C’era una curiosa coincidenza temporale giovedì scorso, 13 settembre: a Roncade, presso la sede di H-Farm, presentazione del lavoro della task force del Ministero delle attività economiche sulle startup innovative. A Riva del Garda decima edizione del Workshop sull’impresa sociale. La coincidenza poteva rimanere tale. Troppe distanze: spaziale (pianura poco lontano dal mare vs montagne che degradano sul lago), professionale (operatori sociali vs startupper), imprenditoriale (cooperative vs for profit), culturale (digitale vs societaria).
C’era però anche un importante elemento comune: l’innovazione. E intorno a questo tema, creando dialogo, si possono scoprire importanti elementi di convergenza, in grado di migliorare l’efficacia delle iniziative che nascono su entrambe i fronti. Una innovazione la cui efficacia si misura a partire dalla funzione d’uso: rispondere a bisogni delle persone sostenendo processi di community building orientati a generare soluzioni che intercettano risorse diverse. Vale per chi opera nei servizi sociali e per chi lavora con le ICT di questa generazione.
E invece no, ci vorrà ancora un pò di pazienza. Da entrambe le parti credo. Per quanto riguarda Riva del Garda l’accoglienza del lavoro della task force è stata freddina (per usare un eufemismo): c’è chi ha evidenziato i limiti in sede applicativa delle proposte formulate; altri hanno messo sotto accusa il carattere “gassoso” dell’innovazione delle startup (anche su questo giornale peraltro); ed è pure stata evocata la lotta di classe, guardando al ruolo dominante della finanza a sostegno di queste nuove imprese. Ci potrà essere un fondo di verità in tutte queste posizioni, ma il modo piuttosto perentorio in cui sono state poste fa pensare che ci sia ancora molta strada da fare per superare il timore che il digitale possa soppiantare il sociale nella corsa all’innovazione. D’altro canto, anche nel rapporto della task force si è preferito non fare i conti con la realtà più consolidata dell’imprenditoria sociale, puntando tutto su nuovi modelli d’impresa ed escludendo la forma cooperativa. A ciò si aggiunge anche qualche errore specifico come quello di vincolare le startup di tipo sociale a un aspetto della normativa sull’impresa sociale – i settori di attività – che molti osservatori chiedono, a ragione, di superare.
Ma c’è un’ancora di salvezza: i territori. E’ nei contesti socio economici, infatti, che le convergenze stanno già prendendo forma. Ben vengano quindi tutte quelle misure – contenute peraltro anche nel rapporto startup – che stimolano la collaborazione tra le imprese sociali intorno a progetti di innovazione territoriale. E’ questo infatti il punto di caduta migliore per misurare (e valutare) l’effettivo impatto sociale di queste imprese, a questo punto di qualsiasi tipo e natura esse siano. Affinché quel giovedi di settembre non rimanga una coincidenza.
p.s. per chi non c’era e volesse farsi un’idea di quel che si è detto a Riva del Garda: #wis12 e #fuoriwis
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