Sostenibilità
Legambiente presenta il nuovo rapporto Ecomafia 2015
Il lavoro, come di consueto, restituisce l'immagine concreta della criminalità ambientale in Italia. Sono 233 le inchieste ecocriminali in cui la corruzione ha svolto un ruolo cruciale, concluse con l’arresto di 2.529 persone e la denuncia di 2.016. «Gli appalti pubblici nel settore dell’ambiente sono quelli più esposti alla criminalità organizzata», sottolinea Raffaele Cantone
Storie di corrotti, clan e inquinatori, una fotografia davvero inquietante quella che emerge dal rapporto Ecomafia 2015, che come da tradizione restituisce l’immagine concreta della criminalità ambientale in Italia. Unica nota positiva, la legge n. 68 che dal 22 maggio 2015 ha introdotto i delitti contro l’ambiente nel Codice Penale. Sono cinque: inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo e omessa bonifica.
Al di là del dibattito sull’adeguatezza della normativa per la lotta contro l’ecocriminalità, il nostro paese ha compiuto un passo importante per contrastare i delinquenti dell’ambiente. «Un punto di svolta per combattere anche quella zona grigia, dove impera la corruzione che è diventata il principale nemico dell’ambiente a causa delle troppe amministrazioni colluse», ha dichiarato la direttrice nazionale di Legambiente Rossella Muroni. E i dati del rapporto in questo senso parlano da soli. Sono ben 233 le inchieste ecocriminali in cui la corruzione ha svolto un ruolo cruciale, concluse con l’arresto di 2.529 persone e la denuncia di 2.016.
Dal Mose di Venezia ad alcuni cantieri dell’Alta velocità, dai Grandi eventi alle ricostruzioni post terremoto, dalla gestione dei rifiuti all’enogastronomia e alle rinnovabili, il fenomeno è nazionale. «Purtroppo gli appalti pubblici nel settore dell’ambiente sono quelli più esposti alla criminalità organizzata perché nonostante ci sia una riduzione della spesa pubblica, in ambito ambientale i soldi devono arrivare. Si può risparmiare su tutto, ma non sulla pulizia di una città». Lo afferma Raffaele Cantone, presidente dell’autorità nazionale anticorruzione, nell’intervista di Toni Mira contenuta nel rapporto stesso.
Intanto il 2014 si è chiuso con un bilancio che conferma il trend degli ultimi anni, circa 30.000 reati accertati all’anno, per un fatturato criminale che è cresciuto di 7 miliardi rispetto al 2013, raggiungendo così la ragguardevole cifra di 22 miliardi. E se la Campania registra meno ecoreati tra le quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, la Puglia quest’anno è la regione dei record.
Analizzando le tipologie di reato, Ecomafia 2015 evidenzia un’impennata del 26% delle attività illecite in un settore che potrebbe essere il volano del rilancio economico in chiave green del nostro Paese: il ciclo dei rifiuti. Eppure nel 2014 il settore più redditizio per le organizzazioni criminali è stato quello agroalimentare, il cui fatturato, tra sequestri e finanziamenti illeciti ha superato i 4,3 miliardi (l’anno prima era intorno ai 500 milioni) per 7.985 reati accertati. Bracconaggio, commercio illegale di specie protette, abigeato, allevamenti illegali, macellazioni in nero, pesca di frodo, combattimenti clandestini e maltrattamenti, sono alcuni dei reati più diffusi ai danni degli animali. Ed è la Sicilia la regione dove se ne sono contati di più. Ma è sicuramente nel ciclo del cemento che le cosche manifestano ancora oggi al massimo grado il loro potere. I reati accertati sono stati 5.750 (+ 4,3%), con la Campania che si conferma la regione con il più alto tasso di illegalità, seguita da Calabria, Puglia e Lazio. Se cala poi il numero degli incendi aumenta però la superficie boschiva finita in fumo, che dai 4,7mila ettari del 2013 arriva ai 22,4 dello scorso anno, quasi 5 volte tanto. Infine nella tipologia dei reati ambientali, l’archeomafia, il termine con il quale Legambiente definisce l'aggressione criminale al patrimonio artistico e culturale del Paese, ha portato a termine circa 852 furti d’opere d’arte.
Mettendo da parte i numeri, il rapporto punta il dito contro i professionisti dell’ecomafia, i delinquenti ambientali, la carta vincente per il business nei vari settori ambientali. Dal trafficante dei rifiuti all’imprenditore edile che favorisce il controllo diretto delle famiglie mafiose sugli appalti più “succulenti”, contribuendo alla devastazione dei luoghi più belli dell’Italia. Dall’uomo del supermarket o cassiere dei boss, che attraverso le casse dei supermercati ricicla ingenti quantità di denaro per conto della mafia, al politico locale eletto grazie ai voti o al sostegno economico delle famiglie mafiose. Ma c’è anche il funzionario pubblico che svolge un ruolo fondamentale negli uffici delle pubbliche amministrazioni e degli enti, quando si tratta di rilasciare un permesso a costruire, un’autorizzazione, una licenza.
«Ma finalmente – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – i reati ambientali saranno adeguatamente puniti anche in Italia. Una legge che comunque arriva con molto ritardo in un paese che oggi paga costi altissimi, in termini economici ma anche sanitari e sociali, per aver garantito finora l’impunità agli inquinatori».
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