È facile pensare alle economie circolari che danno nuova vita agli scarti, oggetti che hanno chiuso il loro ciclo vitale e si rinnovano nella loro funzione. Sembra invece complicato operare in analogia se lo scarto della comunità è una persona.
Il nostro è un tempo in cui la dignità e i diritti della persona vengono “monetizzati”, prescindendo dalle ragioni per cui quella persona si trova ai margini e difficilmente si indicano strade che producano un cambiamento di vita e di relazioni.
Questa “visione” di Welfare è destinata al fallimento. E’ insostenibile per qualsiasi economia pubblica e incrementa la cultura dello scarto invece di combatterla.
L’esperienza di prossimità che porto avanti ormai da trent’anni e, più significativamente, da dieci, mi consegna una riflessione chiara, serve sostituire la dimensione quantitativa con quella qualitativa e solo il coinvolgimento delle persone più fragili può far germogliare il seme della generatività.
C’è una priorità, dunque, ricostruire un sano pensiero comunitario, una nuova identità di popolo pensante, di società che esprime cultura, di comunità che si unisce per uno scopo. Il raggiungimento di questo obiettivo passa dalla capacità di connettere le persone, una capacità che si implementa con la conoscenza, una conoscenza che si implementa con la solidarietà, una solidarietà che si implementa con la prossimità.
Si tratta, in fondo, di mettere in moto il principio di Economia circolare. Un’economia pensata per potersi rigenerare da sola; un sistema economico pianificato per riutilizzare i materiali in successivi cicli produttivi riducendo al massimo gli sprechi declinandolo intorno alle persone, cosi che gli «scarti» diventino «nuova umanità».
È la quarta fase del welfare, il welfare generativo che si fonda su una visione che pone la centralità del sistema sulla Persona, individuo e membro di una rete di relazioni, piuttosto che sulla semplice suddivisione per tipologia di servizi necessari per categorie omogenee.
Il "nuovo welfare" si caratterizza come sistema per l'emersione, lo sviluppo e la valorizzazione delle potenzialità di ciascuno, piuttosto che come ambito a cui è affidato il compito di alleviare i disagi delle persone in difficoltà. Per questo mettiamo al centro di ogni intervento le risorse umane che ciascuno può mettere in campo e non la tipologia di disagio di cui è portatore.
Per ogni persona, essere protagonista della costruzione della propria vita, nonché assumersi responsabilità nel contesto familiare, comunitario e sociale costituisce una cosa profondamente diversa rispetto a ricevere quanto serve per sopravvivere come “assistito”.
La strategia è quella della circolarità e della mutualità attuata attraverso reti territoriali d’intervento che, mosse e promosse con e per i cittadini, mettono insieme tutte le opportunità che sinergicamente i cittadini, il privato sociale organizzato e le Istituzioni possono mettere in campo .
Un meccanismo di “promozione dal basso” e diretto coinvolgimento dei beneficiari nelle azioni che possono rispondere ai loro bisogni.
La leva di questa strategia spesso è la Riqualificazione di luoghi “sensibili” con azioni di prossimità, che promuovono nuove forme di partecipazione civica e sensibilizzano i cittadini e le famiglie a diventare protagonisti della cambiamento, della rigenerazione dei luoghi che abitano.
È tempo di investire di nuovo sulle persone, sul vero “capitale sociale” delle Comunità, un investimento che si nutre di conoscenza e di fiducia, un’economia che rimette al centro le persone che da scarti diventano protagonisti di nuova vita.
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