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Legge Basaglia, ecco la riforma della discordia

Ha già sollevato molte discussioni la proposta di riforma della Legge Basaglia in materia di malattie mentali.

di Benedetta Verrini

E’ appena all?inizio del suo cammino, ma ha già sollevato molte discussioni: è la proposta di riforma della legge Basaglia, in fase di definizione in questi giorni alla Camera. Il 2 ottobre scorso si è riunito per la prima volta il Comitato ristretto della commissione Affari sociali, incaricato di elaborare un testo unificato. La bozza su cui stanno lavorando i deputati, elaborata da Maria Burani Procaccini (FI), prevede una rivoluzione copernicana dell?attuale disciplina. «Ma la riforma della 180 non è la risposta alle carenze e all?inadeguatezza di alcuni servizi sul territorio. è solo un ritorno all?istituzionalizzazione» dice Massimo Cozza, coordinatore della Consulta nazionale per la salute mentale.

Si è aperta la discussione sul ddl C174 (e i connessi C152 e C844), Norme per la prevenzione e la cura delle malattie mentali. Un testo di 18 articoli che si propone di cambiare la fisionomia, e soprattutto la filosofia, degli interventi sulla salute mentale in Italia. «Ma se nell?assistenza dei malati, in Italia c?è una situazione ?a macchia di leopardo?, con punte di eccellenza in alcune regioni e situazioni di abbandono in altre, gli addebiti non vanno fatti alla 180», avverte Cozza. «Oggi sono le Regioni il vero deus ex machina nella realizzazione della tutela della salute mentale, attraverso le linee operative del Progetto obiettivo. Il nodo, dunque, non sono i principi che la legge ha introdotto, ma la loro attuazione e la destinazione delle risorse».
Il ddl presentato dalla maggioranza, però, pare dirigersi nella direzione opposta: «Dalla creazione delle Sra fino alla nuova impostazione dei trattamenti sanitari obbligatori, c?è un processo di nuova istituzionalizzazione». Secondo l?art. 5, la Sra «è destinata alle persone affette da disturbi mentali in fase cronica, non assistibili a domicilio». Tali strutture sono suddivise in moduli flessibili, dotati al massimo di 20 posti da assegnare a gruppi di pazienti omogenei.
All?art.12 il ddl dice anche che le aree e gli edifici degli ex manicomi saranno utilizzati per la realizzazione di strutture ?in favore? delle persone affette da disturbi mentali. «Non vogliono che si parli di nuovi manicomi» commenta Cozza, «ma chi impedirà che si allestiscano nello stesso luogo 10, 20 moduli, con centinaia di persone raggruppate e suddivise per tipo di patologia?». Cozza ricorda che in Italia non c?è un problema di posti letto: su un fabbisogno di 5.700 unità (fissato dai Livelli essenziali di assistenza), oggi ce ne sono 17mila. «Però mancano 8mila operatori, fondamentali per gestire l?assistenza domiciliare».
Altro punto ?caldo? sono i trattamenti sanitari obbligatori, quelli che si svolgono senza il consenso della persona malata. Tra i destinatari dei trattamenti, il ddl ha clamorosamente inserito anche i soggetti «in stato di intossicazione da alcol e da droghe». La materia viene disciplinata nell?art. 7. Si parte dal semplice ?accertamento?, «quando si ha il fondato sospetto della presenza di alterazioni psichiche» nella persona, e si continua con i ?trattamenti?, tutti eseguiti dalle Forze dell?ordine.
«Il ricorso alle Forze dell?ordine è una prospettiva molto preoccupante: esse diventano il solo strumento di esecuzione del trattamento obbligatorio, come se non si trattasse più di problemi sanitari ma solo di pubblica sicurezza» riflette Cozza. «Come sarà possibile far collaborare un paziente che viene prelevato a casa propria dagli agenti? Così si distrugge il processo terapeutico basato sulla volontarietà. Il cammino di questa proposta è ancora lungo. Mi auguro che vinca la consapevolezza che le lacune del sistema non possono essere risolte ricorrendo all?istituzionalizzazione».

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