Volontariato

Legge 185 sotto assedio

Ecco i dati della Relazione 2009: boom esportazioni, tabella banche sparita, e sullo sfondo "un intervento di tutta la normativa in vigore". Società civile in allarme

di Riccardo Bagnato

Boom dell’industria militare italiana, nessuna informazione sulle banche coinvolte e nuovo tentativo di modifica della legge 185. Sono queste le questioni di fondo che il Rapporto annuale del Presidente del Consiglio dei Ministri sui lineamenti di politica del Governo in materia di esportazione, importazione e transito dei materiali d’armamento rimette sul tavolo. Associazioni in allerta per le sorte della Legge 185, che sancisce criteri e controlli per limport-export armiero italiano, vissuta da alcuni come discutibile lacciolo burocratico e da altri come strumento essenziale di trasparenza.

Ben 4,9 miliardi di euro. Sono le le autorizzazioni all’esportazione di armamenti rilasciate dal Governo nel 2009 alle aziende del settore con un incremento di ordinativi internazionali (+61%), sconosciuto ad altri settori dell’industria nazionale. A cui vanno aggiunti circa 1,8 miliardi dei programmi intergovernativi, destinati ad equipaggiare anche le nostre Forze Armate. Superato inoltre quota 2,2 miliardi di euro per le effettive consegne di materiali militari. Insomma, una tendenza rilanciata dall’exploit di quest’anno, che il settore industriale dei sistemi d’arma sta vivendo dal 2005 a oggi (+7 per cento nel 2006 e +29 nel 2007).

A farla da padrone fra le aziende l’Alenia Aeronautica (1547 milioni di euro), Agustawestland (985), Avio (811), Fincantieri (271), Selex Galileo (202), Oto Melara (198), Selex Communications (89), Iveco (75), Selex Sistemi Integrati (65), Elettronica (49). Mentre si attesta l’Africa settentrionale e il Medio Oriente la meta preferita dalle armi made in Italy con un 39,5 per cento delle commesse pari a 1939 milioni di euro di valore. Segue l’Europa (36,5 per cento), l’America settentrionale (10,4), l’Asia (8,5), l’Oceania (2,1), l’America centro meridionale (2) e l’Africa centro meridionale (1).

Per quanto riguarda le banche eventualmente coinvolte, invece, nessuna traccia nel rapporto delle tabelle relative. “Dal Rapporto si apprende solo l’ammontare complessivo (4 miliardi di euro di cui circa 3,7 miliardi per operazioni di esportazione definitiva) ma – nonostante le proteste delle associazioni e Rete disarmo– nessuna menzione delle banche a cui sono stati autorizzate tali operazioni”. A segnalarlo lo stesso Giorgio Beretta di Banche armate su Unimondo che aggiunge: “la Tabella delle operazioni bancarie dovrebbe essere riportata dalla più ampia Relazione al Parlamento, ma non ci sono segnali che il Ministero guidato da Tremonti intenda ripristinare il dettagliato elenco delle singole autorizzazioni rilasciate alle banche (cioè l’elenco di “Riepilogo in dettaglio suddiviso per Istituti di Credito”) che dall’entrata in carica del Governo Berlusconi è stato “sostituto” con altri elenchi (per Aziende, per Paesi destinatari, per numero MAE) sottraendo alla società civile e alle campagne la possibilità di controllo sulle singole operazioni effettuate dalle banche.”

Segnali, infine, per nulla confortanti vengono sia dalla Relazione sia dai commenti all’indomani della pubblicazione online del Rapporto per quanto riguarda la tenuta delle Legge 185, quella – per intenderci – per cui il governo è tenuto a presentare al Parlamento la Relazione. Lo stesso Michele Nones, noto commentatore per il Sole 24 Ore e Corriere della Sera, esperto della questione, e direttore Area Sicurezza de Difesa dell’Istituto Affari Internazionali parla di “lacci e laccioli che caratterizzano il nostro sistema di controllo e procedurale (vedi Legge 185, ndr) che rappresentano un fattore di alto rischio e creano seri problemi”. L’articolo, apparso oggi sul Corriere della Sera a pagina 19, non lascia dubbi. Un déjà vu per chi, nel 2002, ha partecipato a un lunga campagna di pressione per evitare lo smantellamento di quella che viene riconosciuta da tutta la società civile europea una delle leggi più avanzate sul controllo del commercio d’armi, a cui hanno aderito più di 100mila firme.

Lo conferma lo stesso Rapporto della Presidenza del Consiglio: il “processo di integrazione europeo nel campo della difesa e la progressiva razionalizzazione e ristrutturazione dell’industria europea” avrebbe portato ad un “radicale cambiamento” dello scenario tanto che “il quadro normativo italiano è risultato sempre più inadeguato” (pg. 23). Proprio per questo – e per recepire nella legislazione nazionale le recenti Direttive e Posizioni Comuni europee – la Presidenza del Consiglio intende “operare per la finalizzazione del processo di revisione della normativa nazionale” (pg. 34), cioè ad “un intervento correttivo di tutta la normativa in vigore” (pg. 24).

E’ di nuovo lo stesso Michele Nones, sul Corriere di oggi, a confermarlo: “Per questo è da tempo indispensabile adeguare la nostra normativa ed allinearla con quello dei principali Paesi europei. I nuovi impegni assunti dall’Italia in sede europea e, in particolare, il recepimento della Direttiva europea sui trasferimenti intracomunitari e della Posizione Comune sulle esportazioni verso i Paesi terzi (oltre che quella sull’intermediazione nella vendita di armi sottoscritto sette anni fa) sono un’occasione unica per dare al nostro Paese un moderno sistema di controllo delle esportazioni militari che sia efficiente senza essere inutilmente rigido e complicato.” Che altro dire? Più chiaro di così.


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