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L’ennesimo massacro di civili in Palestina non resti impunito

Le organizzazioni della Società Civile esprimono condanna per gli attacchi alla popolazione civile palestinese e le palesi e continue violazioni del diritto internazionale in Palestina, per l’inarrestabile processo di colonizzazione israeliana in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est e per il blocco totale che da 16 anni Israele impone sulla Striscia di Gaza. Dall’inizio dell’anno almeno 192 palestinesi sono morti per mano israeliana, inclusi 31 bambini e bambine

di Redazione

«Le organizzazioni della Società Civile esprimono condanna e preoccupazione per gli attacchi alla popolazione civile palestinese e le palesi e continue violazioni del diritto internazionale in Palestina, per l’inarrestabile processo di colonizzazione israeliana in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, e per il blocco totale che da 16 anni Israele impone sulla Striscia di Gaza», scrivono le organizzaizoni in una nota.

«Il 2023 si sta caratterizzando come un anno di violenze senza precedenti. Dall’inizio dell’anno almeno 192 Palestinesi sono morti per mano israeliana, inclusi 31 bambini e bambine; un numero di vittime già maggiore di quello registrato in tutto il 2022.Continuano incessanti gli arresti arbitrari, anche di minorenni, e le demolizioni di strutture civili, come la scuola di Jabbet el-Deeb costruita con fondi dell'Unione Europea demolita da Israele il 7 maggio 2023.

Il 28 giugno il Consiglio di sicurezza dell’Onu, esprimendo la sua “tristezza per la morte di civili” nella Cisgiordania occupata, aveva invitato le parti a “evitare azioni unilaterali che potrebbero infiammare le tensioni”. Ma, nonostante questo, lo scorso lunedì 3 luglio 2023 Israele ha lanciato l’offensiva militare “Casa e Giardino”, a Jenin, nel nord della Cisgiordania, sotto occupazione dal 1967.

Ci troviamo di fronte alla quinta operazione militare lanciata su Jenin dall’inizio del 2023, la più dura in Cisgiordania negli ultimi 20 anni. Un attacco condotto via terra e via aria, con l’utilizzo di forze speciali, droni e cecchini, concentrata sul campo profughi di Jenin, un’area con un’altissima densità di popolazione – 14mila persone in meno di mezzo kmq.

Ad oggi, i dati diffusi dalle Nazioni Unite riportano 12 vittime palestinesi, per la maggior parte giovani, tra i quali anche 5 minori; 143 feriti – di cui 20 versano in gravi condizioni – e circa 3.500 persone sfollate a causa della distruzione o danneggiamento delle proprie case; l’ospedale al Amal di Jenin e una clinica dell’Unrwa sono state danneggiate; la distruzione delle strade e delle infrastrutture rende difficile l’accesso delle ambulanze e del personale medico e la fornitura di acque ed elettricità.

Il Segretario Generale dell’Onu, Antonio Guterres, si è detto "profondamente preoccupato per gli sviluppi a Jenin", mentre l’inviato delle Nazioni Unite per il Medio Oriente, Tor Wennesland, pochi giorni fa aveva avvertito che "se non si prendono ora misure decisive per frenare la violenza, c’è un rischio significativo che la situazione degeneri ulteriormente”. In particolare, Wennesland aveva denunciato “la continua espansione degli insediamenti israeliani nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est, che alimenta la violenza". Il governo israeliano, tuttavia, continua la sua opera di colonizzazione. A giugno ha infatti approvato un piano per la costruzione di ulteriori 5.000 unità abitative in Cisgiordania, dove già vivono oltre 700mila coloni israeliani. Anche l’intergruppo per la pace tra Palestina e Israele del Parlamento italiano si è espresso chiedendo “un incontro urgente al Ministro degli esteri, Antonio Tajani, affinché l’Italia assuma una posizione chiara” poiché “non sono ammissibili silenzi di fronte alle costanti violazioni dei diritti umani in Palestina"».

«In quanto organizzazioni umanitarie», continua la nota, «condanniamo fermamente l’uso sproporzionato della forza su zone altamente abitate, gli attacchi agli ospedali e alle infrastrutture civili, gli attacchi deliberati ai giornalisti e al personale medico e paramedico, nonché l'aumento delle restrizioni al movimento, gli arresti arbitrari e l'uso di forza contro i civili palestinesi. In questo contesto, siamo anche estremamente preoccupati dal taglio di fondi destinato alla cooperazione internazionale in Palestina recentemente prospettato dal nostro governo, che rischia di minare fortemente la capacità delle OSC di rispondere a queste situazioni di emergenza. Tuttavia, l’assedio del campo profughi di Jenin è solo l’ultima di una serie di provocazioni sempre più gravi che il governo israeliano e i coloni stanno praticando da mesi sul territorio occupato, nel silenzio della comunità internazionale. Mentre i morti palestinesi aumentano, la risposta internazionale alle gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale di cui siamo testimoni continua a tardare. E’ ormai evidente che finché non si metterà fine all’occupazione militare e i responsabili non saranno chiamati a rendere conto delle proprie azioni, gli attacchi e le uccisioni ai danni dei Palestinesi nei territori occupati continueranno».

«Pertanto ci appelliamo alle istituzioni italiane affinché: agiscano in ogni sede possibile per la cessazione delle violazioni del diritto internazionale nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania compresa Gerusalemme Est; agiscano per fermare la costruzione di nuove colonie in Palestina e a difesa delle infrastrutture costruite grazie ai fondi erogati dalla Cooperazione Italiana; richiedano l’intervento dei meccanismi di giustizia internazionale, tra cui la Corte Penale Internazionale, e che Israele conceda immediato accesso ai territori palestinesi occupati ai meccanismi delle Nazioni Unite incaricati di documentare e indagare le violazioni del diritto internazionale, tra cui la Commissione di Inchiesta stabilita nel 2021 e la Relatrice Speciale per le violazioni dei diritti umani nei territorio palestinese occupato da Israele nel 1967 nominata dal Consiglio per i Diritti Umani e aprano un immediato tavolo di confronto con le organizzazioni della società civile impegnate in Palestina, a garanzia dello storico impegno italiano nell’area e dell’importanza strategica che la Palestina ha per la nostra Cooperazione»

Le realtà firmataire dell'appello: Piattaforma delle OSC italiane in Medio Oriente e Mediterraneo; Associazione delle Organizzazioni Italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (AOI); Coordinamento Italiano Network ONG Internazionali (CINI) e Società Civile per la Palestina

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