Formazione

L’economia vuole politica

L'associazione ha convocato a Vallombrosa Prodi, Latouche, Sachs, Fulci, Zamagni, Lubich.

di Gabriella Meroni

La globalizzazione avanza, l’economia mondiale è già qui. Ma tutto questo rischia di avere una pericolosa conseguenza: che i ricchi diventino sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. E la giustizia sociale che fine fa? Non c’è modo di opporsi a una tendenza che impoverisce il mondo e vanifica gli sforzi di chi si impegno per la giustizia? Per cercare risposte a queste domande le Acli hanno organizzato per il prossimo fine settimana il convegno internazionale “Umanizzare l’economia”, a Vallombrosa (Firenze). Tra gli ospiti (qualche nome: Romano Prodi, Serge Latouche, Wolfgang Sachs, Stefano Zamagni, Chiara Lubich, Paolo Fulci) anche il professor Antonio Papisca, docente di Relazioni Internazionali all’università di Padova e teorico del pacifismo italiano, che nella giornata d’apertura del convegno, il 3 settembre, lancerà un duro anatema contro i politici, accusandoli di essere dei “mendicanti” e di non fare nulla per opporsi alle spietate leggi dell’economia globale. Gli abbiamo chiesto di anticiparci i temi della sua relazione. Professore, è proprio sicuro che i nostri politici siano dei mendicanti? Non ha paura di farli arrabbiare? Non ho paura di dire la verità, e cioè che i politici oggi elemosinano un ruolo di fronte allo strapotere dell’economia mondiale. Pensano che le leggi della globalizzazione siano ineluttabili e che sia inutile opporvisi, così rinunciano a esercitare il loro potere e si siedono lì in attesa che qualche briciola di ricchezza tocchi anche a loro. Invece incidere in questi processi si può. Basta trovare il modo. Quale? Cominciamo col prendere sul serio l’ipotesi di riforma delle Nazioni Unite. Se ne discute dal ‘92 ma ancora non se ne è fatto nulla. Dobbiamo assolutamente dotarci di un organo di governo mondiale – non un super-Stato, ma un nucleo di governance che garantisca democrazia ed equilibrio sociale per tutti. Per non voler instaurare questo tipo di governo planetario ce ne ritroviamo un altro, ben più pericoloso perché non democratico. Il governo della globalizzazione? Sì, che si traduce in una concentrazione di potere: chi ha i soldi comanda, gli altri subiscono. Ma questa è la morte della democrazia, e in più genera conflitti diffusi, violentissimi, cui si potrebbe porre rimedio orientando socialmente l’economia tramite un controllo sovranazionale. Qual è il ruolo della società civile in questo panorama? Un ruolo importantissimo. La società civile è un fattore di democratizzazione. Prima i “governati internazionali” non c’erano, esistevano solo i governati di ciascuno Stato. Oggi invece i governati mondiali esistono, e siamo noi che abbiamo il compito di controllare i poteri perché non schiaccino i più deboli. Invece nessuno ci crede, manca la visione d’insieme, la strategia. Si prendono provvedimenti locali, si tamponano le crisi più evidenti, ma intanto le leggi economiche ci triturano. Gli unici che hanno capito qualcosa purtroppo sono gli americani, che hanno in mano il potere economico e sanno perfettamente come condurre il gioco. L’abbiamo visto in Kosovo, no? E in Italia? Possibile che nessuno si sia reso contro della situazione? A livello politico, come dicevo, nessuno ha capito niente. Nella società ci sono le Ong, le uniche che hanno questa visione globale. In fondo anche le Acli sono una Ong, ecco perché hanno avvertito il problema e hanno deciso di parlarne. Speriamo che il dibattito continui. Info: 06.5840412. Torniamo a pensare Le Acli in questo momento storico si trovano ad affrontare una grande sfida: quella di ricostruire un pensiero sociale nuovo, da tessere insieme ai movimenti più vitali della società civile e alla luce del Vangelo, che sappia finalmente umanizzare l’economia. C’è tutta una cultura sociale e una visione dell’economia e dello sviluppo che devono essere profondamente riviste. Siamo chiamati a declinare la globalizzazione con il localismo, il mercato con l’equità, la solidarietà con l’efficienza, la tradizione con la modernità. Perché la società che vogliamo non può essere governata dall’economia liberista dominante, ma dalla democrazia e dalla giustizia sociale. Andiamo a Vallombrosa per capire e rivedere criticamente le nostre categorie interpretative della realtà sociale. Un nuovo pensiero infatti non si improvvisa, ma ha bisogno di farsi spazio, di sedimentarsi e di essere aiutato a nascere. Mancano appena un centinaio di giorni all’inizio del Terzo millennio: non cerchiamo ricette di pragmatismo sociale o politico, ma una mappa di percorsi e proposte che le Acli intendono presentare al Paese. presidente delle Acli


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA