Governo
Legge di bilancio: contro la povertà pochi e non decisivi provvedimenti
«La legge di bilancio non affronta il tema della povertà con la determinazione necessaria e attesa», denuncia l'Alleanza contro la povertà, che raggruppa un ampio numero di soggetti sociali. «Una determinazione che fortemente auspicavamo, dal momento che tali provvedimenti hanno un impatto nella vita materiale delle persone e delle famiglie»
di Redazione
«La legge di bilancio non affronta il tema della povertà con la determinazione necessaria e attesa. Una determinazione che fortemente auspicavamo, dal momento che tali provvedimenti hanno un impatto nella vita materiale delle persone e delle famiglie in condizione di povertà, rispetto alle quali l’Alleanza rappresenta il maggiore soggetto di rappresentanza», scrive in una nota l’Alleanza contro la Povertà.
«Delle 6 richieste di emendamento avanzate da Alleanza contro la povertà in Italia per migliorare le attuali misure di contrasto in sede di legge di bilancio, viene recepita solo l’innalzamento della soglia reddituale per l’accesso all’Adi (assegno di inclusione) e la soglia differenziata per chi sopporta le spese di locazione. Si agisce, come proposto da Acp, su Isee e reddito, innalzando la soglia di accesso, ma senza definire la portata del provvedimento. Ovvero non è chiaro di quanto la platea degli aventi diritto si allargherà».
Misure insufficienti a fronte di una vera emergenza
Da un lato l’allargamento della platea beneficiaria dell’Adi, grazie all’innalzamento dell’8,33% di tutti i requisiti di accesso: 10.140 euro di Isee (da 9.360), 6.500 euro di reddito (da 6 mila), 8.190 euro di reddito per anziani e persone con disabilità (da 7.560 euro); dall’altro l’innalzamento della soglia reddituale a euro 10.140 nei casi in cui il nucleo familiare risieda in abitazione in locazione: sono queste le misure che segnano le pur importanti novità delle legge di bilancio.
Le richieste di Alleanza contro la povertà, contenute nei sei emendamenti proposti, sarebbero costate al Governo circa 1 miliardo di euro, ma avrebbero allargato in modo significativo la platea dei beneficiari e contribuito a ridurre sensibilmente il numero di poveri in Italia.
In sintesi, queste le richieste presentate:
1. Indicizzazione piena dell’Adi per proteggerne il valore nel tempo rispetto alla crescita dei prezzi, in un contesto internazionale che presenta non pochi rischi di shock inflazionistici;
2. Modifica della scala di equivalenza, che valorizzi tutti i maggiorenni, così da agevolare il sostegno in particolare alle famiglie con figli;
3. Innalzamento della soglia di accesso alla prestazione per le famiglie in affitto (è una delle richieste che trovano soddisfazione nella legge di bilancio approvata)
4. Ulteriore riduzione dei limiti di residenza in favore delle famiglie straniere
5. Possibilità di cumulare almeno parzialmente il beneficio almeno in parte con il reddito da lavoro (o l’estensione della franchigia di 3.000 euro oggi prevista per i nuovi lavori anche ai lavori in essere)
6. Dotazione ai servizi sociali dei comuni delle giuste risorse per sostenere i percorsi d’inclusione dei beneficiari, nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni
Mancano interventi strutturali, un ritorno all’universalismo e i dati sull’ effettiva ricaduta della legge 85/2023
Anche dopo l’approvazione di questa legge di bilancio manca un piano complessivo di misure strutturali di breve e di lungo termine, un ritorno all’universalismo selettivo e i dati che possono consentire una valutazione effettiva della ricadute delle misure di contrasto alla povertà assoluta. L’assegno d’inclusione (Adi) non risponde più al fondamentale principio dell’universalismo selettivo, che caratterizza una misura di reddito minimo. Si tratta invece di una misura categoriale, poiché riservata alle sole famiglie che includano minori, persone con disabilità, anziani.
«AcP», continua la nota, «aveva indicato come prioritario, in sede di legge di bilancio, il ripristino di una misura universalistica, capace di supportare chiunque si trovi in condizione di povertà. Non si registrano passi avanti in questa direzione. E poi ci sono i dati, fermi a giugno. AcP ha sempre dichiarato che solo una costante pubblicazione, diffusione e trasparenza sul numero di persone e famiglie interessate, consentirà di conoscere in tempo reale l’impatto delle nuove misure su chi vive in povertà nel nostro Paese. Il monitoraggio delle misure è però fermo a oltre sei mesi fa: questo non permette di osservare la situazione che desta allarme e sulla quale si potrebbe intervenire alla luce di costanti aggiornati. AcP torna quindi a chiedere trasparenza e puntualità nella pubblicazione dei questi dati».
Infine, c’è l’Osservatorio sulle povertà, istituito quasi sei mesi fa ma mai convocato. A oggi si registra una sua sostanziale inoperosità. Anche alla luce della legge di bilancio appena approvata, si sollecita una sua tempestiva convocazione al fine di mettere sul tavolo le questioni e le sfide su cui da subito occorre impegnarsi per fermare quella che è divenuta nel nostro Paese una vera emergenza e la cui crescita è stata recentemente certificata dall’Istat.
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