Cultura e salute
Leggere è una cura: storia di una biblioteca nata dentro un ospedale
A Orbassano, nella prima cintura di Torino, dentro l'ospedale San Luigi Gonzaga una biblioteca pubblica mette libri e giornali a disposizione di pazienti, operatori sanitari e anche semplici cittadini. Dall'intuizione di un regista teatrale, le parole entrano tra le corsie anche sotto forma di letture e incontri con gli autori
Un libro è quello spazio sospeso in cui immergersi quando fuori piove e serve un riparo dentro le vicissitudini di qualcun altro. Lo diceva Umberto Eco, convinto che leggere fosse il passepartout per attraversare una pluralità di vite, lo scriveva la poetessa Emily Dickinson, l’ha dichiarato la giornalista Cecilia Sala dopo la sua detenzione a Evin: «La cosa che più volevo era un libro, la storia di un altro».
Leggere è una cura. A Orbassano, ospedale San Luigi Gonzaga nella prima cintura di Torino, è molto più che una convinzione. È un progetto che è cresciuto fino a portare tra le corsie dei reparti pagine di letteratura, attori, autori. Oggi, nell’azienda ospedaliera universitaria, c’è persino una biblioteca.
Il punto di partenza
Un nome, un cognome e una cartella clinica. Il nome è quello di Renzo Sicco, direttore artistico di Assemblea Teatro, una compagnia che ha casa a Torino e cuore nel mondo. Ha portato spettacoli in una miniera divenuta museo e sulle sponde dell’oceano in Portogallo, ha messo in scena i giovedì delle Madres di Plaza de Mayo e il funerale di Pablo Neruda. Dalle innumerevoli pagine che ha portato sul palco, sono nati sodalizi solidi come quello con lo scrittore cileno Luis Sepulveda. In questo caso, però, la scintilla creativa nasce da una diagnosi, un percorso di cura, un ricovero. «Nell’agosto 2016 mi hanno diagnosticato un tumore», racconta. «È stato un duro colpo. A dicembre sono stato ricoverato e operato e soltanto nell’anno nuovo ho avuto il responso, il tumore era stato asportato e non avevo metastasi. Ero stato salvato sull’orlo del precipizio, c’era di cui gioire ma non ci riuscivo. Il giornalista Mimmo Candito, nel suo bel libro 55 vasche in cui racconta da reporter di guerra la sua personale guerra con il tumore, scrive: “Anche chi guarisce dal tumore, difficilmente cancella il disagio di quella notizia e di tutto il turbamento che ha prodotto in lui”. Di quei giorni ricordo il vortice di pensieri tra malattia, dolore, morte, che mi giravano in testa. Nel letto d’ospedale era peggio. Mi rimbalzavano addosso, oltre ai miei dubbi e alle mie tensioni, anche quelli del vicino di stanza e dei miei parenti».
A un certo punto, Sicco intercetta una libreria: «Era nella sala comune dei visitatori. Posizionata a terra, molto scomoda per un malato con i tubi della flebo e il catetere, ma ho provato comunque a cercare lì una via di fuga. C’erano libri come quelli che finiscono in cantina ad ammuffire, ma l’idea era giusta. Allora, ho chiesto aiuto ad amici scrittori. In poche settimane ho riunito 300 libri di notevole qualità. Ho proposto ai medici di regalarli al reparto. Ci siamo accordati per un totale di 100 libri dentro a un particolare espositore, una piccola libreria di dimensioni e materiali adeguati. Ne abbiamo realizzate tre. In quella occasione ho conosciuto il professor Pier Maria Furlan. Gli piaceva la mia idea e voleva realizzarla in grande. Ovvero, dato che sapeva si sarebbero svuotati i locali del vecchio Pronto soccorso, realizzarci una biblioteca d’ospedale che tutti potessero utilizzare».
Una biblioteca dentro l’ospedale
Dal 2019, quella biblioteca così a lungo sognata è realtà. Dedicata al professor Furlan, è gestita dall’associazione San Luigi e inserita nella rete del sistema bibliotecario area metropolitana Sbam. Le biblioteche civiche di Torino stanno diventando un modello di esperienza viva e partecipata (ne abbiamo scritto qui): due ambulatori di pediatri di libera scelta sono stati trasferiti nelle biblioteche civiche Luigi Carluccio e Primo Levi, trasformando l’esperienza dell’attesa del proprio turno in un’opportunità educativa e culturale. Nel caso del San Luigi, è l’ospedale ad aprire le porte a una biblioteca.
«Mettiamo a disposizione di pazienti, parenti e dipendenti 4mila volumi e oltre 1,7 milioni di libri da scegliere dal catalogo di 65 biblioteche del circuito che si possono ordinare e ricevere in pochi giorni», spiega la referente Annamaria Costantino. «Grazie alla direzione generale dell’ospedale con cui lavoriamo in sinergie e ci concede gratuitamente gli spazi, vi possono accedere pazienti, dipendenti dell’ospedale, ma anche semplici cittadini della zona. L’associazione presieduta dal dottor Emanuele Davide Ruffino sostiene con fondi propri il costo di un fattorino che il mercoledì pomeriggio ritira e porta i libri ordinati da altre biblioteche».
Uno spazio vivo, dove i dipendenti possono prendere a prestito dei libri o concedersi una pausa, e dove i parenti sostano durante le attese. «Abbiamo attivato anche un servizio per portare i libri direttamente al letto del paziente. Con l’ausilio di tablet, diamo la possibilità di leggere i giornali». Un’esperienza che è ancora un’eccezione in Italia (una sperimentazione era stata effettuata dentro al Policlinico di Tor Vergata a Roma): «Da un’indagine che avevamo effettuato qualche anno fa, ci risultava che fossimo tra le prime biblioteche pubbliche dentro un ospedale».
«La parola salva. Non ti libera, ma salva»
Che cosa rappresenta la lettura durante il periodo del ricovero? È ancora Sicco a rispondere: «Il giorno prima di essere ricoverato ho ricevuto un regalo, un libro dello scrittore Gabriele Romagnoli. Si intitolava provvidenzialmente Coraggio e mi ha accompagnato in maniera salvifica a fuggire dal vortice che ho descritto prima. Un vero segnale».
L’impegno civile è una delle fondamenta di Assemblea Teatro, che proprio in nome di quell’impegno è riconosciuta dal ministero per i Beni e le Attività culturali quale Teatro stabile di Innovazione per la Ricerca e la Sperimentazione. Come si trasforma un’esperienza individuale in un progetto a servizio della comunità? «Ero un malato ma ero pur sempre un operatore culturale che crede nel valore salvifico della cultura e soprattutto della parola», continua Sicco. «Ho lavorato molto in Sud America attorno al tema dei diritti umani. Ho conosciuto ex detenuti politici sopravvissuti alla brutalità della dittatura e quando ho avuto il coraggio di chiedere ad alcuni di loro “come hai potuto sopravvivere alle umiliazioni, alle torture, alle brutalità bestiali della dittatura?”, quasi tutti mi hanno risposto “mi hanno salvato un libro, una canzone, delle parole che ripetevo nella mia mente”. La parola salva. Non ti libera ma salva. Ho pensato che avevo autori che mi offrivano libri e brani, mentre i miei attori mi offrivano voci unitamente al loro coraggio di entrare in una corsia di ospedale per leggere non per un pubblico in sala ma per persone che soffrivano, anche terminali. Ero vivo e potevo aiutare, non farlo sarebbe stato un atto egoistico».
Leggere è una cura (anche per gli attori)
Il progetto “Leggere è una cura” esiste da cinque anni, ha superato anche la fase della pandemia «e spero possa trovare nuove attenzioni per crescere». Assemblea Teatro ha portato tra le corsie del San Luigi in lettura per pazienti e visitatori almeno una cinquantina di libri, narrati da una ventina di voci differenti: «mi fa piacere che ultimamente si siano prestati alla lettura alcuni giovanissimi. È importante far capire alle nuove generazioni che il lavoro d’attore non è soltanto la ricerca del successo in teatro, non è soltanto una trasmissione televisiva o una soap opera, ma anche l’intimità del rapporto uno a uno (può succedere in ospedale), l’attenzione al turbamento dell’altro, il piacere di sentire rinascere il sorriso. Inoltre sono venuti con noi in corsia una decina di autori disposti a partecipare a un incontro davvero insolito».
Ascoltare un libro dentro un ospedale è un’emozione che ti resta dentro. «Mi colpiscono le lacrime degli uomini», confida Sicco. «Le donne sanno entrare senza fatica nel gioco, per gli uomini la risposta alla malattia deve risultare comunque forte, dura. Uno spazio di questo tipo alleggerisce e libera le loro sensibilità e apre il cuore, alcuni si liberano fino alle lacrime. Non tutti e non tutte le volte, ma quando accade mi emoziona molto».
Fotografie fornite dall’associazione San Luigi Gonzaga
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