Non profit

L’economia (ir)reale

Il gap tra i conti della finanza e quelli delle imprese

di Francesco Maggio

Paul Ormerod, professore alla London School of Economics e a lungo direttore della sezione economi-ca dell?Economist, qualche anno fa scrisse un libro intitolato The death of economics, la fine dell?economia (tradotto poi in italiano, per le edizioni Comunità, con il più conciliante I limiti della scienza economica). In quel volume Ormerod sosteneva che molti economisti contemporanei, dedicandosi ormai quasi esclusivamente a modelli matematici astrusi, avessero tradito lo spirito originario della disciplina fondata da Adam Smith (per il quale il contesto sociale di riferimento era importantissimo). E che somigliavano al protagonista della commedia di Shadwell Il virtuoso. Il quale era un eminente teorico di tutto l?esistente e veniva considerato il più grande nuotatore del mondo anche se in pratica non si immergeva mai in acqua ma se ne stava semplicemente sdraiato su una tavola a imitare alla perfezione i movimenti di una rana appesa a un filo davanti a lui. Finora nessuno ha ancora scritto ?la fine della finanza?, ma non c?è dubbio che molti protagonisti del settore somiglino al ?virtuoso?: parlano ad ogni pie? sospinto, prevedono congiunture, disegnano scenari, ma poi vengono puntualmente smentiti dai fatti. E l?economia reale, nel frattempo, si scolla sempre più dalla finanza. L?esempio più eclatante, quello statunitense: venerdì 26 aprile, mentre venivano resi noti i dati di crescita del Pil trimestrale americano, addirittura +5,8%, il Dow Jones e il Nasdaq chiudevano rispettivamente a -1,24 e a -2,91. Gli andamenti delle Borse e quelli delle imprese, si sa, seguono logiche diverse. Ma il gap comincia a essere preoccupante. Al punto che un guru della consulenza strategica come Richard Normann ha tuonato impietosamente: «La creazione di valore per gli azionisti è una barzelletta, inventata se non imposta da molti economisti e dalle principali società di consulenza. Senza un?etica, le decisioni imprenditoriali non servono a creare valore nel lungo periodo, non servono agli azionisti: servono solo ai manager». In questo numero di E&F presentiamo il portafoglio sostenibile Vita-Avanzi, come già vi avevamo annunciato nel numero scorso. Nelle pagine seguenti trovate la spiegazione in dettaglio dei criteri cui ci siamo ispirati per costruirlo. Qui in alto, la classifica dei 10 titoli che, secondo noi, hanno superato l?esame di responsabilità socio ambientale, tra quelli segnalati a E&F come investimenti affidabili da tre grandi società finanziarie. Si tratta, se volete, di una risposta indiretta a Normann. Di una conferma della validità delle sue affermazioni. Noi le andiamo sostenendo da tempo. Adesso, che anche da tale pulpito viene una simile predica, non possiamo che esserne soddisfatti.


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