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Legge editoria: primo sequestro

Una ordinanza del tribunale di Latina conferma le possibili interpretazioni restrittive della nuova legge sull'editoria

di Carlo Gubitosa

“Il sito in esame deve essere ritenuto prodotto editoriale” anche quando questo sito non contiene informazioni, articoli o libri, ma semplicemente dei contenuti blasfemi e offensivi. E’ il primo utilizzo concreto di un “grimaldello legislativo” che oggi ha fatto chiudere, magari giustamente, un sito che offendeva Padre Pio, ma domani potrebbe dare a chiunque uno strumento per imbavagliare qualsiasi fonte di informazione alternativa in rete.

Il 7 marzo scorso, l’approvazione della nuova legge sull’editoria, la 62/2001, ha esteso alcune norme della legge sulla stampa, tra cui l’obbligo di registrazione in tribunale e il reato di stampa clandestina, anche a qualsiasi “prodotto editoriale”, definito da questa legge come “prodotto realizzato su supporto cartaceo (…) o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico (…)”, una definizione molto ambigua che di fatto ha incluso qualunque sito internet nella categoria di “prodotto editoriale”, trasformando ogni pagina web in un potenziale strumento criminale per la diffusione di “stampa clandestina”.
Per protesta contro la genericità di questa normativa, la rivista web “Punto Informatico” ha lanciato una petizione on-line, con una mobilitazione telematica alla quale hanno aderito decine di migliaia di utenti della rete italiana. Di fronte a questo imponente movimento d’opinione, l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Vannino Chiti si è affrettato a rassicurare l’opinione pubblica dichiarando all’agenzia ASCA che la legge “non impone alcun vincolo aggiuntivo (..) per i siti Internet; neppure per i siti Internet che fanno esclusivamente o professionalmente informazione”. Nel corso di un’intervista realizzata dal portale vita.it, Chiti rincarava la dose, affermando che “Internet sarà regolamentato recependo una direttiva europea che ancora non è stata fatta. Abbiamo previsto solo delle regole per chi chiederà allo Stato finanziamenti”.
Tuttavia una recente ordinanza di sequestro emessa dal tribunale di Latina il 7 giugno 2001 ha dato corpo ai timori espressi dagli attivisti per la libertà di espressione in rete, rappresentando un pericoloso precedente che potrà spianare la strada a chiunque vorrà imbavagliare una fonte di informazione in rete denunciandola come “prodotto editoriale non registrato”. Il provvedimento in questione, pubblicato dal sito di documentazione giuridica www.penale.it, è stato emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari Aldo Morgigni.
Nessuno avrebbe il cattivo gusto di definire “prodotto editoriale” anche i graffiti “pubblicati” sui muri dei bagni pubblici, ma in questa ordinanza si legge che “il sito internet in esame deve essere ritenuto prodotto editoriale ai sensi dell’art. 1 l. n.° 621”, subito dopo aver affermato che le pagine in questione non sono altro che “una mera, gratuita e volgare aggressione visiva e scritta a quanti professano il culto cattolico, senza alcun utile apporto critico o revisionista ma con uno sterile spirito offensivo”.
A questo punto Calvino, Pirandello, Hemingway e gli autori di “prodotti editoriali” di ben altro spessore si saranno rivoltati più volte nella tomba per questo accostamento davvero singolare tra la cultura dei libri e la volgarità da bagno pubblico, forme espressive molto distanti tra loro che tuttavia sull’internet sono separate solamente da un “click” del mouse.
Dopo aver toccato il fondo dando dignità di prodotto editoriale anche alle parolacce anticlericali, siamo in una situazione per cui qualunque tipo di contenuto presente sulla rete italiana è potenzialmente censurabile invocando strumentalmente la legge sull’editoria, per di più corroborata da un significativo precedente. Al di là del giudizio di merito sui contenuti delle pagine censurate, questa ordinanza solleva dei grossi interrogativi: se tutto quello che si può leggere in rete è un prodotto editoriale, e come tale soggetto agli stessi obblighi previsti per l’informazione giornalistica, allora tutta l’informazione telematica italiana è fuorilegge ? Attendiamo una risposta dal successore di Chiti e dai magistrati che in futuro saranno chiamati ad interpretare nuovamente questa norma. Nel frattempo, per abituarci a quello che potrebbe essere il futuro dei nostri siti internet, specialmente di quelli che diffonderanno informazioni sgradite a qualcuno, possiamo dare un’occhiata a www.eretico.com. Non preoccupatevi, non c’è nulla di blasfemo, ma solo una pagina bianca con uno stemma della Repubblica ed una scritta: “sito sottoposto a sequestro preventivo per disposizione dell’Autorità Giudiziaria”.

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