Sostenibilità

Legambiente e Arcicaccia unite contro il ddl sulla caccia

Dicono no al nuovo testo di legge unificato che alla Camera: "incivile e inaccettabile". Già raccolte 10mila firme

di Benedetta Verrini

Epifani e Pezzotta, Dario Fo e Franca Rame, Giobbe Covatta, Lella Costa, Sergio Staino, Edoardo Bennato, Almamegretta: sono solo alcuni dei firmatari del documento congiunto stilato da Legambiente e Arcicaccia per dire no al nuovo testo di legge unificato che alla Camera sostituira’ le diverse proposte di legge in materia e che le due associazioni sono riuscite ad anticipare alla stampa. ”Chi pensava che l’affare fosse chiuso – fanno sapere i presidenti delle due associazioni, Roberto Della Seta per Legambiente e Osvaldo Veneziano per Arcicaccia – si sbagliava. Si riparte dalla Camera, con un provvedimento folle almeno quanto quello, poi cassato, del ministero dell’agricoltura. Quello in atto e’ un assalto ai sistemi di tutela degli animali selvatici e delle aree protette, che se dovesse passare negherebbe la possibilita’ di un’attivita’ venatoria compatibile”. ”Il provvedimento – denunciano le associazioni – in parte ricalca il contenuto del testo bocciato qualche settimana fa, in parte aggiunge novita’ allarmanti. Vediamone i punti chiave: Stagione venatoria piu’ lunga: si potra’ andare a caccia non piu’ solo da settembre a gennaio, come oggi, ma da agosto a febbraio, in contrasto con le direttive europee. Due mesi in piu’, dunque. Numero delle specie cacciabili piu’ ampio: si passera’ dalle attuali 49 specie a 62 (13 in piu’) senza alcuna base scientifica. Tra le new entry tre specie di oche (selvatica, granaiola, lombardella), la tortora dal collare, il chiurlo (simile al chiurlottello, specie in assoluto piu’ minacciata di estinzione in Europa). Caccia lungo le rotte migratorie: oggi e’ previsto il divieto nelle aree corrispondenti alle principali rotte migratorie. Con l’espediente di aprire in quei siti la caccia alle specie stanziali, di fatto si annulla la tutela dei migratori. Riduzione delle aree con divieto: oggi la legge prevede che una porzione pari al 20-30% del territorio agro-silvo-pastorale su base regionale venga sottoposto a divieto di caccia. Questa porzione calera’ al 20-25%. Non solo, per calcolare questo 20-25% andranno considerate anche le aree urbanizzate: nei fatti, dunque, si trattera’ di una superficie molto inferiore. Come dire: si offre una sponda a chi si oppone alle aree protette e fa pressione per ridimensionarne il peso. Piu’ caccia consumistica: oggi fino al 15% del territorio nazionale puo’ essere destinato ad aziende faunistico-venatorie (dove, a pagamento, il cacciatore puo’ sparare ad animali d’allevamento liberati nell’area). Si salira’ al 20%. Non solo. In queste aree non sara’ valido alcun limite stagionale alla caccia. Su un quinto del Paese, insomma, si potra’ sparare tutto l’anno. E poi, come distinguere tra una lepre d’allevamento e una di passaggio? Depenalizzazione del bracconaggio: sparare nelle aree protette, se si escludono alcuni casi (come orso, camoscio appenninico, lupo, stambecco e qualche altro) non sara’ piu’ reato, ma comportera’ una semplice multa. Qualora un cacciatore di frodo uccidesse dei cinghiali in un parco nazionale, dunque, non rischiera’ piu’ il carcere, ma solo un’ammenda. Quanti saranno a pensare che il gioco vale la candela? Reintroduzione del nomadismo venatorio: oggi i cacciatori sono legati al loro territorio, per consentire una tutela ragionata della fauna selvatica. Questo legame verra’ eliminato reintroducendo la liberta’ di movimento”. Secondo il presidente nazionale di Legambiente Roberto Della Seta si tratta di ”proposte incivili e inaccettabili per un Paese che nella sua Costituzione riconferma la tutela dell’ecosistema tra le sue vocazioni. Quello che leggiamo fra le righe del testo unificato e’ la volonta’ di scardinare un sistema razionale di gestione e tutela della fauna che ha prodotto alcuni importanti risultati – come capriolo, camoscio, daino. Tutti passi in avanti, tutte conquiste che verranno gettate alle ortiche se questa proposta indecente dovesse passare”. ”Per di piu’ – aggiunge il presidente nazionale di Arcicaccia Osvaldo Veneziano – sparirebbe la caccia quale attivita’ responsabile e conservativa, pregiudicandone la legittimazione nella societa’. E sparirebbe ogni possibilita’ di incontro, nel rispetto della tutela del patrimonio faunistico, fra esigenze e sensibilita’ diverse, come quelle di agricoltori, ambientalisti e cacciatori”. Contro la volonta’ di aprire l’Italia alla ”barbarie venatoria”, Legambiente e Arcicaccia, grazie anche alla collaborazione di Tiscali, hanno raccolto piu’ di 10mila firme.


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