Sostenibilità
Le tre emergenze nascoste dal caso Guidi
J'accuse di Pietro De Sarlo, lucano doc, libero professionista ex responsabile Welfare di Banca Intesa: «Economia, ambiente ed etica: il dibattito sulle dimissioni dell'ex ministro ha messo il velo su come una Regione potenzialmente ricca sia ridotta in ginocchio. Come dimostra la gestione dissennata delle royalties del petrolio»
Purtroppo il polverone mediatico sulla vicenda suscitato dalle dimissioni del ministro Guidi nasconde sotto la polvere le reali emergenze legate alle estrazioni di petrolio in Lucania.
Queste sono tre: emergenza economica, emergenza ambientale ed emergenza morale.
Emergenza economica
Forse Renzi avrebbe qualche ragione se fossimo all’anno zero nelle estrazioni di petrolio in Lucania. Purtroppo si estrae già, ENI e Shell, da più di venti anni. Con quali risultati? L’ENI occupa direttamente 208 lucani. Gli occupati complessivi diventano poco più di 3.600 considerando l’indotto, dove lavorano circa 1.600 lucani. Gli altri vengono da fuori regione. Non c’è niente di più evidente, insieme al pozzo ALLI 2 fatto praticamente nel cortile dell’ospedale di Villa D’Agri che pur essendo l’unico della zona rischia il ridimensionamento se non la chiusura, di questi numeri per vedere che non di valorizzazione del territorio si tratta ma di sfruttamento di quelle che l’ex ministro Guidi chiamava ‘risorse indigene’. Pochi occupati locali e il resto pronti a togliere le tende finito lo sfruttamento. Intanto l’occupazione complessiva nel distretto del lavoro di Marsico Vetere – Viggiano è tra le più basse d’Italia e d’Europa . Le estrazioni petrolifere avvengono in Val D’Agri, nel bacino di raccolta delle acque del lago del Pertusillo che disseta i pugliesi, e in questi venti anni si continua ad emigrare.
A proposito di royalties queste nel periodo 1998 – 2014 sono state pari a 1,3 miliardi. A questi soldi vanno aggiunti i fondi europei che solo per il periodo 2007 – 2013 ammontavano a 2,2 miliardi. Soldi, da venti anni gestiti dal PD lucano, male e poco e spesi in progetti frammentati e di chiaro stampo clientelare e senza uno straccio di visione
Nel mentre la Val D’Agri, nella montuosa Lucania una ampia e fertile valle che pian piano si allarga nella piana metapontina, quella che avrebbe potuto essere la Val Di Non della regione, perde la gran parte delle 24.000 aziende agricole lucane che chiudono. Colpa delle estrazioni? È difficile stabilire un nesso diretto di causalità ma ci sono due indizi forti: l’uso delle royalties del petrolio per redditi di sussistenza o per inutili, quando non dannosi, lavori di forestazione con salari che l’industria agroalimentare lucana non poteva assolutamente permettersi e l’enorme inquinamento prodotto che ha impedito il prosieguo di coltivazioni in molte aree della Val D’Agri. Uso che anche Pietro Ichino, ora fan di Tempa Rossa, ha pubblicamente contestato nel 2010-2011. Parliamo delle stesse aree dove l’ENI è diventato il più grande proprietario terriero.
A proposito di royalties queste nel periodo 1998 – 2014 sono state pari a 1,3 miliardi. A questi soldi vanno aggiunti i fondi europei che solo per il periodo 2007 – 2013 ammontavano a 2,2 miliardi. Risorse, da venti anni gestiti dal PD lucano. Male. E così la Basilicata torna, nonostante i fondi e il petrolio, ad essere obiettivo 1 tra le aree più depresse d’Europa.
Investimenti per il sud? Negli ultimi venti anni quanti investimenti pubblici sono stati fatti in Lucania? Zero quasi! Perché tanto zelo su Tempa Rossa quando il porto di Taranto e le infrastrutture connesse potrebbero fare dell’area tra Pisticci e Taranto il centro logistico dell’intero mediterraneo per gli scambi con l’oriente con ricadute occupazionali enormi? Forse più che di Tempa Rossa è di Taranto che occorrerebbe parlare. Un vero scandalo di inazione e mancanza di visione nazionale più che lucana.
L’Italia ha il 36% circa di occupati sulla popolazione totale, contro il 51% di occupati tedeschi. Da anni si parla di pensioni. Il sistema pensionistico è finanziato non con la capitalizzazione individuale ma con il sistema a ripartizione. Il rapporto tra occupati e pensionati è di poco superiore a 1,5 e, con i trend demografici attuali, tende pericolosamente a uno rendendo impossibile pagare le pensioni attuali e future. Questo è il vero baratro in cui si è cacciata l’Italia: mancano all’appello 10 milioni di occupati. Si può veramente pensare che se ne esca con il quantitative easing o con le continue riforme del mercato del lavoro? Dalla depressione del ’29 gli Stati Uniti uscirono dal baratro con un enorme piano di investimenti pubblici e il nord Italia usci dalla miseria del dopoguerra con il piano Marshall non certo con le fallaci ricette della macroeconomia. Non è arrivato il momento di maturare una visione del ruolo dell’Italia nell’economia mondiale e produrre un piano conseguente?
Non ditemi che mancano i soldi perché è proprio la vicenda lucana che dimostra che è la mancanza di visione non la mancanza di risorse a determinare il sottosviluppo. Considerando che un euro di investimenti pubblici mette in moto un euro di investimenti privati e un euro di finanziamenti bancari, in Lucania – che ha meno dell’ 1% della popolazione italiana – si sarebbe potuto investire, mal contati, più di 10 miliardi di euro: altro che Tempa Rossa che, ricordiamolo, è un investimento privato.
Emergenza ambientale.
Da tempo l’inquinamento fuori controllo prodotto dalle estrazioni petrolifere è sotto gli occhi di tutti. Da tempo la procura antimafia indaga sul riciclo dei rifiuti di Tecnoparco. Le inchiesti recenti è proprio questo che stanno evidenziando. Moria di pesci nel lago del Pertusillo, che l’ineffabile governatore lucano del PD Marcello Pittella, con involontaria ironia, attribuisce ai pescatori di frodo. Sorgenti mefitiche che appaiono nel territorio di Montemurro. La sabbia di Metaponto, vicino alla foce dell’Agri e del Basento, che diventa stranamente radioattiva. Costa Molina, Tempa Rossa, Pisticci che stanno facendo diventare la Lucania una Terra dei Fuochi all’ennesima potenza. La concentrazione di morti per tumori, mai ammessa dagli enti pubblici preposti e con rilevazioni epidemiologiche in ritardo costante di anni. Il polverone Guidi sta facendo dimenticare che proprio questo è al centro degli arresti di personale ENI in Lucania. È proprio sull’inquinamento e sulla mancanza di uno straccio di controllo pubblico che verte l’inchiesta. Quello della Guidi è uno dei soliti episodi di mal costume e di intreccio tra politica e affari a cui siamo tristemente abituati.
Emergenza morale.
Lo scorso consiglio regionale si sciolse a causa di una delle tante vicende italiane su indebiti rimborsi dati alla quasi totalità dei consiglieri. Tra questi anche l’attuale governatore lucano, che vinse le primarie con i voti del centro destra, che è oggi inquisito anche per corruzione elettorale. Proprio in questi giorni i vertici Total, caro Renzi le sentenze ci sono, sono stati condannati in primo grado nel processo Total Gate. Le vicende petrolifere hanno determinato numerose inchieste e scandali che è troppo lungo elencare in questa sede. Invece di sollecitare la magistratura non sarebbe il caso di potenziare i NOE , palesemente sottodimensionati in Basilicata, e i mezzi della procura antimafia? Nel frattempo il tenente Di Bello, per il solo fatto di aver reso pubbliche alcune analisi sull’acqua del Pertusillo, è stato condannato e trasferito in un polveroso ufficio. Maurizio Bolognetti, che aveva denunciato l’aumento di tumori in Val D’Agri con l’associazione Luca Coscioni, è finito sotto processo, fortunatamente assolto. Al sindaco di Pisticci, che ha denunciato l’inquinamento dell’area sono state bruciate due auto. La professoressa Albina Colella, che eroicamente mette in guardia i lucani dall’impatto sull’ambiente delle estrazioni petrolifere e insieme al professor Civita ha pubblicato un libro con solide basi scientifiche sugli effetti delle estrazioni, viene prima diffidata dall’ENI e poi condannata in primo grado a nove anni per aver rimessato uno scassato gommone di proprietà dell’università nel giardino di casa invece che in una polverosa rimessa e altre ridicole questioni. . Nove anni capite? Nove anni che in Italia non si danno neanche ad un serial killer. Nove anni che tra grazie parziali e latitanze dorate non ha scontato neanche l’anziano senatore Domenico Pittella, da cui i figli Marcello governatore lucano e il più noto Gianni hanno ereditato il feudo elettorale di Lauria, pur essendo stato condannato nel processo Moro Ter a 12 anni di reclusione per banda armata e per aver organizzato il tentato sequestro di Schettini, all’epoca suo avversario politico.
‘Cari miei’ direbbe Crozza – Renzi venti anni di estrazione non hanno reso la mia amata terra lucana come il Qatar, il Texas o la Norvegia ma l’hanno ridotta peggio della Nigeria.
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