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Legge Biagi, la crepa nel muro

«Il più efficace contraccettivo», secondo la sigla della Cgil. «Una norma che non ha aumentato la precarietà», secondo quella della Cisl

di Maurizio Regosa

Sostiene Ichino che il sindacato è conservatore. Attaccato alle regole del passato, incapace di accorgersi (e farsi carico) delle esigenze del futuro. Negli ultimi anni, però, alcune novità i sindacati le hanno messe in campo, forse anche per rispondere all?accusa di pensare solo all?impiego tradizionale e non far nulla per i lavoratori cosiddetti ?non standard?. Ad esempio le tre sigle principali hanno creato strutture che si occupano degli atipici, un tema che possiamo considerare un po? come una cartina di tornasole della capacità sindacale di guardare al nuovo. La Cgil ha costituito Nidil, la Cisl l?Alai, la Uil il Cpo. Strutture che dovremmo imparare a considerare anche nelle loro, rilevanti, differenze. Ad esempio per quanto riguarda alcune valutazioni chiave e alcuni obiettivi.

Primo nodo, la legge Biagi. Secondo il Nidil, «il più efficace contraccettivo esistente in Italia»; per l?Alai, «una legge che non ha introdotto la precarietà, che da dieci anni si mantiene stabilmente a quota 13%, e che va rafforzata introducendo ammortizzatori sociali».

Secondo punto, la flessibilità: è una fase di passaggio? Anche qui le opinioni divergono e nemmeno di poco: «Noi non siamo contro i nuovi lavori, ma contro i vecchi mascherati da nuovo. Che innovazione c?è in un barista con un contratto di ?consulenza cappuccini??», chiede Roberto D?Andrea della segreteria nazionale Nidil, che aggiunge: «Siamo cioè contro quelli che riteniamo abusi, quando si prende un lavoratore a progetto per non assumere».

Diverso il ragionamento di Ivan Guizzardi, segretario nazionale dell?Alai: «La flessibilità non è un incidente di percorso, è un fenomeno che ci accompagna e al quale non si può rispondere solo con l?ipotesi della stabilizzazione. Occorre però far sì che i vari istituti contrattuali corrispondano alla natura del rapporto di lavoro e diano tutela e rappresentanza».

Altra questione, le diverse generazioni, con la critica tipica: «Sindacati, siete conservatori perché trascurate le aspirazioni di chi inizia ora a lavorare».

«Io vorrei rovesciare la questione», ribatte D?Andrea, «chiedendo cosa c?è di innovativo in un operatore di call center che se va bene arriva a a guadagnare seimila euro l?anno o in una donna che non fa figli perché non ha tutele. Per dare diritti ad alcuni, non bisogna toglierli agli altri».

«Una parte di ragione, in questa critica, c?è», ammette invece Guizzardi. «Del resto il sindacato ha milioni di iscritti da tutelare. Ciò non toglie che se non ci si occupa di quelli che un lavoro non ce l?hanno si perde di vista la prospettiva del futuro».

Sfumature? Non proprio: hanno i loro bravi riflessi sulle ?grandi? politiche. Un esempo? I contratti di secondo livello: se introdotti, farebbero dimagrire quello nazionale lasciando parte della contrattazione a livello regionale. Un?ipotesi sulla quale le posizioni dei tre principali sindacati non sono uniformi, tant?è che questa ipotesi è ferma al palo, con la complicità di Confindustria. «Perché il conservatorismo», chiosa Guizzardi, «è trasversale. Riguarda parte del sindacato ma anche le associazioni di categoria, che nelle negoziazioni contrattuali trovano la giustificazione della loro esistenza».

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