Salute

“L’emergenza si sposta a Est”

Così Vittorio Agnoletto alla Conferenza Mondiale sull'Aids che si terrà a Vienna fino al 23 luglio

di Joshua Massarenti

Calo degli aiuti, sperpero eccessivo dei fondi, propagazione del virus in Europa centrale e in Asia centrale, necessità di anticipare la fase iniziale della terapia. Ecco i temi principali su cui si sono finora confrontati i 20mila delegati giunti ieri a Vienna per inaugurare la diciottesima Conferenza internazionale sull’Aids. Tra loro, l’ex presidente e fondatore della Lega italiana per la lotta all’Aids (LILA), Vittorio Agnoletto, che per tutta la durata della conferenza offrirà ai lettori di Vita.it giudizi e opinioni su uno degli eventi sociali più attesi dell’anno. Ecco la sua prima testimonianza:

Partiamo dalla realtà, che è lungi dall’essere rassicurante.Secondi i dati più recenti diffusi da UNAIDS, nel mondo ci sono 33,5 milioni di sieropositivi, tra cui 22,5 milioni vivono in Africa sub-sahariana. Nel 2009, sono morte 2 milioni di persone e nel 75% dei casi i decessi si sono verificati nel continente africano.

La scelta di Vienna come luogo della conferenza non è casuale: la capitale austriaca è storicamente una città di frontiera tra l’Occidente e l’Oriente. Ora, negli ultimi anni l’Europa centrorientale e l’Asia centrale sono nel mondo le regioni dove il virus dell’Hiv si sta diffondendo con maggiore velocità, soprattutto tra i giovani.

La via prioritaria di diffusione è l’uso promiscuo di siringhe, il che fa dei tossicodipendenti la categoria sociale più colpita. Il fenomeno è stato oggetto di grande attenzione durante la plenaria di apertura di ieri sera. Una plenaria nel corso della quale è stato chiesto ai governi di modificare le loro strategie di prevenzione dell’Hiv. Oggi aall’interno dell’Unione Europea, ci sono due quadri totalmente differenti della propagazione del virus. Mentre in Europa occidentale la diffusione dell’Hiv si è stabilizzata – a titolo di esempio in Italia abbiamo circa 4mila casi di nuova infezione all’anno -, nell’Est europeo la situazione è diventata con il passare degli anni molto più drammatica.

Oltretutto, in questi paesi non esiste una panoplia di terapie così ampia come quella disponibile nei paesi dell’Europa Occidentale. A dimostrazione della responsabilità dei governi nel prevenire la malattia, il caso dell’Ucraina dovrebbe farci riflettere. Nell’ultimo anno, il governo ucraino ha attivato delle politiche di riduzione del danno verso i tossicodipendenti e il tasso di incidenza è fortemente diminuito.

Oltre la trista novità registrata dall’Europa dell’Est e dall’Asia, l’Africa è di nuovo tornata alla ribalta con un fenomeno molto preoccupante: la crisi del Global Fund. Quando Kofi Annan lanciò nel 2001 il Fondo Globale per la Lotta all’AIDS, TBC e Malaria dichiarò che per porre sotto controllo l’epidemia sarebbero necessari dai 10 ai 15 miliardi di dollari all’anno; da allora in nove anni ne sono stati raccolti 13.

E con la crisi le donazioni dei Paesi ricchi sono destinate a diminuire al punto di mettere in forse il finanziamento 2011. In questo contesto si distingue l’Italia che deve ancora versare tutta la quota del 2009 e quella del 2010, 260 milioni di euro totali, ai quali si aggiungono i 30 milioni di euro promessi dal presidente del Consiglio durante il G8 di L’Aquila. A fare le spese dei tagli budgetari e delle promesse non mantenute sarà soprattutto l’Africa.

Altro fenomeno è la mancanza di accesso alle terapie. Fino ad ora si diceva che nel mondo circa sei milioni di persone sieropositivi non potevano accedere alle cure. Dalla sessione plenaria, è stato delineato uno scenario ancor più drammatico che colpirebbe almeno dieci milioni di sieropositivi. Uno studio recente realizzato in Canada dimostrerebbe che se le terapie venissero somministrate nella fase iniziale dell’infezione – cioè molto prima da quanto è previsto oggi dalle linee guida internazionali che sono poi quelle applicate in Italia – si otterrebbero due fatti positivi: da un lato un ulteriore rallentamento dell’evoluzione della patologia, dall’altro una forte diminuzione della possibilità da parte delle persone in terapia di trasmettere l’infezione. A Vienna il problema di sapere quando iniziare la terapia in fase avanzata sarà al cuore del dibattito scientifico.

Detto questo, quanto annunciato poco prima non significa minimamente che le persone sieropositive che iniziano la terapia in fase precoce possano evitare di utilizzare il profilattico, perché comunque inon annulla il rischio di trasmissione del virus.

La questione della fase precoce dell’inizio delle terapie sta portando a modificare l’approccio complessivo all’Aids da parte dell’International AIDS Society (IAS). Basta investire prima in terapia e poi nella prevenzione, o viceversa. Oggi il virus va affrontato con una strategia globale, e cioè su entrambi i terreni. Anche perché una terapia in fase avanzata svolge in qualche modo una funzione preventiva che abbassa la probabilità di diffusione del virus.

Non a caso, tutti hanno salutato l’intervento del presidente dell’IAS, Julio Montaner, che durante la plenaria ha definito il vantaggio della terapia iniziale per le tre P: People, per la collettività; Personal, per l’individuo; Pocket, per il portafoglio, perché diminuendo le nuove infezioni si diminuisce la spesa generale.

A Vienna, l’associazionismo locale e internazionale ha poi contestato le politiche di molti governi. Questo sia per quanto riguarda l’accesso limitato alle terapie in molti paesi che per le discriminazioni registrate contro gli omosessuali. In plenaria è stato presentato uno studio scientifico secondo il quale 80 nazioni praticano politiche discriminatorie nei confronti degli omosessuali. Ora, lo stesso studio ha rivelato che laddove queste politiche non sono applicate, il tasso di incidenza dell’Aids va in calo. E’ la prima volta in assoluto che questo fenomeno viene dimostrato con dati scientifici e inconfutabili.

Altro dato interessante balzato agli onori della cronaca è stata la chiara volontà da parte delle associazioni di appellarsi alle fondazioni per rafforzare la lotta contro l’AIDS. Anche qui è la prima volta che una cosa del genere accade in una conferenza mondiale sull’AIDS. Cosa ancor più sorprendente, a Vienna si è scoperto che alcune fondazioni hanno gli stessi problemi che i governi o le agenzie multilaterali. Lo ha ricordato stamane Bill Clinton, che dopo aver invitato gli Stati a non abbassare la guardia nella lotta anti-AIDS, ha chiesto alle fondazioni di fare un pò di autocritica sulla gestione a volte poco efficiente degli aiuti. “Dobbiamo diminuire il costo degli aiuti” ha detto il presidente della Clinton Foundation. “Ci sono troppi paesi in cui troppi soldi finiscono nelle tasche di troppe persone che si recano in troppe riunioni e che fanno troppi viaggi per prestare troppe assistenze tecniche”.

Concludo rapidamente con altre due iniziative interessanti: la prima riguarda il rilancio dell’idea di una Robin Hood Tax, ovvero una tassa sulle transazioni finanziarie che stamane è stata oggetto di una riunione molto interessante. La seconda chiama in causa gli accordi di TRIPS e gli Accordi di partenariato economico (EPAs) che l’Unione Europea vuole imporre ai paesi ACP e che potrebbero avere conseguenze pesanti nella lotta all’Aids in molti paesi poveri. Un tema cruciale su cui mi dilungherò domani.

Testo raccolto da Joshua Massarenti

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