Politica

Legge Biagi al giro di boa è tempo di ‘flexicurity’

Qualche segnale era già contenuto in Finanziaria, ma la discussione vera comincerà adesso. Per il governo la sfida di riformare il mercato del lavoro è di quelle campali

di Maurizio Regosa

Duemilasette: il mercato del lavoro cambia? Pare proprio di sì. È improbabile una marcia indietro da parte del governo che si è impegnato, fin dal programma elettorale, a reimpostare le regole perché la sfida di trovare un?occupazione duratura sia più semplice e soddisfacente per il maggior numero di persone.

Attualmente, secondo una ricerca condotta da Italia Lavoro su dati del 2005, i contratti a tempo indeterminato riguardano il 67% dei lavoratori, essendo il resto distribuito fra i cosiddetti nuovi contratti: a tempo determinato, di apprendistato, d?inserimento, a progetto e via dicendo. Va da sé che questi ultimi riguardano per lo più i nuovi arrivati, cioè i giovani. Ed è per questo che questa riforma è così difficile: concluderla significa aver individuato le basi per una rinnovata equità generazionale, perché il futuro dei figli non sia troppo dissimile da quello dei padri.

Che poi è quanto si proponevano Tiziano Treu e Marco Biagi, ?padri? delle rispettive leggi (del 1997 e del 2003) che hanno introdotto la flessibilità per facilitare l?ingresso nel mondo del lavoro attraverso tappe diversificate. L?idea, in grande sintesi, era: inizi flessibile e poi accedi a una più tradizionale e rassicurante stabilità. Una proposta non campata in aria visto che sul lungo periodo la disoccupazione nel nostro Paese è dimezzata: secondo l?Istat dal picco del 12% (raggiunto nel 1998) siamo passati nel terzo trimestre 2006 al 6,1% (la media europea vola attorno all?8,5%).

Il punto è, obiettano alcuni, che delle 459mila persone che (rispetto a un anno fa) hanno un lavoro, 215mila hanno un contratto a tempo determinato. Il che non vuol dire che siano destinati a una ?inevitabile? stabilizzazione (le ricerche non offrono, in tal senso, risposte definitive). In altri termini, specialmente secondo i sindacati e la sinistra più massimalista, la flessibilità contrattuale avrebbe prodotto solo maggiore precarietà.

Da qui appunto l?esigenza di superare la Biagi, che viceversa è difesa dalla Confindustria. In attesa che la discussione sia aperta ufficialmente, qualcosa sta cominciando a muoversi. Ad esempio con la Finanziaria appena approvata, che ha ridotto i vantaggi per chi utilizza i lavoratori a progetto (il famoso cuneo fiscale) e ha aumentato al 23% l?aliquota contributiva degli iscritti alla gestione separata dell?Inps. Con l?evidente volontà di incoraggiare il ricorso a contratti a tempo indeterminato. Il Senato, inoltre, approvando la Finanziaria ha introdotto un comma (il 774) secondo il quale è necessario parametrare il compenso di un lavoratore a progetto tenendo conto del contratto collettivo nazionale di riferimento. Un provvedimento che ha già innescato polemiche: Michele Tiraboschi ha già detto che ciò significa creare lavoratori di serie B. In ogni caso la sfida del governo è tutt?altro che semplice e dovrà tener conto, fra l?altro, anche delle difficoltà dei giovani laureati: un?indagine di Italia Lavoro mostra che sono loro i più sottoinquadrati (il 45% dei laureati con contratto di collaborazione si trova in condizione di over skills).

Creare una vera flexicurity (una flessibilità tutelata), semplificare i contratti, generare ammortizzatori sociali per diminuire l?impatto della flessibilità in uscita: potrebbero essere questi i punti qualificanti di una riforma del mercato del lavoro. Perché il rischio, che secondo Beck caratterizza la nostra società, non sia solo di alcuni…

I numeri:

Principali contratti di lavoro in %

  • tempo indeterminato 67,00
  • tempo determinato 5,60
  • formazione lavoro 0,25
  • apprendistato 0,60
  • co.co.co 1,50
  • a progetto 1,50

Spese per politiche del lavoro% sul Pil

  • Europa a 15 (media) 2,3
  • Danimarca 4,3
  • Germania 3,3
  • Francia 2,5
  • Italia 1,2

Fonte: Italialavoro

Info:
www.italialavoro.it
www.lavoro.gov.it

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