bisogna capire che l’epatite C non è qualcosa che riguarda gli altri. Ci può riguardare tutti. Il virus può restare silente per anni, senza dare alcun segno di sé, ma le conseguenze sulla salute possono essere rilevantissime». Perciò queste persone vanno identificate e trattate.


L’eliminazione dell’infezione da virus dell’epatite C è l’obiettivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità da raggiungere entro il 2030. Il fondo dedicato allo screening dell’infezione da HCV viene, di proroga in proroga, rinnovato ogni anno. «Bene un fondo per testare la popolazione generale, bene finanziare i test» commenta Fagiuoli «Tuttavia, oltre ai test, c’è da sostenere tutta una rete che va dall’attività di testing, alla formazione e all’informazione che sono cruciali. Non esiste attualmente una sufficiente conoscenza e consapevolezza tanto a livello ospedaliero che di territorio. Individuato il virus, la sua eradicazione è possibile in modo che non ha eguali nella medicina, rapido, efficace, senza effetti collaterali. Non individuare tutti i casi di infezione è quindi una negligenza imperdonabile». Anche perché, commenta spiega Ivan Gardini, presidente dell’associazione EpaC onlus e di Ace – alleanza contro le epatiti, «il costo di un trattamento antivirale è sui 5mila euro, non paragonabile a quello delle malattie che questi farmaci permettono di evitare eradicando il virus». Tra le altre criticità da affrontare, spiega Gardini, «c’è la disomogeneità tra Regioni, molte ancora inadempienti nell’attivazione degli screening». E per promuovere l’aderenza che resta bassa, con un sottoutilizzo delle risorse stanziate. I dati dell’Iss indicano che in media solo il 30 % della popolazione target è stata invitata attivamente allo screening dell’epatite C e solo il 21% degli invitati ha effettuato lo screening, rappresentando mediamente il 6.6% di tutta la popolazione target da testare.  EpaC si batte da tempo per l’allargamento delle coorti d’età della popolazione da sottoporre al test di screening, includendo anche le persone tra i 54 e i 74 anni, per andare laddove la prevalenza è maggiore, ma gli emendamenti proposti alla legge di bilancio che non sono stati approvati.

«Per combattere il sommerso è importante l’alleanza di tutti nel promuovere il testing e la conoscenza. Come associazione, andiamo nelle scuole e raggiungiamo circa seimila studenti l’anno. Inoltre, organizziamo iniziative per la cittadinanza, fornendo i test rapidi gratuiti per Hcv e Hiv: ogni martedì sera con Croce Rossa e Ape al Parco Sempione, dove tanti ragazzi scelgono di fare il test, scongiurando così il rischio di una diagnosi tardiva» conclude Silvia Negri, dell’Associazione nazionale per la lotta contro l’Aids Unlaids.

Per tutte queste ragioni, è partita oggi la campagna “Epatite C. Mettiamoci un punto” (questo il sito ricco di materiali informativi), che intende favorire una maggior conoscenza dell’infezione da HCV e dell’importanza del test di screening. Un tram chiamato consapevolezza porterà per le strade di Milano materiali informativi sull’epatite C e sulle modalità di trasmissione, invitando la popolazione ad eseguire il test di screening nei giorni in cui nel capoluogo lombardo si svolgerà il congresso dell’Associazione europea per lo studio del fegato Easl. Farà tappa nelle fermate di Piazza 6 Febbraio (nelle vicinanze del MiCo, sede del Congresso), Piazza Castello, Cantù e Piazza Fontana.

“Epatite C. Mettiamoci un punto” è una campagna promossa da Gilead Sciences, con il patrocinio di Anlaids Sezione Lombarda ETS, Anlaids Onlus, EpaC – ETS, Associazione Milano Check Point, Cooperativa Sociale Open Group Bologna, Plus Roma, Fondazione Villa Maraini – CRI e delle Società Scientifiche AISF – Associazione Italiana Studio del Fegato, SIMG. Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie, SIMIT – Società Italiana di Malattie Infettive e tropicali.

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