Mondo

Le voci dalle piazze spagnole

Dopo la giornata convulsa del 25 settembre continuano le manifestazioni a Madrid. Ecco cosa pensano degli Indignados

di Emanuela Borzacchiello

Dopo le cariche della polizia, gli arresti e i feriti, le polemiche nazionali e internazionali, gli indignati tornano in piazza senza aspettare che il tempo passi.

Un giorno dopo la manifestazione del 25 settembre, gli indignati si (ri)convocano nella Plaza Neptuno, dove si sono verificati gli scontri più duri tra polizia e manifestanti. Tutta la notte a chiedere “libertà per i 19 ragazzi arrestati” e “dimmissioni di un governo che ha rotto il patto costituente”. Lo slogan più gridato: “questa democrazia non ci rappresenta”.

Tutti in piazza e con le idee chiare. Camminando tra la folla si dibatte e si ascolta: “il governo di Mariano Rajoi è più debole che mai”, dicono, “e la sua credibilità è a rischio anche tra il suo stesso elettorato”. Il filo rosso che sembra collegare quasi tutti i discorsi è: “l’inefficienza del governo, la sua incapacità di pensare a proposte alternative rispetto alle direttive della Troika”. E si pone in discussione la rappresentanza stessa dei partiti: “Dicono di si a tutto, senza pensare alle ripercussioni sociali che questo comporta”.

La tensione cresce mano a mano che le piazze si riempono. “La cosa che mi fa più paura” ci dice Ainara, studentessa universitaria, “sono i proiettili di gomma che la polizia inizia a sparare senza nessun senso”, e aggiunge, “È evidente che dopo le 1.300 manifestazioni che si sono registate a Madrid nel corso del 2012, da ieri il livello di violenza che la polizia usa contro i manfestanti è cresciuto moltissimo”.

Per strada la gente continua a rivendicare come queste manifestazioni siano pacifiche.
L’elemento che è emerso nella manifestazione di questa notte è stato la capacità del movimento degli indignati di autoregolarsi: se ci sono dei gruppi che cercano di alzare la tensione della piazza, la piazza stessa reagisce isolandoli. “Questa è la forza degli indignati, essere seduti davanti ai cordoni della polizia, senza reagire alla violenza ma agendo con la coerenza delle proposte e delle parole”, ci conferma Jorge, professore di un liceo madrileño.

Lasciamo ora spazio alle voci “in diretta” dei manifestanti.
Sulla destra potete ascoltare due ragazze (Fatima e Amelia) che abbiamo incontrato tra la folla. Ci hanno colpito perchè giovanissime, tra i 15 e i 17 anni. Se ne vanno in giro con i cartelli più colorati della manifestazione. Ci raccontano di essere di religione mulsulmana, di famiglie migranti e spagnolissime.
Poi c’è Alvaro, 45 anni, il più silenzioso del suo gruppo. Impiegato in un ufficio pubblico. E infine, prima di ritornare a casa, abbiamo incontrato David, 32 anni, che ci ha racchiuso in una frase il senso della sua marcia: “noi non siamo i violenti, loro lo sono stati. Noi vogliamo, solo, dare più senso al concetto della gestione dei beni comuni”.
 


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