Non profit
L’emofilia fa meno paura
Tavola rotonda sulla patologia che oggi in Italia colpisce 8mila persone
di Redazione
Malattia poco conosciuta, in passato lasciava il segno nella vita dei pazienti: oggi l’emofilia, grazie agli sforzi trentennali nel campo delle terapie, fa meno paura. «L’emofilia è una malattia rara del sangue che da luogo a emorragie. La colpa è della carenza di alcune proteine che servono per arrestare questi fenomeni – spiega Pier Mannuccio Mannucci, direttore scientifico del Policlinico di Milano – la profilassi, ovvero la prevenzione delle emorragie con una somministrazione regolare dei fattori della coagulazione, ha fatto sì che che la vita media dei pazienti, quasi 8.000 in Italia, sia arrivata oltre i 70 anni, praticamente come le persone sane».
Quello di Mannucci è uno degli interventi che si sono succeduti alla tavola rotonda “La profilassi nel paziente emofilico in Italia: conviene?” organizzata a Roma grazie al contributo di Baxter. Una ‘full immersion’ dedicata alla patologia a cui hanno partecipato specialisti e rappresentanti delle associazioni: Federazione delle associazioni emofilici, (Fedemo) e l’Associazione italiana centri emofilia (Aice). «In passato gli emofilici soffrivano di gravi emorragie, soprattutto muscolari e articolari, che alla lunga determinavano gravi handicap – prosegue l’ematologo – questo però accadeva negli anni ‘70, attualmente la situazione è cambiata radicalmente in Italia e in Europa. Sono stati resi disponibili, per via endovenosa e iniettabilie in maniera molto semplice, i fattori che mancano ai pazienti per la coagulazione e che stanno dietro alle varie forme di emofilia». Il passo in avanti nelle cure, ricordato da Mannucci, ha permesso anche ai 50 centri specializzati distribuiti sul territorio, di avere armi idonee come la profilassi, una somministrazione regolare dei fattori della coagulazione. «Oggi i progressi della medicina contro l’emofilia si chiamano biotecnologie o la produzione di farmaci con le tecniche del Dna ricombinante» afferma l’esperto, aggiungendo: «In futuro ci si può aspettare un miglioramento nella solidità delle conquiste, un azzeramento degli effetti collaterali e poi la guarigione. Purtroppo questi fattori della coagulazione oggi richiedono l’infusione a giorni alterni con tutti gli inconvenienti del caso, ad esempio per i bambini. Ma si stanno già sperimentando somministrazioni una volta a settimana. Non solo. Si punta anche – conclude – a permettere la riduzione numerica delle iniezioni e poi la sfida è sviluppare un farmaco somministrato per bocca. Siamo ancora lontani, ma la strada è tracciata».
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