Non profit

L’effetto boomerang delle microtransazioni

Scoppia il caso delle microtransazioni. I governi di Belgio e Olanda si chiedono: sono assimilabili al gioco d'azzardo?

di Fabio Turroni

Novembre è stato un mese molto intenso per la comunità videoludica. Il merito di ciò va a Star Wars: Battlefront II, titolo di Electronic Arts (meglio conosciuta come EA ed eletta per due anni consecutivi come “peggior compagnia d’America”) basato sull’omonima saga cinematografica.

EA dovrebbe ormai sapere che la comunità videoludica è sempre una costante con cui fare i conti, essendo al suo interno diversificata e composta da altre nicchie: una di queste, tra l’altro fra le più attente ed agguerrite, è proprio quella dei fan di Star Wars.

Probabilmente EA ha battuto il record di velocità per un cambio di decisione dopo il lancio di un gioco, avendo abbassato i prezzi del 75% per lo sblocco di personaggi vitali (sia single player, sia multiplayer), bloccando addirittura le microtransazioni temporaneamente a causa della tempesta mediatica scatenata dagli utenti sul web e non solo: qualcuno vocifera che non sia un vero pentimento ma che dietro questa mossa ci sia lo zampino della Disney, la quale detiene a sua volta i diritti cinematografici di Star Wars. La battaglia è ancora lunga ma è forse la prima volta nella storia dei videogiochi che si verifica un dietrofront così clamoroso.

Sta di fatto che Battlefront II ha avuto scarsi risultati di vendita e addirittura nel Regno Unito si registra un calo di vendite superiore al 60% dopo la prima settimana dal lancio. EA resta nell’occhio del ciclone: Need For Speed Payback, il suo prossimo (presunto) blockbuster, stando almeno alle intenzioni inziali, dovrebbe contenere microtransazioni, anche se pare stiano già correndo ai ripari.

Resta il fatto che la comunità videoludica si sta svegliando e la presenza di meccaniche a pagamento in un gioco che ha un prezzo variabile tra i 59,99 € e i 79,99 € (prezzi relativi all’acquisto su piattaforma digitale Origin, di proprietà della stessa EA). Una battaglia vinta non significa comunque aver vinto la guerra: come promette EA, le microtransazioni torneranno revisionate, poiché difficilmente si può rinunciare a qualcosa che frutta annualmente qualcosa come 650 milioni di dollari. Purtroppo si fa sempre più largo l’idea che i videogiochi stiano diventando dei servizi.

Stiamo barattando il nostro tempo e il nostro denaro non più per divertirci, bensì per usufruire di contenuti a pagamento di dubbio valore che in certi casi non appagano nemmeno l’utente. Proprio in questi giorni i governi di Olanda e Belgio sono tra i più attivi nell’analisi di questo fenomeno. Per il governo belga la tesi di fondo è che se c’è una minima traccia di gioco d’azzardo, questo non è accettabile se non con la supervisione di una commissione apposita. In Olanda le famigerate “loot-box” sono sotto inchiesta e ci si chiede con insistenza sempre maggiore se le microtransazioni siano o no gioco d’azzardo. Non possiamo affermarlo con certezza e probabilmente perderemmo la guerra se la affrontassimo esclusivamente su questo terreno.

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Il consumatore cerca sempre nuove tattiche da contrapporre alle strategie delle aziende, ma è solo questione di tempo prima che nascano nuove e ingannevoli formule con cui aggirare le maglie non troppo strette di un mondo dove la sfera economica permea ogni logica e ragionamento.

Occorre sensibilizzare, fare comunità e riscoprire i valori di un divertimento sano. In quest’ottica, il consumo diviene un “cum-sumus”, ovvero una sfera intima (e volendo anche relazionale) basata su un divertimento consapevole in cui l’esperienza non sia fine a se stessa o addirittura nociva al nostro essere. Come direbbe Pascoli, quello che possiamo fare concretamente è andare alla ricerca del fanciullo che è in noi, riscoprendo una dimensione ludica sana e non costernata da alienazione e dipendenza. Inoltre, ormai i videogiochi sono ben più di un passatempo e persino il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) sta valutando se riconoscerli come possibili sport olimpico: le microtransazioni non possono che essere considerate un danno, alla stregua del doping, ed è moralmente giusto sostenere una visione etica della sfera ludica come momento di partecipazione individuale e collettiva.

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