Con piacere lascio spazio sul mio blog a Cristiano Morsolin, operatore di reti internazionali per la difesa dei diritti umani, collaboratore delle reti latinoamericane “Giubileo Sud” e “Latindadd”, nonché fondatore dell’Osservatorio sull’America Latina SELVAS. Morsolin vive da queste parti dal 2001 e oggi, direttamente da Quito, in Ecuador, mi ha mandato questo reportage che mi sembra un ottimo spunto per aprire una discussione sul tema del debito nei paesi del Sud del mondo. Leggete e dite (anzi scrivete) la vostra nell’area dei commenti.
L’Ecuador chiede la cancellazione del suo “debito illegittimo”
In occasione del 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, i movimenti sociali dell’Ecuador guidati dal “Grupo Nacional de Deuda” si sono messi in marcia, nel centro di Quito, per “difendere e appoggiare l’azione di auditing integrale del debito del paese e per non pagare il debito illegittimo”. Humberto Cholango, presidente dei popoli indigeni organizzati nella confederazione Ecuarunari ha dichiarato all’Osservatorio SELVAS che “appoggiamo la decisione del presidente Rafael Correa di non pagare il debito estero visto che è illegittimo e frutto di corruzione. Per questo da vent’anni i movimenti indigeni e sociali hanno sempre denunciato l’ingiustizia del sistema finanziario internazionale. Come popoli indigeni ci impegnamo a lanciare una campagna internazionale contro le banche internazionali che si sono accaparrate le risorse dello Stato. Porteremo il rapporto finale della Commissione sul debito estero dell’Ecuador (Caic) al IV Foro Sociale Mondiale di Belem, in Brasile”. In base a un’inchiesta presentata lo scorso 20 novembre dalla Commissione sul debito estero dell’Ecuador (Caic) il debito contratto dal paese andino non solo è «illegittimo» ma anche «corrotto e illegale». Si tratta di una dichiarazione senza precedenti, che mette in dubbio per la prima volta a livello istituzionale la legittimità del sistema del debito contestando le imposizioni di pagamento provenienti dai paesi ricchi e dalle istituzioni finanziarie internazionali. La Caic era stata costituita proprio da Correa nel 2007 alcuni mesi dopo il suo insediamento ed è la prima commissione di questo tipo ad avere lavorato assieme ai rappresentanti della società civile, con il compito di analizzare l’evoluzione del debito estero contratto dall’Ecuador tra il 1976 e il 2006.
Secondo la Comisión de Auditoría del Crédito Público dell’Ecuador, il Paese avrebbe pagato quasi 120 miliardi di dollari ai suoi creditori tra il 1982 e il 2006 coprendo l’88% della cifra attraverso il ricorso a nuovi prestiti nel più classico dei circoli viziosi. Secondo quanto dichiarato dal vicepresidente della Commissione Franklin Canelos e ripreso dal quotidiano El Telégrafo, questi dati dimostrerebbero come il Paese abbia già pagato più del dovuto. Per Hugo Arias, coordinatore della Commissione sul debito estero dell’Ecuador (Caic) e della rete Giubileo Ecuador “è una violazione alla sovranità e alla dignità il fatto che oltre l’80% del debito vada al rifinanziamento e solo il 20% a progetti di sviluppo”. Questo percorso di 30 anni di indebitamento, denuncia Arias, “non è servito agli interessi dell’Ecuador ma solo alle necessità dei paesi creditori e ci sono molti indizi di attività fraudolente che hanno trasformato il debito in un vero e proprio mostro impagabile”.
Una denuncia penale a carico di otto ex presidenti dell’Ecuador è stata presentata dal partito di maggioranza Movimiento Popular Democrático (MPD) per “irregolarità” nella contrattazione del debito estero accumulato dal paese negli ultimi 30 anni, pari a 10,6 miliardi di dollari ossia il 20% del Prodotto interno lordo. L’iniziativa si collega all’inchiesta avviata dalla Procura di Quito nei confronti dei massimi responsabili politici al potere tra il 1976 e il 2006 dopo che una commissione ad hoc, designata dal governo, aveva esaminato 362 contratti di debito ipotizzando diversi reati – dal peculato all’arricchimento illecito – da parte di ex capi di stato, ex ministri e banche di investimento, raccomandando all’esecutivo di non pagare parte delle obbligazioni. La denuncia dell’MPD si estende, tra gli altri, anche all’ex presidente della Banca Centrale, Ana Lucia Armijos e all’ex console negli Stati Uniti, Myriam Mantella, oltre a colpire gli ex presidenti Sixto Duran Ballén, León Fabrés Cordero, Oswaldo Hurtado, Rodrigo Borja, Fabián Alarcón, Gustavo Noboa, Jamil Mahuad e Lucio Gutiérrez, al governo tra il 1981 e il 2006. In pratica tutti i capi di stato che negli ultimi 25 anni hanno guidato l’Ecuador con l’unica eccezione di Abdala Bucaram, destituito nel 1997, dopo soli sei mesi di mandato, per “incapacità mentale”.
Beverly Keene, coordinatrice della rete internazionale “Giubileo Sud” da Buenos Aires ha invitato “tutte le organizzazioni della regione ad unirsi per reclamare e appoggiare un’azione decisa del governo ecuatoriano, nella difesa non solo dei suoi abitanti ma anche di tutti i popoli e della natura, la Pachamama, vittima della dominazione esercitata da un debito illegittimo già pagato. L’attuale congiuntura mondiale di profonda crisi alimentare, climatica ed economica, rappresenta un momento propizio per la ricerca di soluzioni che arrivino ai nodi fondamentali del problema”.
DEBITO ESTERO “ILLEGITTIMO”, ANNUNCIATA CAMPAGNA INTERNAZIONALE
“Vogliamo fare valere i nostri diritti, non solo da una prospettiva ecuadoriana ma da una latinoamericana e intendiamo trovare ogni meccanismo possibile per non pagare il debito”. Così il ministro delle Finanze, María Elsa Viteri, ha annunciato oggi l’avvio di una campagna internazionale da parte del governo di Quito, deciso a non rimborsare 3,8 miliardi di debito estero – circa il 30% del totale – alle banche internazionali in scadenza tra 2012 e 2030. Crediti “contratti nell’arco di un trentennio che hanno arrecato tanti danni al nostro paese”, ha aggiunto la Viteri. Delegazioni dell’esecutivo sono attese a partire da oggi negli Stati Uniti, in Perù, Cile e Argentina per “illustrare la posizione dell’Ecuador sul debito”.
APPELLO ALL’ITALIA
Alberto Acosta, ex Ministro dell’Energia ed ex Presidente dell’Assamblea Constituente aveva lanciato un appello anche al nostro paese nel libro “Oltre il Debito”, pubblicato recentemente dalla casa editrice EMI e dalla Fondazione Giustizia e Solidarieta: “mi rivolgo ai governi dell’Italia e della Spagna che stanno avviando processi di conversione del debito in investimento sociale. Dovrebbero assumere prima la decisione di effettuare l’auditing di questo debito affinché non si trasformi in un debito corrotto. Emblematico è il caso della Norvegia che ha deciso di cancellare il debito con l’Ecuador per la vendita di pescherecci e barche che ha beneficiato solo gli imprenditori norvegesi, un escamotage per coprire la corruzione. Il governo della Norvegia ha dato un segnale storico visto che non si puo trasformare la corruzione in investimento sociale”.
“La storia della cooperazione italiana è costellata di grandi progetti infrastrutturali finanziati nei paesi più poveri, con i fondi per la lotta alla povertà che sono andati a beneficio delle imprese italiane che portavano avanti i progetti e delle èlite locali, spesso corrotte. Il tutto a discapito delle popolazioni più povere che oggi soffrono per il debito accumulato, da ripagare a spese degli investimenti pubblici sociali necessari” denuncia Elena Gerebizza della Campagna per la Reforma Della Banca Mondiale CRBM. “Un uso strumentale di finanziamenti pubblici che purtroppo rappresenta più la prassi che un’eccezione e che ha contribuito a generare un pesante fardello per i governi del Sud e di cui crediamo sia giusto verificarne la legittimità”, spiega Elena.
“Se le valutazioni della Commissione ecuadoregna saranno confermate, il governo italiano dovrebbe cancellare unilateralmente il debito dell’Ecuador, ma non solo. A otto anni dall’approvazione della legge “bipartisan” di cancellazione del debito estero dei Paesi poveri, il governo italiano dovrebbe in ogni caso seguire l’esempio dell’Ecuador e istituire una commissione indipendente che analizzi la composizione del debito rimanente degli stati del Sud del mondo verso l’Italia, che faccia chiarezza sulle operazioni finanziate nei paesi più poveri riconoscendo l’eventuale illegittimità del debito che hanno generato, e perciò da cancellare, e permetta di stabilire nuovi criteri per un migliore uso dei fondi pubblici nel futuro” conclude la Gerebizza.
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