Sostenibilità

Legambiente, CO2 forse causa crisi di panico

In un convegno a Roma promosso dall'associazione ambientalista alcuni neurologi avanzano la tesi che lo smog possa essere correlato a questa patologia

di Giampaolo Cerri

Crisi di panico e smog. L’incremento delle sostanze inquinanti nell’aria come causa scatenante di una patologia psichica sempre più diffusa. Alte concentrazioni di anidride carbonica, nelle città più trafficate come negli ambienti chiusi con scarso ricambio d’aria, e aumento degli attacchi di panico. Una teoria innovativa ma sempre più accreditata grazie a numerose evidenze: gli attacchi di panico colpiscono sempre più persone con un incremento elevatissimo negli ultimi dieci anni. Periodo durante il quale si è registrato un considerevole aumento di inquinamento atmosferico in tutte le grandi città. E proprio nelle metropoli si concentra il maggior numero di persone affette, oltre che da problemi di tipo cardio-respiratorio, da crisi di panico. Se ne è discusso oggi a Roma, nel corso di un meeting esplorativo presso la Facoltà di Sociologia dell’Università “La Sapienza”, al quale hanno partecipato, Paolo de Nardis, Preside della Facoltà di Sociologia ?La Sapienza? di Roma, Rosario Sorrentino, Neurologo e membro della Accademia Americana di Neurologia, Massimo Serafini, della Segreteria Nazionale di Legambiente e Mario Falconi, Segretario Nazionale FIMMG. Che i veleni prodotti dal traffico siano particolarmente perniciosi per la salute è ormai noto. Che il settore trasporti dia un contributo negativo rilevante all?effetto serra anche. Che gli incidenti stradali uccidano ogni anno 7.000 persone è un dato insieme noto e mai abbastanza ponderato. Ma gli ingorghi hanno anche altri effetti sulla nostra quotidianità. La sedentarietà, ad esempio, con il passare tanto tempo alla guida della propria vettura, è stata individuata dagli alimentaristi come la causa principale dell?obesità che colpisce 4 milioni di italiani. Per gli psicologi, invece, le code e gli stop forzati nelle lunghe file di automobili urbane sono causa di episodi giornalieri di microconflittualità per 6 italiani su 10. E ancora: i 18 milioni di italiani che vivono nelle aree urbane passano mediamente 22 notti in bianco a testa per colpa del frastuono provocato dalle automobili. Ma non è tutto. “La qualità dell’aria che respiriamo – ha dichiarato il Dott. Sorrentino, autore della teoria in oggetto – potrebbe produrre effetti sul nostro comportamento. L’anidride carbonica (CO2), è uno tra i principali gas inquinanti che è maggiormente aumentato nella nostra atmosfera, e sappiamo che le variazioni del tasso di questo gas nell’aria che respiriamo può, nei soggetti predisposti, provocare effetti psichici che vanno dalla semplice agitazione fino alle vere e proprie crisi di panico. E’ risaputo infatti, che per scatenare sperimentalmente questi attacchi in soggetti volontari, è sufficiente far respirare loro una miscela di anidride carbonica ed ossigeno in concentrazioni prestabilite. Quindi una delle concause potrebbe essere proprio l’esposizione ripetuta e protratta a tassi elevati di anidride carbonica, e il panico una delle malattie da “inalazione” che più risentono dell’inquinamento ambientale”. Se il 30-35% degli italiani ha avuto un attacco di panico cosiddetto sporadico, le cause, oltre a quelle biologiche e psicologiche, sembrano essere anche ambientali. La maggiore insorgenza di queste crisi si ha tra i 18 e i 35 anni e come patologia colpisce circa il 2-3% della popolazione: una percentuale destinata ad aumentare visto il quadruplicarsi del tasso di Anidride Carbonica negli ultimi dieci anni nella nostra atmosfera. Quindi è soprattutto nei luoghi con ?aria viziata?, o dove non è garantito un adeguato ricambio d?aria, che queste persone possono andare incontro a malori improvvisi. Questo potrebbe spiegare anche gli attacchi di panico che si verificano a bordo degli aerei alterando le risposte di chi non tollera le variazioni delle concentrazioni di questo gas. “I dati ormai noti, l?esperienza quotidiana – ha dichiarato Serafini – ci dicono che l?uso e l?abuso dell?automobile dà un contributo decisivo all?effetto serra, poiché il settore trasporti contribuisce da solo a circa un quarto delle emissioni totali di CO2. La relazione diretta tra inquinamento atmosferico e salute, poi, è ormai accertata, ma non trova nelle politiche locali e nazionali adeguate strategie per migliorare la qualità dell?aria nelle città e tutelare la salute dei cittadini. Per tutelare la salute dei cittadini, per creare le premesse per una riduzione immediata e concreta dei gas serra, per decongestionare i nostri centri storici dalla morsa del traffico è evidente la necessità di una politica innovativa che punti su un trasporto pubblico pulito ed efficiente disincentivando contemporaneamente quello privato, che proponga nel nostro Paese una mobilità spedita, sicura, sostenibile e attenta alla qualità della vita”. Al riguardo si può citare il recente studio Anpa e Oms che evidenzia l?impatto del Pm10 (le cosiddette polvere sottili) nelle otto maggiori città italiane al di sopra dei 400.000 abitanti (Torino, Genova, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Palermo, per un totale di circa 8,5 milioni di persone). Ebbene, si stima che in un anno il Pm10 da solo uccida 3.472 persone, pari al 4,7% dei decessi per tutte le cause (escluse quelle accidentali). Per altre sostanze, come il benzene, è ormai accertata l?elevata potenzialità cancerogena, mentre complessivamente lo smog fa crescere del 20-40% nei centri urbani la possibilità di contrarre tumori alle vie respiratorie. Sul fronte rumore, invece, resta drammaticamente valido l?allarme che vede nella quasi totalità dei centri urbani una rumorosità notturna superiore ai livelli massimi di tollerabilità sanitaria. Quello delle notti insonni per colpa del traffico è infatti un altro danno a cui oggi non si possono sottrarre gli abitanti di tutti i principali centri urbani. Si può stimare che ogni cittadino di una metropoli (18 milioni gli italiani che vivono nelle grandi aree urbane) dorma trenta minuti in meno, ogni notte. Si tratta di almeno 22 notti in bianco a testa, ogni anno, se si sommano tutte queste mezz?ore e si considera che vadano destinate al riposo le 8 ore canoniche. In base ai risultati di una ricerca della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell?Università ?la Sapienza? di Roma valori di rumorosità notturna superiori ai 50 decibel ? ossia quelli che quotidianamente si registrano in tutti i centri urbani grandi e piccoli – provocano infatti una diminuzione di trenta minuti della durata del sonno. E al rumore notturno sopra i 70 decibel è addebitabile anche la riduzione o la scomparsa della fase Rem del sonno: addio anche ai sogni dunque.


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