Non profit

Legge sulla cittadinanza. Alla fine anche la Lega si convincerà

Dalle Acli arriva una proposta. Parla Andrea Olivero

di Giuseppe Frangi

Ridurre i tempi a cinque anni e introdurre lo ius soli. Gianfranco Fini, invitato alle giornate di Perugia,
è d’accordo. «L’importante è definire regole chiare»C’è una ragione molto chiara nella presenza di Gianfranco Fini all’annuale incontro di studi delle Acli, a Perugia. Infatti la questione messa a tema dalla grande associazione, destinata ad essere il cavallo di battaglia dei mesi prossimi, è quella di una nuova legge sulla cittadinanza per i cittadini stranieri nel nostro Paese. Alla commissione Affari costituzionali della Camera, alla ripresa dei lavori, verrà presentata una proposta bipartisan di riforma della legge, firmata da Fabio Granata, cioè da un fedelissimo di Gianfranco Fini. Insieme a quella di Granata la proposta porta la firma di Andrea Sarrubi del Pd. Sulla questione della cittadinanza le Acli hanno messo sul tavolo una loro proposta che in molti punti si avvicina a quella Granata. E che contiene anche elementi innovativi e interessanti, in grado di smussare le scontate resistenze che la proposta incontrerà in seno alla maggioranza stessa. Ne parliamo con il presidente delle Acli, Andrea Olivero.
Vita: Quali sono i punti salienti della vostra proposta?
Andrea Olivero: Ovviamente è imperniata sul passaggio dallo ius sanguinis allo ius soli. Mantenere oggi solo lo ius sanguinis è anacronistico e folle. Ci troviamo nella situazione di non poter far diventare cittadini italiani persone nate qui con genitori ormai completamente integrati, mentre potrebbero diventare cittadini quel milione e mezzo di persone che magari non hanno mai visto il nostro Paese ma che hanno depositato le loro richieste nelle ambasciate italiane in Sudamerica. Come mi ha svelato Frattini, è solo la “calcolata negligenza” delle nostre ambasciate a fermare questo fiume.
Vita: E la vostra proposta cosa cambierebbe?
Olivero: Abbiamo pensato a un punto di equilibrio tra lo ius soli e lo ius sanguinis, perché non si può pensare che un Paese di emigrazione come il nostro elimini questo secondo diritto: possiamo limitarlo alla seconda-terza generazione. Contestualmente è necessario concedere la cittadinanza a chi è nato in Italia e allargarla anche a chi ha compiuto qui il curriculum di studi e a chi è qui da più di 5 anni.
Vita: A questo punto i numeri gonfiano. Non rischia di essere un boomerang dal punto di vista politico?
Olivero: Infatti la novità della nostra proposta sta nelle tre barriere che abbiamo pensato: quella linguistica, quella di conoscenza culturale e quella della partecipazione civile. Bisogna che gli stranieri abbiano una buona conoscenza dell’italiano, che siano consapevoli del sistema di regole su cui si fonda la vita civile, a partire dalla Costituzione, e che dimostrino anche un impegno sociale: questo è un elemento che può garantire un percorso più rapido di cittadinanza. Se si crea un elemento selettivo – e la lingua in questo senso lo è -, la cittadinanza verrà percepita come un qualcosa di valore per la propria esistenza e quindi meritevole di un impegno a tutto campo.
Vita: Nella vostra proposta avete inserito anche un livello di reddito minimo per selezionare chi richiede la cittadinanza. Non rischia di essere un elemento ingiustamente discriminante?
Olivero: Capisco la perplessità, ma è un modo per far capire a tutti quanto valore assegniamo alla cittadinanza. Che non può essere intesa come un regalo, ma deve avere come destinatari persone in condizione attiva, impegnate a frasi una vita degna nel nostro Paese. Se dobbiamo prenderci carico delle loro necessità, è giusto che dimostrino una volontà di contribuire al benessere collettivo.
Vita: Che idea si è fatto della proposta Granata?
Olivero: La giudicheremo quando verrà depositata. Per quel che si è letto, mi sembra buona. Forse è debole nella definizione dei criteri. Invece il definire con nettezza un percorso è l’elemento decisivo, anche per togliere di mezzo le obiezioni che già vengono dalla Lega.
Vita: Lei pensa che la Lega potrebbe alla fine accettare una legge così?
Olivero: Non lo so. Il ministro Maroni quando gliene parlai mi rispose con un «neanche morto». Poi però, fuori dalle dialettiche politiche, l’ho sentito ragionare in modo molto più aperto sulla questione, consapevole che il nodo va affrontato. Alla Lega dobbiamo far capire che c’è la possibilità di mettere tutte le barriere che si vogliono perché il percorso venga tracciato in modo netto. Paradossalmente si può chiedere loro di sapere la Divina commedia a memoria, ma poi non ci può essere scusa che tenga.


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