Volontariato

Legge editoria: lettera di Franco Bomprezzi

Franco Bomprezzi, presidente della Uildm e giornalista, sottoscrive l'appello di VITA e rincara la dose "Caro Abruzzo, si turbi almeno per il Circolo della Stampa di Milano, che non è a norma"

di Franco Bomprezzi

Carissimi “direttori” Giuseppe Frangi e Riccardo Bonacina, come potrei non aderire all’appello? Io per primo, da giornalista professionista, nel corso di diciassette anni di onorata iscrizione all’albo, come professionista, più altri tre da pubblicista, ho volentieri dato la mia firma per consentire l’uscita di numerose testate, che nascevano da esigenze reali di comunicazione, ossia di “messa in comune”, pubblica, di notizie, idee, volontà, fra chi non aveva i mezzi né il potere per far decollare iniziative editoriali professionali, costose e legate al mercato. Oggi il mondo di Internet viene probabilmente vissuto con disagio analogo a quello che ha caratterizzato gli anni tumultuosi e creativi delle prime radio e televisioni “libere” (che, infatti, solo dopo un certo periodo di tempo da “libere” vennero chiamate “private” con un cambiamento semantico non di piccolo peso). Molto indegnamente, perciò, metto anch’io a disposizione la mia tessera dell’ordine (n.53442) per una causa che trovo talmente giusta da far apparire incomprensibile la cultura burocratica che l’ha provocata. Altro discorso è quello di una autodisciplina dei linguaggi, della correttezza delle notizie, della responsabilità individuale rispetto all’uso della Rete, che del resto corrisponde esattamente a quel senso di responsabilità che si chiedeva, quando ero ragazzo, ai frequentatori della cosiddetta “banda cittadina”, ossia i radioamatori dilettanti, i cosiddetti “Cb” che qualcuno ricorderà ancora, e che, forse, sono stati travolti più che dalla burocrazia, dai telefoni cellulari. Ancora una volta il problema è di mentalità: non è mai la censura preventiva a favorire il meglio, anzi. Al presidente dell’Ordine della Lombardia, Franco Abruzzo, che non si sente turbato, vorrei aggiungere allora un altro piccolo motivo di riflessione: io, giornalista professionista da molti anni, già consigliere dell’Ordine nel Veneto, non potrò neppure quest’anno, essendo pigramente seduto sulla mia carrozzina, partecipare all’assemblea degli iscritti perché si svolge in un luogo totalmente inaccessibile, come il Circolo della Stampa di Milano, dove un decrepito e microscopico ascensore non viene sostituito da un nuovo elevatore adeguato alle norme, più sicuro e capiente. Questione di soldi? Credo che la stampa milanese conti abbastanza da poter vincere questa battaglia di civiltà in un giro di telefonate, purché lo si voglia. Come si vede, la libertà di partecipazione e di espressione dipende dai punti di vista. Io, per parte mia, sto con l’appello di Vita. leggi l’Appello alla libertà (almeno in Rete) e l’ultimo articolo: Legge editoria: il punto della situazione


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