Welfare
Legge Biagi:rischio precarietà secondo un’indagine
E' la conclusione dello studio Flexo 2008 su ''Il futuro della flessibilita' nel terziario'' condotto dalla S3.Studium consultando un gruppo di esperti e presentato oggi a Roma.
La legge Biagi portera’ a 15 milioni gli occupati nel terziario entro il 2008 ma a causa dell’assenza di servizi (tutela economica e strumenti di reinserimento) molti si troveranno abbandonati a se stessi; se da un lato migliorera’ il rapporto domanda-offerta, dall’altro crescera’ il divario fra Nord e Sud, mentre sindacati e aziende dovranno riorganizzarsi lasciando alle spalle le certezze sinora acquisite. A fronte della previsione di crescita dell’occupazione nel terziario, l’indagine avverte sul rischio di calo del lavoro, nel prossimo quinquennio, nei settori commercio, terziario pubblico e bancario-assicurativo. A stimolare la crescita dell’occupazione sara’ la Legge Biagi, entrata da pochi mesi in vigore, che offrira’ anche maggiori occasioni di qualificazione professionale per lavoratori che rischierebbero altrimenti di rimanere a lungo privi di contatto con il lavoro. Ma l’ ”assenza dei servizi contemplati dalla riforma (tutela economica, strumenti di reinserimento)” sara’ un rischio per i lavoratori. In sostanza, alla fine di un rapporto di lavoro temporaneo, molti di loro si troveranno abbandonati a se stessi. Uno svantaggio ci sara’ anche per le imprese, nel medio-lungo termine, per l’assenza di forme efficaci di regolazione sociale affiancate alla flessibilita’. Gli esperti non sono ottimisti per quanto riguarda la capacita’ della macchina pubblica di accompagnare le nuove regole del lavoro, soprattutto al sud: nei prossimi cinque anni – prevede l’indagine – i servizi per l’impiego miglioreranno il rapporto domanda e offerta, ma cio’ avverra’ in maniera territorialmente differenziata, con ritardi soprattutto nelle aree che ne avrebbero piu’ bisogno, cioe’ quelle del Sud. Il divario occupazionale non diminuira’, nel breve periodo, anche per il procedere della devolution, che favorira’, invece, ”una prosecuzione e per certi versi un ampliamento dei conflitti interistituzionali, anche sul terreno delle politiche del lavoro. Un miglioramento ci sara’ solo verso il 2008”. L’indagine non vede roseo il futuro a breve dei sindacati ai quali ”le nuove regole della flessibilita’ stravolgeranno molti dei punti di ancoraggio del passato”. Cosi’, ci sara’ nei prossimi anni ”una chiara riduzione di potere”, ”per il diffondersi della contrattazione individuale; al tempo stesso si rafforzeranno le strutture bilaterali costituite con gli imprenditori, le quali si occuperanno di servizi per il mercato del lavoro e dell’inedita questione della certificazione dei rapporti di lavoro; secondo gli esperti, la rappresentanza nel suo insieme sara’ piu’ partecipativa e meno tendente al conflitto; la conflittualita’ che persistera’ sara’ piu’ riferita al sistema-Italia nel suo complesso che a specifiche realta’ produttive (aziendali o settoriali)”. Anche le aziende italiane dovranno imparare a riorganizzarsi per valorizzare i nuovi strumenti di flessibilita’: ”si diffonderanno modelli organizzativi molto piu’ variabili di quelli oggi prevalenti (soprattutto per sfruttare le opportunit? offerte dalla flessibilita’ d’orario); aumenteranno le opportunita’ di selezionare i talenti; si fara’ piu’ spesso ricorso alla remunerazione variabile in base ai risultati; non tutto quello che l’azienda fa dovra’ esser fatto dall’azienda: vi sara’ infatti un maggiore ricorso all’esternalizzazione di funzioni aziendali (anche grazie alla possibilita’ dello staff leasing)”. Secondo gli esperti, pero’, molte Direzioni del personale ”non saranno in grado di armonizzare i lavoratori tradizionali con quelli atipici, il lavoro che restera’ dentro con quello che si riposizionera’ fuori. La sfida organizzativa, dunque, richiedera’ in genere tempi piu’ lunghi del 2008 per essere vinta .
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