Economia
Lehman, radiografia di un crack
Tutti i giornali di oggi dedicano grande spazio al fallimento della grande banca. E ora l'onda del disastro fa tremarte anche numerose aziende italiane per le quali la Lehman aveva sottoscitto dei bond. Il Sole spiega quali sono le più esposte
Ci riguarda. Ancora non sappiamo esattamente quanto, ma è comunque grave la conseguenza del fallimento della banca d’affari Lehman Brothers. E infatti i giornali oggi in edicola dedicano ampio spazio all’argomento.
Il Sole 24 Ore si tuffa nella notizia del giorno (otto pagine). Apertura densa di cifre, da capogiro: 613 miliardi di dollari di passivo per Lehman, 825 miliardi di dollari bruciati dalle Borse dopo la notizia del crac. Interessante però notare come dall’affossamento di Lehman è nato un nuovo colosso mondiale, formato da Bank of America che ha rilevato Merrill Lynch con 50 miliardi. Si tratta della più grande fusione dell’anno nel settore finanziario e della quinta dal 2003, quando ancora Bank of America fu protagonista di un’altra acquisizione record. E in Italia? Un impatto ci sarà, ammette il Sole, pur dando spazio alle rassicurazioni di Bankitalia che scommette su conseguenze limitate. Intanto, ecco i nomi delle aziende nostrane creditrici di Lehman: si va da Finmeccanica a Telecom, da Eni a Enel. Tuttavia il problema maggiore che contagerà tutto il mondo, Italia compresa, è quello dei derivati: l’effetto domino potrebbe colpire chi aveva stipulato derivati proprio per difendersi da un eventuale insolvenza delle obbligazioni emesse da Lehman Brothers. Ora, gli “assicurati” andranno a chieder ai vari “assicuratori” di risarcirgli i danni, quindi di avere denaro contante in cambio delle obbligazioni Lehman, oggi carta straccia. E qui non si parla più di una manciata di aziende: Lehman aveva in giro obbligazioni per 613 miliardi di dollari, che ora banche e assicurazioni dovranno tirare fuori. Ancora, tra le aziende più esposte si fa il nome di Telecom, che solo tre mesi fa si servì di Lehman per un’emissione obbligazionaria da 2 miliardi di dollari. Infine, per risparmiatori ed esperti c’è una paginata densa di nomi di polizze agganciate proprio alle obbligazioni ora in default. Tra i tanti nomi spiccano: Mediolanum Vita, Unipol, Aurora e anche Bcc.
“America, il grande crack”. Titolo breve su la Repubblica per il fallimento di Lehman Brothers. La cronaca dell’inviato Vittorio Zucconi è del resto molto chiara: “Incubo americano a Wall Street, il regno del capitalismo globale vacilla”. Creata 158 anni fa, la banca aveva resistito al crollo del 29 e a molte traversie. Prima del crollo aveva un portafoglio nominale e un valor edi mercato superiore ai 500 miliardi di dollari. Lascia a casa 27mila dipendenti. Negli anni 90 si era lanciata sulla nuova frontiera dei mutui immobiliari e di strumenti finanziari come hedge funds e derivati.
«Questi eventi terrificanti sono insieme l’eccezione e dunque la regola che domina il respiro di una nazione che sa, per esperienza amara ma lunga, di dover pagare il prezzo dei propri eccessi, prima di bonificarsi e poi ripartire verso altri eccessi». L’amministrazione Bush, dopo aver salvato le due precedenti banche, è stata costretta a chiamarsi fuori; «il mercato della liquidità, del credito, commenta Zucconi, è paralizzato dal terrore» (non tutto, come spiega un box: Bank of America ha comprato la Merrill Lynch per 50 miliardi, è stato ufficializzato ieri). Ora si aspetta la nuova presidenza per capire se tenterà di mettere ordine nel caos.
Mario Calabresi racconta il crollo da un altro punto di vista: “Cala il sipario sui golden boys «I nostri sogni in uno scatolone»”. Ovvero le cassette nelle quali i dipendenti della banca hanno messo le loro cose. Il giornalista ha parlato con alcuni dipendenti. Hanno perso anche cifre importanti, specie quelli pagati in parte con bonus che non arriveranno mai… Più interessante l’intervistina a Peter Cohen, ex ceo della banca: “La Federal reserve ha scelto di farla finire in bancarotta”. Un titolo che più chiaro non si può: «È stato un errore di valutazione: la situazione della Lehman era meno drammatica di quella della Bear Sterns. Lì era chiaro: erano finiti i soldi. Qui nessuno riusciva a capire l’ammontare delle perdite. I titoli “tossici” del Real estate erano 33 miliardi sabato e sono diventati 80 domenica. Altre voci non si capisce ancora quanto pesino. In queste condizioni un salvataggio era arduo. All’ultimo, quando ha capito che era finita, probabilmente la Fed ha fatto una valutazione: il sistema finanziario potrà assorbire questo colpo».
Ai contraccolpi per la situazione italiana, Repubblica dedica altre due pagine: “Bankitalia: da noi danni limitati. Draghi a consulto con i banchieri Ue” (nel pezzo, Elena Polidori raccoglie le rassicurazioni d’obbligo provenienti da Draghi, da Confindustria, da Tremonti). “Obbligazioni, polizze e titoli strutturati ecco cosa rischiano i risparmiatori”: è il titolo del vademecum a cura di Vittoria Puledda. Il problema è che potrebbero esserci prodotti strutturati dentro gestioni collettive, fondi, cartolarizzazioni e bond, e questo all’insaputa dei clienti. Elio Lannutti, presidente Adusbef, si chiede: «In un mercato così globale, come si fa a dire che l’Italia non sarà toccata, che non ci sarà contagio?».
Il commento è di Federico Rampini, “Reazione a catena” (in prima e a pagina 29): fa il punto della lunga e strisciante crisi. 100mila posti di lavoro perduti in tutto; grandi spostamenti di capitali (con banche che ne salvano altre, pagandole la metà). «L’Europa non è al riparo… I germi della malafinanza sono ovunque e hanno già seminato danni in Europa»; «i consumatori Usa, già i più indebitati del mondo, sono come centinaia di milioni di piccole banche malate, costrette a tappare precipitosamente i buchi di bilancio».
La Stampa, oltre a riportare le cifre e la cronaca degli avvenimenti finanziari che riguardano il crack Lehman, sceglie di aprire una finestra sul dramma dei licenziati. Massimo Gramellini in un bel fondo in cui si scusa «per la sbandata sentimentale»commenta la tante foto uscite oggi degli impiegati (ex) che escono dagli uffici Lehman portando una scatola con i loro effetti personali. Nota Gramellini che se inglesi e americani sono abituati a queste scene, noi ancora no: «noi guardiamo quella scatola di cartone e ci sembra che parli. Racconta la storia di un uomo o di una donna che vennero assunti da una grande azienda – solida, solidissima – e per prima cosa recitarono la loro piccola porzione di rispettabilità, personalizzando la scrivania (…) la foto dei figli, la targa sportiva vinta al liceo…», poi il capo chiama e comunica il licenziamento, ed ecco che la scatola si riempie: «Inutile chiedersi come fanno i licenziati ad avere una scatola ogni volta a portata di mano. È sempre la stessa, fa parte del presepe (…) simbolo di quella precarietà da sfollati esistenziali che qualcuno, di solito ricco e inamovibile, si ostina a chiamare progresso». Forse a New York è andata ancora peggio, perché se almeno gli inglesi se lo sono sentiti dire di persona, a 10mila americani impiegati della Lehman il messaggio è arrivato sul telefonino, e oltretutto di domenica: «Domani l’ufficio chiude, andate a prendere le vostre cose».
“Il crac di Lehman travolge le Borse”. Così apre il Corriere della Sera di oggi che dedica al fallimento più grande della storia anche l’editoriale di Massimo Gaggi sotto il titolo “E la crisi spinge McCain”. Scrive Gaggi: «delle 5 grandi banche d’affari di Wall Street solo due rimangono oggi in piedi e con una loro autonomia: Goldman Sachs e Morgan Stanley. È la fine di un’era, ma nessuno ha ancora le idee chiare sui futuri assetti del mondo del credito. Dal canto suo il ministro del tesoro Henry Paulson ha costretto il sistema creditizio a non adagiarsi su una linea di occultamento e rinvio dei problemi come quella seguita negli anni 90 dai banchieri giapponesi. Quella miopia costò al paese asiatico un decennio di stagnazione. Stavolta la cura è più rude (demolisce banche, cancella migliaia di posti di lavoro, ridimensiona New York e le altre piazze finanziarie), ma può accelerare i tempi della ripresa. Quanto alla corsa alla Casa Bianca – ragiona Gaggi – chiudendo (per ora) la partita dei salvataggi fatti coi soldi del contribuente, il ministro di Bush ridà fiato, a 50 giorni dal voto, alla campagna elettorale di John Mccain i cui continui richiami al liberismo economico e al mercato rischiavano di apparire velleitari davanti alle nazionalizzazioni a tappeto dell’amministrazione repubblicana uscente». Intanto a Piazza affari, informa il Corriere, è giallo su azioni e obbligazioni Lehman Brothers che potrebbero essere finite nei portafoglio degli investitori italiani. In particolare l’attenzione si concentrerebbe su Unicredit. Ma già ieri l’ad Alessandro Profumo si è affrettato a chiarire che «la nostra esposizione è assolutamente limitata».
Copertina e pagg. 6 e 7 per il Giornale. “Lehman, crac da 640 miliardi ma l’Europa non sarà travolta” . Nicola Porro fa un’analisi del “più grande fallimento avvenuto negli Stati Uniti”. Sottolinea la differenza fra le banche americane che sono aziende private e sono lasciate fallire a differenza di quelle europee. Porro cita il Wall Street Journal secondo cui “le banche europee appaiono in buona forma. Anzi quattro, tra cui Unicredit, potranno approfittare dello spazio di mercato che si crea”. Alle pagine 6 e 7 un box di spalla indica le varie tappe dei 15 mesi di tempesta mutui, dal giugno 2007 a ieri. C’è anche la storia dei fratelli Lehman che fondano un banca nel 1850 e che dal 1950 diventa socia di Cuccia.
Su Lehman Brother le pagine 2-3 de il manifesto con un articolo di Galapagos, che dice che ora a rischiare grosso c’è un altro colosso, Aig, gigante delle assicurazioni “presa di mira dalla speculazione e dalle vendite allo scoperto degli hedge fund”. “Ora si sussurra che sia pronto a intervenire il più grande assicuratore mondiale, il finanziere Warren Buffet, che già possiede la Berkshire Hathaway”. Quindi non solo filantropia per il buon Buffet…
Dopo le prime 8 pagine dedicate al viaggio del Papa in Francia, Avvenire si occupa di Lehman a pag. 9. Intervista a Andrea Viganò, di BlackRock: «Le premesse sono ben note: diversi anni consecutivi di forte crescita economica ed eccessiva liquidità hanno causato un netto aumento dei prestiti, elargiti a condizioni spesso troppo generose».
E inoltre sui quotidiani di oggi:
SCUOLA
Il Giornale – foto di copertina ( scuola Daneo di Genova) con maestra con cappello d’asino e grembiule nero a pagg. 8 e 9 gli interventi che commentano la protesta di ieri. Tra questi Carla Piras una insegnate precaria che è contraria e dice «è una protesta sulla pelle dei bambini. Così si trasmette solo insicurezza». E il restroscena: “Dietro la protesta la preside di Sinistra arcobaleno”. Sarebbe Simonetta Salacone, candidata e non eletta.
RAZZISMO
Il Giornale – pag. 10 e 11 Milano razzista? Macchè, è straniera un’impresa su 4. Nicola Forcignanò parte dai dati: gli stranieri regoalri sono 175.828 mentre nel 2001 erano 91.989. Continua: “si può chiamare xenofoba una cttà che ha offerto a 12.681 stranieri l’occasione per apriore un’attività.
Il manifesto – Intervista a Pap Khouma, scrittore di origine senegalese, in merito all’aggressione di domenica a Milano, che attacca la politica: «Qualcuno forse ha dimenticato la campagna elettorale impostata sul tema della sicurezza e sugli stranieri che la metterebbero a rischio? È logico che prima o poi qualcuno si senta legittimato a comportarsi così. Ma i veri responsabili vanno cercati altrove. Sappiamo che per anni la Lega di Bossi ha campato di rendita sulla xenofobia, ma certi atteggiamenti oggi vengono scimmiottati anche dal Pd.»
La Repubblica – Due pagine dedicate ancora alla assurda morte di Abdoul e al racconto di Daniel: “Due anni di insulti sul lavoro licenziato perché sono di colore”. A Lecco, operaio regolare. Stanco di essere regolarmente insultato, è andato in tribunale dopo che qualcuno gli ha distrutto l’armadietto. Risultato: l’azienda lo ha licenziato. Nelle pagine milanesi c’è un’intervista a Stefano Boeri: “Boeri: «Sparito il controllo sociale va ricostruito il tessuto di relazioni»”. A Rodolfo Sala, Boeri spiega la diminuzione della rete di controllo e delle occasioni di socialità e di conoscenza reciproca. «Il razzismo rappresenta una formidabile valvola di sfogo, ma dentro un clima di generale impazzimento».
SICUREZZA
Corriere della Sera – pag19. Dopo il caso di Milano il Censis rende pubblica una ricerca sulle metropoli più impaurite. In testa alla classifica c’è Roma, dove il 58% degli intervistati si dice «incerto o timoroso» della vita e gli anziani (36,7%) sorpassano i giovani (31,8%) per ottimismo. Commenta De Rita: i soldati per le strade alimentano l’idea di insicurezza.
ELUANA
Avvenire – Pagina 14. Il sottosegretario Roccella annuncia una commissione di esperti per stilare un documento tecnico sugli stati vegetativi e di minima coscienza. Si farà un censimento dei malati, per arrivare poi a un vero registro degli stati vegetativi. Secondo Roccella la sentenza su Eluana è sbagliata “perché parla di irreversibilità”. Secondo Roccella, invece si deve parlare di “coma persistente e non permanente”. “Sarebbe grave dare attuazione a quel decreto: per la prima volta un cittadino italiano non potrebbe esaurire i gradi di giudizio. A proposito di Eluana, la prossima tappa è un’udienza della Corte d’Appello il 24 che dovrà stabilire se potrà esser accolta la richiesta di sospensiva del provvedimento con il quale i giudici hanno autorizzato nello scorso luglio l’interruzione dell’alimentazione per Eluana. Nei giorni scorsi il giudice Roberto Pallini aveva detto no alla procedura d’urgenza chiesta dalla pg Antonietta Pezza. Un labirinto giuridico e giudiziario, ormai…
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