Sostenibilità
Legambiente: “Nave dei veleni” un caso non archiviare
Nave dei veleni, la Commissione parlamentare d'inchiesta a Cosenza Legambiente Calabria: "Una vicenda torbida, verificare il ruolo delle cosche calabresi
di Giulio Leben
«E’ necessario fare chiarezza, una volta per tutte, su una vicenda torbida che – a partire dagli Anni 90 – ha turbato profondamente l’opinione pubblica calabrese, costretta ad assistere con delusione e scetticismo alla chiusura dell’indagine della Procura della Repubblica di Reggio Calabria sull’affondamento delle navi dei veleni a largo delle coste calabresi».
Così il dirigente di Legambiente, Nuccio Barillà, che questa mattina, nel Palazzo Municipale di Cosenza, è stato sentito dalla Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti, presieduta da Paolo Russo, arrivata in Calabria per indagare sullo spiaggiamento della Jolly Rosso, avvenuto ad Amantea il 14n dicembre del 1990.
Barillà, durante l’audizione, ha subito mostrato di apprezzare il lavoro della Commissione -«ancora più apprezzabile perché si scontra con il silenzio assordante delle istituzioni calabresi» – per il sostegno all’indagine e perché «finalmente è stato assunto un impegno serio per l’introduzione del reato ambientale nel codice penale: sarà sanato così quel limite che ha impedito alle inchieste sul traffico dei rifiuti radioattivi di giungere a una conclusione positiva».
Barillà, ricostruendo le fasi convulse che seguirono lo spiaggiamento della Jolly Rosso, ha ricordato quanti «dubbi, misteri e inesattezze esistano ancora oggi su questa vicenda: basti pensare alle falle presenti sulla nave o al fatto che l’equipaggio si rifiutò di risalire a bordo o, ancora, al ruolo della società olandese Smith Tak che intervenne subito dopo l’incidente».
Ecco perché, a parere del dirigente di Legambiente, è necessario, una volta per tutte, «sostenere il lavoro coraggioso che sta conducendo il pm Francesco Greco della Procura di Paola». «Ma occorre stare attenti – ha ammonito – perché non si può lasciare sulle spalle fragili della procura paolana il peso di un’inchiesta che non si ferma alla Rosso, ma che ha rivolti e coinvolgimenti sul piano internazionale».
E allora la strategie indicata da Legambiente per fare chiarezza su questo ennesimo mistero d’Italia.
Da una parte «bisogna mettere a disposizione del sostituto procuratore Greco, gli uomini, i fondi, gli strumenti d’indagine e di rilevamento più sofisticati per svolgere l’indagine nel migliore dei modi. E’ forte il rischio – ha rimarcato con forza Nuccio Barillà – che questa vicenda, dopo 14 anni di buio, s’insabbi per sempre: nel dicembre del 2005, infatti, i reati cadranno in prescrizione». Un’eventualità da scongiurare «anche perché a essere sconfitti non sarebbero solo i magistrati di Paola o i calabresi, ma lo Stato che perderebbe di credibilità». L’obiettivo è avviare il processo in tempi brevi, «un processo nel quale Legambiente si costituirà parte civile».
Ma per andare a fondo su questa vicenda – basti ricordare che nel corposo dossier che Legambiente ha presentato a Montecitorio poco più di un mese fa si parla di 52 navi a perdere affondate nel Mediterraneo – «è indispensabile – a parere dell’ambientalista reggino – realizzare un reale coordinamento tra tutte le procure europee che indagano sulle navi dei veleni, verificare la possibilità per i magsistrati di accedere alle banche dati dei servizi segreti, fare un accertamento di tutti i siti in cui è elevato il sospetto che ci sia una “carretta” affondata, chiedere il coinvolgimento degli organismi europei, confrontare i dati e le documentazioni in possesso tra le diverse commissioni parlamentari d’inchiesta». Perché si deve, con assoluta priorità, individuare il rapporto che esiste tra il traffico di rifiuti tossici e le attività delle organizzazioni criminali calabresi». A tal proposito, Nuccio Barillà ha ricordato le parole del procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Antonino Catanese, che ha riferito che, nel corso di altre indagini, era emerso il coinvolgimento di alcuni personaggi legate alle cosche della fascia jonica reggina». Un pentito straniero aveva invece sostenuto che ci fosse «un legame – ha ricordato ancora Barillà – tra l’affondamento delle navi e il traffico d’armi».
«E partendo dall’inchiesta sulla Jolly Rosso – così ancora Nuccio Barillà – bisogna fare chiarezza su altre vicende misteriose». Una riguarda la morte di Natale De Grazia, punta di diamante della Capitaneria di porto di Reggio Calabria che stava indagando proprio sulla nave dei veleni affondata ad Amantea e che è morto in circostanze sospette proprio il giorno in cui stava andando a La Spezia per fare un interrogatorio chiave per l’inchiesta». Al capitano De Grazia, va ricordato, lo scorso 24 giugno, il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha conferito la medaglia al valore sottolineando l’acume investigativo e come avesse svolto il suo lavoro “nonostante pressioni – così testualmente – e atteggiamenti ostili”. L’altra vicenda è invece quella della motonave Riegel affondata a largo di Capo Spartivento tra il 20 e il 21 settembre del 1997, partita da Marina di Massa Carrara e diretta a Cipro. «E’ stato dimostrato – ha sottolineato l’esponente dell’associazione ambientalista – che trasportava un carico diverso da quello dichiarato: è forte quindi il sospetto che contenesse rifiuti radioattivi. Sarebbe opportuno allora riaprire le indagini».
«Legambiente non vuole creare inutili allarmismi – ha concluso Barillà – ma ritiene che fare chiarezza sulle navi a perdere nel Mediterraneo sia una priorità: i cittadini calabresi, che vivono in una regione danneggiata nell’immagine e nell’economia, dopo anni di silenzi, aspettano di conoscere la verità. Lo Stato deve loro una risposta».
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