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L’effetto dell’accoglienza: ripopolamento senza costi per le casse pubbliche
L’Università Bicocca di Milano, senza il supporto dei dati del Viminale «che ci sono stati negati», dichiarano i ricercatori, hanno verificato che dal 2015 al 2019 non c’è stato nessun aumento della spesa pubblica nei territori di accoglienza dei richiedenti asilo, ma solo un effetto ripopolamento per i comuni ospitanti
di Luca Cereda
«Ospitare richiedenti asilo non comporta un aumento dei costi di breve periodo a livello comunale, né in termini di reddito pro-capite né in termini di welfare, bensì favorisce il ripopolamento dei comuni con un più alto tasso di popolazione anziana», riassume la professoressa Mariapia Mendola. Queste sono infatti le principali conclusioni della prima indagine nazionale sul sistema di accoglienza straordinaria (CAS) sul territorio italiano, guidata dalla professoressa Mariapia Mendola, docente di Economia politica all’Università Bicocca di Milano, insieme a Sara Giunti e Francesco Campo del Center for European Studies (Cefes), in collaborazione con ActionAid Italia e Openpolis.
Arrivi con difficoltà e difficoltà ad arrivare, ai dati
Nel periodo della cosiddetta “crisi dei rifugiati”, tra il 2014 e il 2018, più di 3 milioni di richiedenti asilo sono arrivati in Europa, «la maggior parte di essi, perché in fuga dal conflitto siriano, da contesti difficili in Nord Africa e Medio Oriente o dalle conseguenze dei cambiamenti climatici», sottolinea Mendola. Ogni anno, circa 150mila persone hanno fatto richiesta di asilo anche in Italia, diventando nella gran parte dei casi beneficiari dei servizi previsti dalle politiche pubbliche sul sistema di accoglienza.
«Un enorme scoglio che abbiamo incontrato in questi anni di ricerca è dovuto al fatto che il Ministero degli Interni ha i numeri delle persone accolte, ma non li rilascia. Così abbiamo dovuto portare avanti in sistema di raccolta dati decentrato, appellandoci all’accesso civico generalizzato e chiedendo i dati a tutte le Prefetture che anno dovuto collaborare», spiega la docente di Economia politica all’Università Bicocca.
Il ‘ripopolamento’ dei territori
Il sistema di centri di accoglienza straordinaria, basato su un piano nazionale di riparto e gestito dalle Prefetture attraverso bandi aperti al settore privato, ha ospitato fino ad oggi circa l’80 per cento dei richiedenti asilo arrivati in Italia. I numeri parlano di un progressivo aumento: se nel 2014 erano circa 37mila i richiedenti asilo ospitati nei CAS in tutta Italia, il numero raggiunge 144mila nel 2017 e corrisponde a circa il 0,3% della popolazione totale. La distribuzione sul territorio è capillare e coinvolge più del 40% dei comuni italiani.
L’indagine del gruppo di ricerca di Milano-Bicocca – che si è basata sui dati delle 106 Prefetture italiane – racconta come siano stati circa 15mila i CAS distribuiti su tutto il territorio nazionale. «L’accoglienza è per lo più “diffusa” in quanto il numero medio di richiedenti asilo ospitati nei CAS si aggira intorno a 25, con centri di accoglienza collocati soprattutto in appartamenti e piccole strutture». Per questo l’impatto di breve periodo dell’accoglienza diffusa sul territorio non è stato economicamente significativo. «L’accoglienza dei richiedenti asilo non ha imposto costi economici a livello locale – spiega ancora Mendola -, né in termini di reddito pro-capite né in termini di welfare». Ha favorito, invece, il ripopolamento dei comuni con un più alto tasso di popolazione anziana.
Gli effetti politici della presenza dei CAS
Dall’analisi dell’impatto politico dell’accoglienza sulle preferenze elettorali alle elezioni nazionali del 2018 nei comuni con meno di 25mila abitanti emerge un aumento dei voti verso le parti più conservatrici del Paese.
«È una storia nota – commenta la professoressa Mariapia Mendola, – alla base delle reazioni anti-immigrazione ci sono fattori culturali, ben prima che economici. L’analisi d’impatto del sistema di accoglienza suggerisce che è necessaria una maggiore attenzione alle politiche di inclusione e sensibilizzazione sul territorio, dove il coinvolgimento delle amministrazioni locali è di vitale importanza se si vuole che gli immigrati possano contribuire con le loro capacità e conoscenze alla crescita e allo sviluppo economico di lungo periodo».
Questa ricerca, suggerisce, come rovescio della medaglia, l’importanza di investire di più, in termini di risorse, comunicazione, campagne d’informazione, e logistica per la realizzazione di un modello di accoglienza radicato sul territorio e gestito dalle autorità locali, come ad esempio nel caso degli Sprar, ovvero il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.
«Più in generale, – conclude la professoressa Mendola – emerge la necessità di superare le soluzioni emergenziali finora adottate, dominate da una visione di breve periodo, in favore di politiche di integrazione coordinate tra governo centrale e amministrazioni locali. Tali strategie risulterebbero più efficaci nel promuovere l’integrazione dei richiedenti asilo nel contesto locale, minimizzando i costi reali e percepiti per le comunità ospitanti e favorendo lo sviluppo del territorio».
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