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Legge 185/90: Strumenti internazionali di controllo

IN allegato trovi anche il quadro europeo all'interno ndel quale si inquadra la legge 185/90. Documenti stilati dal coordinamento in difesa della 185 con la supervisione di Oscar

di Redazione

Subito dopo la guerra del golfo, nel 1991, è stato creato il Registro delle Nazioni Unite delle Armi Convenzionali per la raccolta dei dati sui trasferimenti internazionali e quindi per incrementare la trasparenza e prevenire l?accumulazione eccessiva e destabilizzante di armamenti. Ogni Stato che vi ha aderito deve comunicare annualmente le vendite e le importazioni di grandi sistemi d?arma (carri armati, aerei, navi da guerra ?). Ma il Registro ONU non obbliga gli stati a dichiarazioni complete e veritiere e molti paesi, in particolare quelli dell?area del Medio Oriente, non vi partecipano. Un importante passo avanti, a livello internazionale, è stato compiuto con l?adozione nel 1998 del Codice di Condotta dell?Unione Europea per le Esportazioni di Armi. Prevede otto criteri che devono guidare gli Stati firmatari nel concedere le licenze a trasferimenti militari: il rispetto di embarghi e altre sanzioni decretati dall?ONU e dall?UE, degli accordi sulla non proliferazione delle armi nucleari, biologiche e chimiche, del trattato di Ottawa che bandisce le mine antiuomo; il rispetto dei diritti umani nel Paese ricevente; l?esistenza di tensioni e conflitti armati; il rischio evidente che il destinario utilizzi tali armi per aggredire un altro Paese o per minare la pace, la sicurezza e la stabilità regionale; il rischio per la sicurezza nazionale degli Stati Membri; il rispetto del diritto internazionale e in particolare il comportamento del ricevente nei confronti del terrorismo; il rischio che il materiale esportato possa essere deviato verso terzi destinatari o paesi terzi (triangolazioni); la compatibilità dell?esportazione con le esigenze legittime di sicurezza e di difesa e la capacità economica, lo sviluppo sostenibile e le risorse del Paese. Inoltre prevede un meccanismo di consultazione per cui uno Stato che nega un?autorizzazione all?esportazione di una commessa militare deve informare gli altri partners con una spiegazione dettagliata delle ragioni del rifiuto. Uno Stato Membro, prima di concedere l?autorizzazione per un trasferimento di armi, deve consultare il Paese che l?ha precedentemente rifiutata. E se decidesse di dare ugualmente il via libera, deve comunicarlo allo Stato ? scavalcato ? motivando le ragioni che lo hanno portato a questa decisione. Tuttavia il Codice lascia insoddisfatti per molti aspetti:

  • non è giuridicamente vincolante per gli Stati che lo hanno adottato spontaneamente;
  • la genericità adottata nella formulazione del criterio del rispetto dei diritti umani, che limita peraltro il divieto solo alle armi usate per la repressione interna, lascia aperte strade per l?aggiramento e la mancata applicazione;
  • non prevede regolamentazioni sulle licenze di produzione e sulle intermediazioni, operazioni commerciali utilizzate ad esempio per fornire armi europee al Ruanda nel bel mezzo del genocidio;
  • non è integrato con strumenti di controllo sulla destinazione finale o con certificati di utilizzo finale;
  • non è stato ancora integrato con una lista comune di equipaggiamenti militari e a doppio uso civile-militare;
  • non soddisfa la necessità di trasparenza per la confidenzialità cui sono soggette le consultazioni, peraltro rigorosamente bilaterali, tra gli Stati (e soprattutto per la scarsità di queste consultazioni: l?Italia ne ha effettuata solo una). Tutti questi strumenti sono complementari tra loro, ma necessitano di essere migliorati nelle lacune, applicati rigorosamente, armonizzati, estesi a tutti gli Stati e a tutte le categorie di armi, e, soprattutto, resi obbligatori.

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