«Ci sarò perché devo imparare qualcosa, mica insegnare!». Il Lella Costa-pensiero su Educa è improntato all’ascolto e «allo scambio di esperienze», assicura. Presente nella sessione «Appassionare», dove presenterà la sua “quasi autobiografia”, La sindrome di Gertrude (Rizzoli), la Costa è un’artista e una mamma molto vicina ai temi e al dibattito sull’educazione.
Vita: Cominciamo con il declinarla.
Lella Costa: In un’occasione come questa si deve arrivare a parlare di educazione come confronto, come espressione di dubbio. Mi lasciano perplessa i genitori che ostentano una “sicurezza educativa”: «Sui miei figli metterei la mano sul fuoco». Non credo che sia l’atteggiamento giusto. Penso che esprimere francamente i nostri dubbi e le nostre paure e avere l’occasione di scambiare esperienze sia un atteggiamento più costruttivo.
Vita: Il tema di quest’anno è «Diritti e Rovesci». Difficile pensare che i nostri figli sperimentino qualche “rovescio”, qualche violazione dei diritti.
Costa: C’è un malessere pesante che attraversa anche l’Occidente e dunque non possiamo sentirci estranei a questo problema. Poi, se vogliamo prendere in considerazione la nostra realtà sociale, bisogna ammettere che esistono anche forme più sottili di violazione dei diritti.
Vita: Ad esempio?
Costa: L’appiccicare dei modelli mi pare una lesione piuttosto grave. Basta pensare alla pubblicità, che li tratta come consumatori di merci e di affetti. La loro perfezione di bambini viene compromessa da cliché adulti, disturbanti. Mi sembra spaventosa, ad esempio, la deriva nell’uso dei telefonini. Sono una chiara violazione della loro purezza e intimità, quasi fossero risucchiati in un rituale comune che rappresenta, poi, una fuga dalle relazioni vere. E forse su questa fuga dalle relazioni noi adulti dovremmo essere i primi a interrogarci?
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